L’Europa tenta la strada della ripresa economica, tra ostacoli ancora tutti da superare. Come quello della mancanza di lavoratori: perché è un rischio grave per il rilancio del continente?
Una crisi del lavoro più profonda di quanto ci si aspetti sta per abbattersi sulle speranze di ripresa in Europa.
Ad analizzare la questione è Bloomberg, in una interessante - e allarmante - riflessione sulla situazione occupazionale.
La carenza di manodopera che sta colpendo gli Stati Uniti mentre la nazione si riprende dalla pandemia sta arrivando anche in Europa, dove potrebbe rivelarsi ancora più difficile da risolvere.
A rischio anche l’attivazione degli ambiziosi piani nazionali finanziati con il Recovery Fund. Per quali motivi?
Carenza di lavoratori: il nuovo allarme per la ripresa europea
Come gli Stati Uniti, dove la crescita degli occupati di aprile è stata di gran lunga inferiore alle aspettative, l’Europa lotterà per trovare il personale richiesto.
Tutto questo nonostante la disoccupazione sia superiore del 7% nell’UE - e più del doppio in Grecia e Spagna - e non si prevede che tornerà ai livelli pre-crisi prima del 2023.
Cosa sta succedendo sulla scia di pandemia e Brexit?
Innanzitutto, le restrizioni ai viaggi significano che i lavoratori non possono attraversare le frontiere con la stessa facilità pre-pandemica.
Questo è un problema soprattutto ora che l’UE sta per iniziare a distribuire il suo ingente pacchetto da 800 miliardi di euro, concentrato sulle industrie ambientali e digitali che richiederanno lavoratori specializzati.
Inoltre, le fiere del lavoro sono state cancellate e i programmi di formazione professionale slittati.
Le università hanno visto un crollo degli studenti stranieri e la Brexit ha imposto un’ulteriore barriera alla circolazione dei lavoratori, perché l’accordo commerciale tra il Regno Unito e l’UE avviato quest’anno include restrizioni alla circolazione e solo un riconoscimento reciproco limitato di alcune qualifiche.
Una relazione dell’UE di dicembre ha individuato carenze nel settore delle costruzioni, dell’ingegneria, dello sviluppo software e, in modo più evidente che in passato, dell’assistenza sanitaria.
Allo stesso modo, le scuole di formazione sono state colpite dalle chiusure. Le iscrizioni ai programmi professionali in Germania, per esempio, che preparano i giovani a centinaia di professioni specializzate, sono diminuite di oltre il 9% lo scorso anno, in un chiaro effetto della pandemia.
Ecco dunque che si delinea un quadro a tinte fosche: mancano lavoratori specializzati, come potrà l’Europa fare un balzo nella crescita?
Crisi lavoro: cosa aspettarsi in Europa?
Sono di versi i fenomeni da leggere per capire la profondità del problema lavoro e la sua ripercussione sulla crescita futura del vecchio continente.
Alcuni esempio aiutano a capire. La migrazione netta verso la Germania, la più grande economia europea, è diminuita di circa un terzo nel 2020.
La Norvegia è a corto di lavoratori specializzati nel settore dell’ospitalità. Il produttore svedese Northvolt AB ha bisogno di 3.000 lavoratori per una fabbrica in costruzione a Skellefteå, e il suo amministratore delegato - l’ex dirigente di Tesla Inc. Peter Carlsson - ha ripetutamente sottolineato l’accesso alle competenze è una sfida chiave.
La forza lavoro tedesca, ad esempio, dovrebbe ridursi di circa 4 milioni entro il 2030 con il pensionamento della generazione del baby boom.
“Le aziende tedesche dovranno guardare sempre più al di fuori dell’UE per soddisfare la loro domanda di manodopera qualificata”, ha affermato Ulrich Kober, responsabile dell’integrazione e dell’istruzione presso la Bertelsmann Stiftung.
Certo, Paesi come Polonia, la Romania e l’Italia, i principali Stati di origine dei migranti qualificati verso l’UE nel 2019, potrebbero trarre vantaggio da questo temporaneo immobilismo. I lavoratori specializzati sarebbero impiegati in patria, ma ce ne sono abbastanza?
L’Europa potrebbe non essere ancora pronta al boom previsto con il Recovery Fund, proprio a causa della crisi del lavoro.
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