Presidente della Repubblica ma con più ampi poteri oppure ancora a Palazzo Chigi anche fino al 2028: tutti i progetti per far restare Mario Draghi al timone fino a quando ci saranno i soldi del PNRR.
Deve essere Mario Draghi a gestire i 191,5 miliardi in arrivo da qui al 2026 grazie al PNRR, con questo cospicuo tesoretto elargito dall’Europa che poi sarà integrato da ulteriori 30,6 miliardi di investimenti complementari stanziati dall’Italia.
Un totale di oltre 220 miliardi, in buona parte presi a prestito anche se a tasso agevolato, che rappresentano una occasione unica per dare una svolta al nostro Paese specie dopo questa crisi generale dovuta dal Covid.
Confindustria, il mondo della finanza e buona parte di quello della politica, da tempo stanno spingendo per creare i presupposti di una permanenza più lunga possibile di Mario Draghi nella stanza dei bottoni fino a che ci saranno da amministrare i soldi del PNRR.
Ci sono però due “ostacoli” di non poco conto: l’elezione del Presidente della Repubblica a febbraio, con Draghi che viene dato come il favorito per il Quirinale, mentre a marzo 2023 sarà la volta invece delle elezioni politiche che segneranno giocoforza la fine di questo Governo.
Draghi per sempre
Dando per scontato che Mario Draghi non scenderà mai in campo in prima persona con un partito, negli ultimi tempi sono diverse le ipotesi che sono state fatte da più parti per mantenere l’ex numero uno della BCE al timone del Paese almeno fino al 2026.
Il primo scenario è che Draghi il prossimo febbraio venga eletto Presidente della Repubblica. In questo caso l’attuale ministro dell’Economia Daniele Franco potrebbe subentrare per un anno a Palazzo Chigi, ma poi ci sarebbe il concreto rischio che nel 2023 i sovranisti vincano le elezioni rendendo tutti i piani molto più complicati.
In quest’ottica fa specie leggere le parole del leghista Giancarlo Giorgetti contenute nell’ultimo libro di Bruno Vespa: “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori mettendo in piedi un semipresidenzialismo de facto, in cui il Presidente della Repubblica allarghi le sue funzioni approfittando di una politica debole”.
Uno stravolgimento della Costituzione pur di permettere a Draghi di continuare a muovere i fili. Ma non è questa l’unica ipotesi di forzatura della Carta sul tavolo. In molti hanno parlato di un mandato a tempo del prossimo Presidente della Repubblica, giusto un paio di anni invece che sette per poi lasciare la sedia al banchiere.
Se invece dovesse essere eletto un Presidente della Repubblica senza le ombre di un mandato a termine, ecco che l’imperativo a quel punto diventerebbe quello di permettere a Mario Draghi di restare Presidente del Consiglio anche dopo le prossime elezioni.
Ad agosto Ivan Scalfarotto di Italia Viva così si esprimeva a riguardo “spero che lui resti Presidente del Consiglio non solo fino al 2023, ma addirittura fino al 2028.”; parole simili quelle dette poi a settembre dal Presidente di Confindustria Carlo Bonomi “Draghi resti premier ancora a lungo”.
Per un Draghi-bis a Palazzo Chigi nel 2023 servirà però un bel pareggio elettorale: non sarebbe così un caso che si sia tornati a parlare di una legge elettorale proporzionale, l’ideale per non far uscire fuori nessun vincitore dalle urne spalancando così le porte a un nuovo Governo tecnico.
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