Diritto di voto, quote rosa, legge contro il femminicidio e revenge porn: sulla tutela delle donne di strada ne è stata fatta. Ecco le leggi più importanti per le donne, che siano lavoratrici, casalinghe, madri e non.
Quali sono i diritti delle donne in Italia e quali le leggi che li tutelano?
La strada verso la parità di genere è lunga e tortuosa, ma dal 1945 (data in cui le donne hanno ottenuto il diritto di voto) fino ad oggi sono stati raggiunti importanti traguardi.
Si va dall’abolizione del “delitto d’onore”, alla legalizzazione dell’aborto e - tra le misure più recenti - le norme contro il femminicidio, lo stalking e il revenge porn.
Di seguito un elenco, in ordine cronologico, delle leggi e delle riforme che hanno contribuito al miglioramento della condizione femminile, sia in famiglia che in ambito lavorativo.
Ecco un approfondimento per riflettere sui diritti delle donne nel nostro Paese.
Diritto di voto
In Italia le donne maggiorenni (a 21 anni) hanno ottenuto il diritto di voto attivo e passivo nel 1945. Il primo appuntamento elettorale a cui hanno potuto prendere parte è stato il referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, con il quale i cittadini italiani hanno scelto la Repubblica e bocciato la Monarchia.
Divieto licenziamento per matrimonio e gravidanza
Il secondo passo verso una maggiore tutela dei diritti delle donne si è avuto con l’entrata in vigore della legge n. 7 del 1963 che, all’articolo 1, sancisce la nullità di qualsiasi clausola contrattuale che preveda la possibilità di licenziare le donne dipendenti in caso di matrimonio, gravidanza e maternità.
A tal fine, si presume per legge che il licenziamento sia dovuto a causa del matrimonio se avviene in una data compresa tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno successivo alla celebrazione delle nozze.
Inoltre, nello stesso periodo, le dimissioni delle lavoratrici si considerano nulle, a meno che non vengano confermate all’Ufficio del lavoro entro un mese dalla loro presentazione.
Sempre nel 1963, le donne hanno ottenuto l’accesso alla Magistratura mentre nel 1981 alla Polizia di Stato e soltanto nel 1999 alle Forze armate e Guardia di Finanza.
Divorzio
Il 1970 ha rivoluzionato i diritti delle donne, riconoscendo la possibilità di divorziare e cancellando - gradualmente - la considerazione disonorevole della donna che lasciava il marito.
Nel 1974, con un referendum abrogativo, si è cercato di abolire la legge 8989/1970, ma senza successo: il 59,3% dei votanti ha scelto di mantenerla in vita e confermato la legittimità della procedura di divorzio.
Con un successivo intervento legislativo, nel 2015, il legislatore ha ridotto notevolmente le tempistiche per sciogliere il matrimonio, introducendo il cosiddetto “divorzio breve”:
- dopo 12 mesi dalla proposizione della separazione giudiziale
oppure
- dopo 6 mesi dalla separazione consensuale
Uguaglianza tra coniugi
Fino al 1975, all’interno della famiglia, le donna aveva una posizione subalterna al marito; l’uomo era considerato il “capofamiglia” e, in quanto tale, aveva la potestà sui figli e l’esclusiva proprietà del patrimonio familiare.
Le cose cambiarono in seguito alla riforma del diritto di famiglia prevista dalla legge n. 151 del 19 maggio 1975:
- la potestà del marito diventa la “responsabilità genitoriale” condivisa tra i coniugi;
- marito e moglie diventano uguali dinanzi alla legge;
- nascono due distinti regimi patrimoniali, la separazione dei beni o comunione legale;
- vengono riviste le norme sulla separazione personale dei coniugi.
Aborto
Con la legge 194 del 1978 viene legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza. L’aborto diventa possibile per motivi personali, per ragioni di salute della donna o del nascituro ed anche in conseguenza alle modalità del concepimento (ad esempio per stupro).
Ai sensi della legge 194/1978 le donne possono abortire presso gli ospedali, a spese dello Stato, entro 90 giorni di vita del feto oppure entro il 5° mese di gravidanza, in caso di rischi per la salute della madre o del bambino.
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Delitto d’onore e matrimonio riparatore
Prima del 1981, in Italia era prevista una circostanza attenuante (quindi pene meno severe) in caso di “delitto d’onore”, cioè l’omicidio commesso o tentato nei confronti della moglie adultera o del suo amante.
La legge 442 del 5 settembre 1981 ha cancellato definitivamente dal Codice penale il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, quello secondo cui l’uomo colpevole di stupro poteva evitare la condanna se avesse sposato la vittima.
Quote rosa
Altro passo importante per i diritti delle donne è l’istituzione delle quote rosa all’interno della Pubblica Amministrazione a cui si arrivò nel 2011, dopo il recepimento delle direttive europee in materia di pari opportunità nel mondo del lavoro.
Oltre alle quote rosa (cioè una percentuale di posti riservata alle donne) vengono introdotti sgravi fiscali per chi assume lavoratrici, il congedo parentale per incentivare le donne a tornare al lavoro dopo il parto e una serie di sanzioni contro le molestie sessuali sul luogo di lavoro.
Stalking
La legge che tutela le vittime di stalking e punisce gli autori di atti persecutori è la n. 38 dell’aprile 2009. Questa ha posto le basi per la formulazione del reato di stalking con l’inserimento dell’articolo 612 bis nel Codice Penale.
Con un successivo intervento nel 2013, alcuni aspetti dello stalking sono stati inaspriti:
- è stato introdotto l’arresto obbligatorio in flagranza, anche per il reato di maltrattamenti in famiglia;
- irrevocabilità della denuncia per stalking;
- nuove aggravanti se il fatto è commesso contro il coniuge o l’ex coniuge (o altra persona legata da legame affettivo) e attraverso strumenti informatici e telematici.
Femminicidio
Il termine femminicidio viene utilizzato per indicare gli omicidi commessi nei confronti delle donne di carattere doloso, premeditato, preterintenzionale e “passionale”.
Dal 2019 è entrato in vigore il c.d. “Codice rosso” che stabilisce una serie di norme e misure di contrasto degli episodi di violenza contro le donne.
Il Codice rosso per il femminicidio prevede l’abbattimento dei tempi della giustizia per i reati sulle donne, l’acceleramento dei procedimenti penali e l’intensificazione delle misure cautelari preventive per allontanare mariti e fidanzati pericolosi dalle donne che ricevono minacce, violenze o sono vittime di stalking.
Revenge porn
Il 2019 segna un altro traguardo significativo in materia di “revenge porn”, cioè la vendetta sessuale e pronografica di cui molte donne (anche giovanissime) sono vittime da parte di fidanzati o ex fidanzati.
L’intervento normativo prevede l’introduzione del comma 1 all’articolo 612 ter del Codice penale, che punisce con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 5.000 a 15.000 euro chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate.
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