Come diversificare e coprirsi quando le azioni crollano?

Alessio Trappolini

16 Maggio 2019 - 12:08

Le asset class tradizionale non forniscono più un’adeguata diversificazione dei portafogli. Unigestion propone un metodo non convenzionale per coprire i portafogli da repentini crolli del mercato azionario

Come diversificare e coprirsi quando le azioni crollano?

Con il ritorno delle tensioni commerciali l’azionario globale è tornato a scendere: le Borse hanno registrato il maggiore calo dell’anno a inizio maggio.

C’era da aspettarselo, del resto il rally del primo quadrimestre (gennaio-aprile 2019) era stato uno dei più robusti della storia in termini di ampiezza e traiettoria. In questo contesto, diversificazione e coperture di portafoglio si sono dimostrate efficaci?

Il team dedicato alle strategie multi asset di Unigestion ha provato a fornire una risposta a questo quesito, ecco le evidenze.

I diversificatori classici non hanno fornito la protezione prevista

Come di consueto durante gli eventi che causano stress di mercato, il contagio di altri asset rischiosi è stato ampio con un aumento della volatilità implicita, l’allargamento degli spread creditizi e il calo delle materie prime cicliche.

«In questo contesto, gli asset difensivi classici non sono riusciti a proteggere portafogli diversificati. I bond sovrani globali sono stati leggermente positivi, mentre i metalli preziosi sono leggermente diminuiti e le strategie difensive sistematiche degli hedge fund, come il CTA, hanno registrato rendimenti negativi nel periodo», hanno sancito gli esperti di Unigestion.

Sebbene il lasso di tempo preso in esame sia stato troppo breve e il fattore scatenante troppo rumoroso per creare un grande «volo verso la qualità», la ricerca di Unigestion mette comunque in discussione i benefici derivanti dall’utilizzo di questo tipo di asset difensivi in un portafoglio multi asset.

In primo luogo, il calo segue un anno molto difficile per la diversificazione. Infatti, una caratteristica distintiva del 2018 è stata la mancanza di benefici derivanti dalla diversificazione, che è uno dei pilastri fondamentali delle strategie multi asset per ottenere rendimenti più uniformi nel tempo. La maggior parte degli asset difensivi “classici” ha registrato scarsi rendimenti nel corso dell’anno e questi sono stati significativamente inferiori rispetto alle precedenti correzioni dei mercati azionari.

A questo proposito Unigestion sottolinea: «Abbiamo analizzato l’andamento di queste coperture classiche (bond sovrani globali, strategie difensive degli hedge fund, materie prime) negli anni in cui l’indice MSCI World AC ha registrato un rendimento annuo negativo. I risultati mostrano che la diversificazione non ha svolto il suo ruolo nel 2018, con una performance media di copertura del -3,9% contro una media annua del +4,4% nel periodo 2000-2017. Alcune strategie difensive classiche hanno contribuito ad attenuare il rendimento dello scorso anno, come la bassa volatilità delle azioni, ma complessivamente, con una maggiore frequenza di grandi movimenti, il 2018 ha prodotto uno dei più importanti shock di correlazione degli ultimi anni».

Gestione dinamica del rischio: come fare?

Ecco il secondo punto. Se le correlazioni tra i vari asset e tra gli asset difensivi e i macro regimi stanno cambiando, dobbiamo adattare la nostra gestione dinamica del rischio.

Unigestion spiega che in questa fase del ciclo economico è fondamentale dissociare
i diversificatori, come le obbligazioni sovrane o l’oro, che offrono una protezione positiva ma incerta a causa delle mutate correlazioni, le coperture, come la volatilità a lungo termine o le strategie opzionali, che sono più sicure ma hanno un carry negativo.

