All’Eurogruppo di martedì 7 aprile verranno presentate le opzioni per salvare l’Italia e altri dalla crisi del coronavirus. Quali sono le opzioni sul tavolo?
Martedì, 7 aprile, si riunisce in videoconferenza l’Eurogruppo per discutere la risposta economica al coronavirus, potenzialmente decidendo il futuro dell’Italia nella gestione della crisi in atto che, inevitabilmente, avrà ripercussioni nei mesi e negli anni a venire.
Quali sono le opzioni sul tavolo? Quali le posizioni dell’Italia e dei diversi Paesi? In risposta al flusso d’informazione confusionario e frammentario, Money.it ha raccolto tutte le possibili soluzioni finora discusse.
Eurogruppo in risposta al coronavirus, cosa aspettarsi?
I ministri delle finanze dell’Eurozona, composta da 19 Paesi, si riuniscono telematicamente il 7 aprile per cercare di creare e definire una risposta economica alla crisi del coronavirus, come dichiarato dal suo presidente.
«L’Eurogruppo si incontrerà il 7 aprile per rispondere al mandato dei leader dell’EUCO (Consiglio europeo) di presentare delle proposte per rafforzare la risposta politica dell’UE al COVID-19», ha affermato Mario Centeno sul suo account Twitter.
L’incontro fa seguito alla videoconferenza dei primi ministri dei Paesi UE dello scorso 26 marzo, in cui si è deciso di dare all’Eurogruppo due settimane per trovare e concordare una risposta unanime alla crisi, che rischia seriamente di portare l’Europa in territorio di recessione.
Già in quella sede sono emerse delle divisioni gravi e profonde tra i Paesi del Nord Europa - ligi e con conti pubblici perfetti - e quelli del Sud - economicamente più fragili, alla ricerca di liquidità immediata come aiuto per far fronte alla crisi generata dalla pandemia da coronavirus.
Nonostante l’Eurogruppo sia costituito esclusivamente dai Paesi che usano l’euro, la videoconferenza di martedì 7 aprile sarà aperta anche agli altri Paesi che compongono l’UE. Dopo due giorni toccherà ai primi ministri degli stessi Paesi, con l’incarico di discutere quanto deciso dall’Eurogruppo.
Prima di parlare delle possibili soluzioni da mettere in campo, l’Eurogruppo (si prevede con l’unanimità) è chiamato a confermare quanto pensato dalla BEI - un fondo di garanzia dal valore di 25 miliardi di euro dedicato alle imprese dell’UE per sostenere investimenti fino a 200 miliardi - e dalla Commissione UE - un piano da 100 miliardi di euro a finanziamento della cassa integrazione europea e un re-indirizzamento dei fondi strutturali.
Le opzioni sul tavolo per salvare l’Italia (e non solo)
Tra MES, eurobond, MES light e un nuovo piano pensato da Francia e Germania, sono molte le opzioni sulle quali i vari ministri delle finanze e non solo stanno lavorando.
1) Eurobond
Nelle scorse settimane Italia, Spagna, Francia e altri sei Paesi che utilizzano l’euro hanno chiesto la creazione di uno «strumento» che consenta l’emissione di obbligazioni comuni dell’Eurozona, degli eurobond soprannominati «coronabond».
Gli eurobond sono particolarmente sostenuti dai Paesi del Sud dell’UE indebitati come l’Italia, ma rifuggiti dal Paesi del Nord. Nota negativa: secondo le regole attuali richiederebbero mesi per poter essere messi in campo.
2) MES
Germania &co preferirebbero invece ricorrere allo strumento del MES, meccanismo che offre prestiti ai Paesi in difficoltà in cambio di strette condizioni e piani di riforme atti a trovare la liquidità necessaria per ripagare il debito. In pratica, l’Europa sarebbe nella posizione di forza di imporci le riforme che vuole lei, i tagli che vuole lei, le privatizzazioni che vuole lei, secondo le regole attuali.
Il problema per i Paesi come l’Italia, lo stato membro maggiormente nei guai a livello di bilancio, con un debito pubblico del valore del 130% del PIL, sono proprio le condizioni che il MES porta con sé.
Il ministro delle finanze Gualtieri, secondo fonti di stampa, avrebbe ricevuto l’imperativo da parte del premier Conte di alzarsi e fermare la sua partecipazione all’Eurogruppo del 7 aprile qualora si iniziasse a parlare di MES tradizionale o di un MES solo apparentemente addolcito.
Si ricorda che il Meccanismo darebbe poi via libera alla BCE di procedere in via illimitata all’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi dell’UE (strumento chiamato OMT), acquisti questi che andrebbero ad abbassare di molto il rischio sul debito.
3) MES “light”
Per evitare il rischio Troika - i cui effetti devastanti sono chiaramente apprezzabili osservando la Grecia degli ultimi anni - si è iniziato a parlare di un MES light, un MES edulcorato, evirato dalle dure condizioni che il Meccanismo Europeo di Stabilità impone.
Il presidente dell’Eurogruppo Centeno ha infatti spiegato che “non avrebbe senso abbinare il sostegno alla crisi da pandemia a un programma di privatizzazioni o a una riforma del mercato del lavoro. Le condizioni devono essere legate al virus e nel lungo periodo i Paesi beneficiari, come gli altri, dovranno tornare in una situazione di sostenibilità dei conti. Disegnato così, chi si rivolgerà al MES eviterà lo stigma dei mercati”.
La possibilità dell’arrivo di un MES tradizionale è stata criticata anche da Scholz, ministro delle finanze tedesco:
“Non ci sarà alcuna delle condizioni insensate come in passato. Niente Troika nei Paesi a dire ai governi ciò che devono fare”.
Come sarà questo MES light? Nessuno ancora lo sa, ma l’idea per ora è quella di prevedere solo un tipo di condizionalità, da applicare a tutti i Paesi che ne faranno richiesta senza distinzioni.
4) Fondo di emergenza/recovery-bond
Tra tutte, l’opzione sul tavolo più recente, che si colloca a metà tra il MES e gli eurobond. Secondo l’agenzia di stampa tedesca Dpa, Francia e Germania starebbero lavorando ad un accordo per presentare una soluzione concordata in occasione dell’Eurogruppo. Il fronte comune da far valere rimane il MES light, ma sarebbe stata pensata anche un’altra soluzione per ampliare il possibile arsenale a disposizione.
L’idea di Macron, presentata ad Angela Merkel, prevede lo stanziamento di 500 miliardi di euro da dedicare alla risoluzione della crisi dei Paesi dell’UE.
Come? Si parla della realizzazione di un Fondo temporaneo incaricato di mettere in campo un’emissione di titoli di debito con l’obiettivo di garantire “protezione dei debiti sovrani” e “sostegno alle imprese e ai lavoratori”.
Non è la stessa cosa degli eurobond? Non è chiaro. C’è chi li chiama “recovery-bond”, ovvero titoli una tantum garantiti dall’intera UE per un arco temporale di 5-10 anni che, per essere implementati, richiederebbero molto meno tempo rispetto agli eurobond.
Insomma, il futuro economico dell’Italia si decide tra poche ore e non resta che sperare che l’UE ci porga la mano piuttosto che creare nuovi ostacoli che il nostro Paese, ormai in ginocchio, non avrebbe alcuna speranza di superare.
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