Ecco quanto evadono imprese e liberi professionisti

Francesca Caiazzo

8 Gennaio 2018 - 12:54

Ammonta a oltre 93 miliardi di euro l’imponibile evaso da imprese e professionisti con le regioni del Sud più a rischio evasione.

Ecco quanto evadono imprese e liberi professionisti

Secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, ammonta a 93,2 miliardi di euro l’imponibile evaso da imprese e professionisti con partita Iva.

La cifra, sebbene in calo rispetto all’anno precedente, rappresenta il 44,9% sul totale del valore aggiunto prodotto dall’economia non osservata.

Una vera e propria piaga sociale ed economica, che continua ad essere elevata nelle regioni del Mezzogiorno.

Imprese e professionisti evadono 93,2 miliardi di euro

La notizia positiva che emerge dai dati diffusi dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre è che l’evasione fiscale attribuibile a imprese e partite Iva è diminuita di oltre 6 miliardi rispetto all’anno precedente.

La cifra relativa all’imponibile evaso da imprenditori e liberi professionisti resta comunque rilevante e si attesta a 93,2 miliardi di euro.

Un valore che incide per il 44,9% sul totale del valore aggiunto prodotto dall’economia non osservata che si attesta a circa 207,5 miliardi di euro.

A questa cifra contribuiscono anche con il 37,3% il lavoro irregolare che vale circa 77,4 miliardi di euro, e con il 17,8% altre attività illegali e fitti non dichiarati il cui valore ammonta a quasi 37 miliardi di euro.

Secondo i dati diffusi dalla Cgia, il macrosettore più a rischio evasione è quello dei servizi professionali e quindi i più propensi a non produrre una corretta e completa dichiarazione dei redditi sarebbero i liberi professionisti con partita Iva.

La mappa geografica dell’evasione fiscale in Italia

Stando ai dati diffusi, la percentuale di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato più elevata d’Italia si registra nelle regioni del Sud dove si attesta al 7,6%: al Centro si ferma al 6,5%, nelle aree del Nordest al 6% mentre non supera il 5,4% nelle regioni del Nordovest.

Su base regionale, invece, il triste primato spetta al Molise con 8,4%, seguito a breve distanza da Umbria, Marche e Puglia con 8,3%. Le regioni che presentano un rischio di evasione minore sono, invece, il Friuli Venezia Giulia con 5,8%, il Lazio con 5,3% e la Lombardia con 5%.

Particolarmente virtuose, infine, le province autonome di Trento e Bolzano dove la percentuale non supera rispettivamente il 4,9% e il 3,9%.

Ma, come detto, il fenomeno della sotto-dichiarazione è solo una fetta –sebbene la più grossa – dell’economia sommersa che in Italia vale 207,5 miliardi di euro. Su questa cifra, la Cgia ha stimato un’evasione di imposta di circa 114 miliardi euro l’anno, con differenze notevoli tra Nord e Sud.

“Per ogni 100 euro di gettito incassato, a causa dell’infedeltà fiscale degli italiani, a livello nazionale l’erario perde 16,3 euro. Le differenze territoriali sono notevoli: se nel Mezzogiorno il gettito che sfugge alle casse pubbliche ogni 100 euro prelevati è di 22,2 euro, a Nordovest si scende a 13,4 euro”

spiega la Cgia.

Una piaga sociale ed economica

Il fenomeno, per il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo, è una vera e propria “piaga sociale ed economica”, per superare la quale, spiega che

“la strada da percorrere è una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa. In altre parole: pagare meno per pagare tutti. Ovviamente gli evasori seriali vanno perseguiti e messi nelle condizioni di non farlo più, ma attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio. Purtroppo, esiste anche un’evasione di sopravvivenza, decisamente aumentata con la crisi, per cui non pagare le imposte ha consentito in questi ultimi anni la salvaguardia della continuità aziendale e dei posti di lavoro”.

Dello stesso avviso anche il Segretario della CGIA, Renato Mason, che ha commentato così i dati:

“È verosimile ipotizzare che con meno tasse da pagare, si registrerebbe una decisa emersione di base imponibile tale da consentire al nostro fisco di concentrare le attività di contrasto nei confronti dei comportamenti fiscali più insidiosi. Ovvero quelli praticati dalle grandi imprese e da molte multinazionali che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio”.

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