La nuova “central bank put”: dal canale dei tassi a quello della volatilità

Il Quantitative easing ha modificato l’impatto dell’azione della banca centrale sia sul versante dei rendimenti che di quello relativo al comportamento degli asset. Prima della grande crisi finanziaria, le politiche di allentamento delle banche centrali hanno avuto un impatto sui tassi a lungo termine attraverso la forward curve, e sugli asset rischiosi attraverso i tassi di sconto.

La correlazione tra le obbligazioni sovrane e le azioni è passata da positiva a negativa negli anni ’90 per gli asset giapponesi e dal 2000 per quelle statunitensi. Negli USA si parlava di «Fed put», cioè la volontà e la capacità della Fed di adeguare la politica monetaria in modo da sostenere i mercati azionari. Così Unigestion:

«A partire dalla crisi finanziaria, il ruolo delle banche centrali non è più quello di alleviare le condizioni finanziarie, ma di contenere gli shock di volatilità. Le iniezioni di liquidità e i bassi tassi per periodi più lunghi hanno spinto gli investitori ad assumersi maggiori rischi attraverso una duration più lunga, una leva finanziaria più elevata o rating di credito più bassi. L’aumento del rapporto tra i bilanci delle banche centrali e il Pil ha ridotto la volatilità effettiva ed implicita delle attività finanziarie e dei dati macroeconomici. Qualunque sia la notizia, questa è positiva per il rischio, perché le banche centrali sono e saranno presenti».

In passato, le banche centrali avrebbero sorpreso i mercati per dimostrare la loro indipendenza e aumentare la credibilità, ma nel 2013 abbiamo vissuto il famoso episodio del “taper tantrum”. Da allora, abbiamo guidance e dot projections e questo ha contribuito a ridurre ogni elemento di sorpresa. Ma cosa significa tutto ciò per i diversificatori e per le coperture?

In primo luogo, qualcosa di contro intuitivo: aumenta il costo delle coperture perché la volatilità di vendita diventa sempre più redditizia, mentre i costi di carry per essere coperti diventano sempre più dispendiosi. In secondo luogo, se la probabilità di o se l’ampiezza degli shock diventa più bassa, la necessità di copertura diminuisce. Si entra quindi in un circolo vizioso in cui una minore volatilità implicita crea un’assunzione di rischi più elevati, con conseguenti maggiori prelievi in caso di shock inattesi, il che a sua volta porta ad un più stretto monitoraggio della banca centrale per evitare l’instabilità finanziaria, innescando una minore volatilità effettiva.

L’ultima implicazione del Qe è il basso livello dei tassi di interesse. Se consideriamo che esiste una soglia minima per i tassi negativi, il cuscinetto fornito dalle obbligazioni con tassi negativi diventa più basso.

Diversificare la protezione

In questo nuovo contesto, riteniamo che includere strategicamente nuove fonti di rendimento al fine di diversificare la protezione sia la chiave per garantire ritorni senza intoppi. L’utilizzo delle strategie FX è una via perché queste reagiscono ai macro rischi e alle decisioni delle banche centrali, sono abbastanza liquide da essere flessibili e non sono vincolate come le obbligazioni con rendimento negativo.

«Abbiamo sviluppato due strategie difensive per espandere l’universo dei diversificatori al di là di quelli tradizionali, come le obbligazioni sovrane e le azioni a bassa volatilità. La nostra strategia FX value, che è una long undervalued FX contro una overvalued FX, ha prodotto rendimenti assoluti positivi negli ultimi cinque anni, ma soprattutto ha registrato rendimenti positivi durante le fasi di stress del mercato. Abbiamo anche sviluppato una strategia difensiva FX per aumentare la nostra protezione azionaria. Mescolando diversi criteri come la correlazione con le azioni, gli alti hit ratio quando l’azionario diminuisce o si riducono i vincoli sul costo di carry, la strategia mira a fornire rendimenti positivi con una maggiore asimmetria rispetto ai titoli di Stato quando gli asset di rischio soffrono. Queste strategie FX hanno funzionato molto bene nel 2018 e hanno anche registrato rendimenti positivi la scorsa settimana».

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