L’indiscrezione è della Bbc: la Russia potrebbe accettare da alcuni Paesi i Bitcoin come pagamento per le forniture di gas e petrolio. Un’altra possibile mossa di Putin per far fronte alle sanzioni?
I Bitcoin presto potrebbero entrare in scena nella complessa partita a scacchi internazionale che si sta giocando sullo sfondo della guerra in Ucraina. Da tempo infatti si parla delle criptovalute come un possibile strumento in mano alla Russia per cercare di aggirare le sanzioni imposte dall’Occidente.
Da quando Stati Uniti e Unione europea hanno messo in campo pesanti sanzioni per colpire Mosca e i suoi oligarchi, non risparmiando anche il patrimonio personale di Vladimir Putin, molto si è scritto sul possibile ricorso alle criptovalute come modo per effettuare pagamenti e operazioni bypassando così i canali tradizionali ora diventati quasi off-limits.
Ipotesi queste finora rimaste sempre come tali, visto che al momento sembrerebbe che la Russia non abbia fatto ricorso ai Bitcoin per aggirare le sanzioni. Nelle ultime ore però è arrivata una indiscrezione che potrebbe rimescolare le carte in tavola.
Come riporta la Bbc che ha citato il capo della commissione per l’energia russa Pavel Zavalny, Mosca starebbe considerando l’ipotesi di accettare, da alcuni Paesi, il pagamento per la fornitura di gas e petrolio anche in Bitcoin.
Inoltre sempre Zavalny avrebbe affermato che i Paesi considerati “amici” come la Cina e la Turchia che “non sono coinvolti nella pressione delle sanzioni”, potrebbero anche essere autorizzati a pagare nelle loro valute locali.
Mentre l’Occidente, Italia in testa, sembrerebbe essere pronto all’ennesimo braccio di ferro con Vladimir Putin questa volta sulla modalità di pagamento del gas russo, i Bitcoin potrebbero essere una sorta di asso nella manica per il Cremlino.
La Russia, il gas e i Bitcoin
In questa guerra 2.0 da molti analisti definita come “ibrida”, le risorse naturali e in particolare il gas e il petrolio sono un inevitabile convitato di pietra nei complessi tavoli diplomatici in corso.
A seguito dell’invasione dell’Ucraina, gli Stati Uniti hanno deciso di stoppare l’importazione di gas e petrolio dalla Russia, che comunque rappresentano una minima parte del fabbisogno nazionale, invitando l’Europa molto più restia a riguardo a fare altrettanto.
A seguito della serie di sanzioni decise dall’Occidente nei confronti di Mosca, alcuni giorni fa Vladimir Putin ha annunciato che pretenderà il pagamento dell’energia venduta ai “Paesi ostili” esclusivamente in rubli.
Una mossa che non è piaciuta affatto all’Ue, con gli Stati membri che nel corso del Consiglio europeo hanno stilato una sorta di cronoprogramma per superare la dipendenza energetica verso la Russia entro il 2027. Nel frattempo Joe Biden ha assicurato a Ursula von der Leyen che gli Usa aumenteranno le consegne di Gnl al Vecchio Continente fino 50 miliardi di metri cubi annui almeno fino al 2030.
A margine del vertice di Bruxelles, Mario Draghi ha definito la scelta di Vladimir Putin di accettare pagamenti per le fonti energetiche solo in rubli “una violazione contrattuale, i contratti sono considerati violati se questa clausola viene applicata dalla Russia”.
In questo scenario la notizia dell’apertura riservata ad alcuni Paesi da parte di Mosca ai pagamenti anche in Bitcoin per il gas, se confermata potrebbe agitare ulteriormente le acque internazionali.
Nel momento in cui i colloqui di pace sembrerebbero essersi impantanati dopo il velato ottimismo della scorsa settimana, il timore è che la questione delle forniture energetiche possa diventare una nuova pistola di Sarajevo: anche se tutti a parole sembrerebbero essere disposti a fare il possibile pur di evitare un allargamento del conflitto, al momento nessun vero sforzo diplomatico per un cessate il fuoco appare essere all’orizzonte.
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