Sì ad un esercito europeo ma forte opposizione verso corridoi umanitari, integrazione e rifugiati: ecco come l’Europa vorrebbe proteggersi e «barricarsi».
Si disegna l’Europa del futuro e a parlare sono proprio i cittadini dell’Unione che, forti delle proprie convinzioni, hanno espresso la propria posizione su ben 46 proposte.
I partecipanti al Panel quattro sono stati scelti a sorte tra i 450 milioni abitanti dell’Ue e si sono riuniti a Maastricht durante l’annuale conferenza che traccia proposte e raccomandazioni per le politiche attive dell’avvenire europeo.
I risultati più sorprendenti di questo «vertice popolare» delle durata di due giorni sono gli esiti favorevoli espressi in merito alla creazione di un esercito sovranazionale e, parallelamente i «no» espressi rispetto a ben due temi migratori: la costituzione di corridoi umanitari e il riconoscimento dello status di rifugiati ambientali.
Gli analisti internazionali hanno provato ad interpretare queste prese di posizione per capire cosa ci dicono sugli interessi del Vecchio Continente. Analizziamo le conclusioni a cui sono giunti.
Sicurezza in Europa: quali sono le prospettive?
I cittadini del Panel quattro della Conferenza sul Futuro dell’Europa hanno dato la propria «benedizione» a un possibile esercito europeo approvando con il 73,08% (la soglia è il 70%) la creazione di una «Forza armata congiunta dell’Unione europea». Un’azione militare aggressiva di qualsiasi tipo è preclusa".
I partecipanti totali erano duecento e questa netta maggioranza testimonia l’interesse verso la revisione dell’attuale architettura di sicurezza europea. La raccomandazione insita nel voto è la riconcettualizzazione del sistema in maniera efficiente, efficace e capace.
Si esclude infatti, poiché solo il 68,24% si era detto favorevole, la proposta di creazione di un esercito sovranazionale che unisca e sostituisca gli eserciti nazionali. Mantenere l’autonomia è risultato un obiettivo prioritario.
La forza armata europea approvata dai cittadini a questo punto è ben delineata nelle sue «funzioni operative». Il suo scopo entro i confini dell’Unione sarebbe infatti «fornire supporto in tempi di crisi come nel caso di catastrofi naturali».
All’esterno delle frontiere invece si richiede «la capacità di essere dispiegati nei territori in circostanze eccezionali ed esclusivamente sotto un rispettivo mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu e quindi nel rispetto del diritto internazionale». Il tutto quindi è definito come una forma di autodifesa.
Allontanare lo spettro migratorio, ancora
Questo forte desiderio di protezione però emerge preponderante anche quando si tocca il tema delle migrazioni, fulcro di molteplici dibattiti politici in tanti stati dell’Ue, non solo in Italia come siamo ormai abituati a sentire. L’umore generale però non è dissimile dalla chiusura registrata in patria.
I cittadini votanti hanno scelto di bocciare diversi punti all’ordine del giorno tra cui il modello d’integrazione della Danimarca. Quest’ultimo raccomandava «l’introduzione di una direttiva europea che assicuri che ogni zona vivibile in ogni Stato membro non possa avere più del 30% di abitanti provenienti da Paesi terzi».
La ragione era legata a «una distribuzione geografica più uniforme che porterà a una migliore accettazione dei migranti da parte della popolazione locale a una migliore integrazione».
Se quindi l’integrazione viene negata, c’è fumata nera anche per la risposta sulla proposta di rafforzare i corridoi umanitari. I 200 hanno bocciato, anche se con un margine ristretto (69,78% i favorevoli), la raccomandazione di «potenziamento immediato e il finanziamento di rotte e mezzi di trasporto legali e umanitari per i rifugiati delle aree di crisi in modo organizzato».
Ultimo grande no quello per i cosiddetti rifugiati climatici. Bocciata infatti anche la raccomandazione che chiedeva per loro maggiori riconoscimenti. Il testo cestinato recitava:
«Raccomandiamo che l’Ue crei un protocollo d’azione riguardante l’imminente crisi dei rifugiati che nascerà dalla crisi climatica. Come parte di questo protocollo, l’Ue deve espandere la definizione di rifugiati e richiedenti asilo per essere completa e includere le persone colpite dal cambiamento climatico».
Qui la risposta è stata sorprendentemente compatta, un’avversione capace di registrare il 90,26% dei voti sfavorevoli.
In poche parole l’immagine che l’Europa, o meglio gli europei, restituiscono è quella di un’Unione propriamente detta solo e soltanto perché coesa sul fronte della difesa.
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