La politica ambientalista di Joe Biden sembrano colludere con il Rapporto dell’International Energy Agency (IEA). Vediamo perché.
C’è il mondo reale e c’è il mondo dei sogni. In quello reale ci sono infrastrutture da potenziare e proteggere, tipo la Colonial Pipeline attaccata qualche giorno fa dagli hackers russi, capaci di far piombare per qualche giorno milioni di automobilisti della costa orientale americana nel clima carteriano della crisi petrolifera degli Anni ‘70. In quello dell’irrealtà, distopica più che utopica, ci sono i Democratici, dal presidente Joe Biden alla radicale madrina del Green New Deal Alexandria Ocasio Cortez, che propugnano una rivoluzione verde. E le danno anche una data di scadenza: secondo il piano del presidente il 100% della produzione di elettricità, entro il 2035, non dovrà più venire dal carbone e dal petrolio.
Ci sono insomma 14 anni per la “transizione”, e Biden si prefigge di avviarla al più presto con i seimila miliardi di dollari richiesti al Congresso negli ultimi due o tre mesi. Anche se il voto favorevole del Senato non è scontato, c’è saggiamente chi sta facendo qualche conto sulla fattibilità’ del progetto. Un conto è emozionarsi, come fa il pubblico woke, a vedere la piccola Greta che dedica i suoi anni più belli alla missione di salvare il pianeta. Un altro, se sei l’Agenzia Internazionale dell’Energia per esempio, è studiare le proiezioni noiose e irrefutabili dei dati materiali su che cosa serve, e su che cosa si deve e si può concretamente fare, per tagliare quel traguardo con successo. La premessa è che si parte dal mondo, quello reale, in cui oggi come oggi il petrolio, il gas naturale e il carbone forniscono all’umanità l’84% dell’energia di cui ha bisogno.
La IEA (International Energy Agency) è una organizzazione autonoma intergovernativa, con 30 Stati che vanno dall’Australia alla Corea del Sud, dall’Italia alla Francia, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dal Messico alla Turchia. Il lavoro dei suoi esperti, per missione ufficiale, è “dare forma a un futuro di energia sicuro e sostenibile per tutti i suoi paesi membri”. Le 287 pagine del Rapporto dell’IEA diffuso questo mese, titolato il “Ruolo dei materiali critici nella transizione verso un’energia pulita”, non possono insomma essere accusate di essere faziosamente prevenute contro l’America di Biden e il suo progetto ambientalista. Sono solo la raccolta cruda di fatti, numeri e notizie che lo seppelliscono.
Il Rapporto IEA
La prima considerazione del Rapporto è che il piano richiede industrie estrattive e infrastrutture che, semplicemente, non esistono. L’energia eolica, solare e le tecnologie delle batterie elettriche sono generate da “minerali per la transizione energetica” (ETMs, energy transition minerals, scrive l’IEA) che devono essere ricavati dalle miniere e lavorati. Per la transizione programmata da Biden e dai suoi fans verdi, ha riportato il 12 maggio il Wall Street Journal (articolo di Mark P. Mills, esperto di energia del Manhattan Institute e partner del fondo di venture capital Montrose Lane), la IEA calcola una domanda di materiali-chiave, come il litio, la grafite, il nickel e le terre rare che esploderebbe, rispettivamente, del 4200%, del 2500%, del 1900% e del 700% entro il 2040. Il mondo intero non ha la possibilità’ di soddisfare una simile richiesta e, pur nel suo cauto linguaggio burocratico, gli analisti IEA notano che non esistono piani per sovvenzionare e costruire miniere e raffinerie.
Come se non bastasse questa osservazione devastante, il Rapporto aggiunge qualcosa che non viene mai citato dagli ambientalisti woke: le macchine per la produzione di energia verde usano materiali critici in quantità molto maggiori delle macchine per l’energia convenzionale. Testuale dal Rapporto: “Una tipica auto elettrica richiede sei volte il ricorso ai minerali critici di una vettura convenzionale. E un impianto per l’energia eolica sulla terra richiede nove volte tanto le risorse necessarie a un impianto alimentato dall’energia fossile”. In sostanza, la transizione di Biden rappresenta “il passaggio da un sistema di energia a uso intenso del fossile ad un sistema di energia a uso intenso di minerali critici” .
Tradotto in pratica, significa abolire liquidi e gas la cui estrazione e trasporto lascia una impronta molto leggera sulla terra e che vengono distribuiti in modo facile, conveniente ed efficiente, per passare a miniere che hanno un impatto enorme, al trasporto con alto consumo di energia di massicci volumi di rocce e altri materiali critici e al successivo lavoro per processarli e raffinarli. La IEA non vuole far piangere Greta, e nemmeno Joe Biden. Ma non può nascondere fatti comprovati dall’esperienza. Così scrive nel Rapporto: “In media quando si progetta una miniera passano oltre 16 anni dalla scoperta del minerale alla prima produzione”. Come dire che se si iniziasse domani a progettare l’estrazione di un minerale critico, la prima produzione avverrebbe dopo il 2035.
La posizione di Joe Biden
Perché Biden non ha paura di mettere la sua faccia nel sostegno a un’idea palesemente irrealizzabile? Anzi, se ne fa primo sponsor? Da una parte non risponderà lui del fiasco. Dall’altra, l’intero castello del Green New Deal è stato concepito dalla marxista Ocasio Cortez come cavallo di Troia per trasformare la società capitalista e liberale di oggi in un mondo alternativo, in cui il Grande Governo dirigista controlla tutto. E che non ha a cuore in verità il salvataggio del pianeta. La soluzione finale di Biden, conclude la IEA, imporrà un tale boom estrattivo globale da lasciare nella sua scia implicazioni ambientali disastrose. “Estrarre e processare i minerali”, si legge nel Rapporto, “richiede enormi volumi di acqua”. Ed è questo un serissimo problema dal momento che circa la metà della produzione di litio e di rame si ha in aree di alto stress idrico. Ciò “pone rischi di contaminazione legati al drenaggio acido nelle miniere, allo scarico delle acque da spurgo e alla eliminazione dei materiali di risulta”, scrive laIEA.
Infine, non mancano gravi rischi geopolitici. Oggi il mercato del petrolio e del gas naturale è caratterizzato da una diversificazione rassicurante dei fornitori: i primi tre produttori, tra cui l’America, pesano per meno della metà della produzione mondiale. I primi tre produttori di ETMs (i minerali indispensabili per la transizione) pesano invece per più’ dell’80% del totale. E la Cina è nel terzetto, mentre gli Usa sono di fatto irrilevanti, e contano come il due di briscola. Sotto qualunque aspetto lo si prenda, lo slogan della rivoluzione verde entro il 2035 sparato da Biden appare una bolla irrealistica e pericolosa. E se poi si usano, come abbiamo fatto qui con questo Blog, la mente e gli occhi degli insospettabili tecnici dell’IEA, viene da chiedersi come l’intero piano non sia ancora stato sepolto da una risata. La risposta? Ma quando mai i media del mainstream osano parlar male di Garibaldi?
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