L’obbligo del green pass sta riscontrando non poche problematicità: ecco la contraddizione che il Governo non ha ancora considerato.
Sul tema dell’obbligatorietà del green pass non si sprecano le contraddizioni tra ciò che si può e che non si può fare.
Il paradosso più grande lo ha rimarcato l’ex magistrato Raffaele Guariniello il quale - durante una dichiarazione - ha fatto notare che tra qualche tempo in Italia ci sarà uno scenario quasi da teatro beckettiano dell’assurdo in cui per accedere ai servizi come cliente servirà il green pass, ma si entrerà comunque a contatto con dipendenti che non sono in possesso della certificazione verde.
La questione sul tema lavoro e obbligo del green pass è tuttavia davvero spinosa e vede non poche problematicità e contrarietà. E se da un lato alcuni vigili di Roma non faranno multe per il mancato green pass in segno di protesta, dall’altro Confindustria e sindacati spingono per una normativa vaccinale per i dipendenti pubblici.
La contraddizione del green pass
Lo contraddizione portata in luce dall’ex magistrato Raffaele Guarinello secondo la quale per accedere ai servizi serve il green pass, ma per chi lavora in quegli stessi servizi non serve la certificazione, non è una questione di semplice risoluzione. A questo, tra l’altro, si aggiunge la divisione interna che si viene inevitabilmente a generare tra gli stessi dipendenti di un ufficio o servizio, siano essi favorevoli o contrari alla vaccinazione.
Da un lato è vero che si andrebbe al ristorante con una certificazione, a contatto però con dei lavoratori che non la devono possedere per legge; dall’altro lato c’è la problematicità della sicurezza sull’ambiente di lavoro con tutte le complesse tematiche che questa delicata area si porta dietro. Ancora, c’è chi è contrario all’obbligo e chi pensa che si dovrebbero avere tamponi gratuiti per ogni attività.
In tal senso, se da un lato sindacati e Confindustria spingono perché vengano trovati dei metodi legislativi che, sulla base dell’art. 2087 del Codice Civile, siano volti a una tutela generalizzata dell’ambiente di lavoro, dall’altro lato pensare al licenziamento di chi non vuole vaccinarsi potrebbe arrivare ad implicare una discriminazione sociale forte. Del resto, l’art. 4 della Costituzione riconosce il diritto al lavoro, senza discriminazioni. Tra i due fuochi accesi, il Governo Draghi spinge perché si torni in ufficio da settembre.
Green pass in zone arancioni o rosse: è utile?
La contraddizione comunque non termina qui ed è anzi duplice.
Infatti, con una normativa nuova che sta inevitabilmente nascendo in accordo coi sindacati e che diventerà sempre più specifica in merito agli ambiti lavorativi e alla vaccinazione già a partire da settembre, se questa carta verde venisse resa davvero obbligatoria per lavorare, si dovrebbe quantomeno assicurare lo scongiurarsi di una nuova chiusura delle attività, oltre che tutelare in merito alla parte finale dell’art. 32 che recita che non si possono violare i limiti imposti al rispetto della persona umana e in riferimento particolare all’art. 2 che garantisce all’uomo i diritti inviolabili come singolo, pur richiedendogli solidarietà sociale.
Per quanto ad oggi si stia decidendo solo in merito all’obbligo per gli insegnanti e poi anche l’estensione ai pubblici uffici, al momento non è assicurato che in rosso si resti aperti. Se una regione tornasse in rosso, il green pass generalizzato non si collocherebbe come salvezza per le attività commerciali e la possibilità di tornare in rosso per ospedalizzazioni (se pur per brevi periodi) non è da escludersi totalmente, dato che a causa delle varianti non si può sapere con certezza se i contagi torneranno di nuovo a numeri record, carta verde o meno. Almeno per come sono pensati i parametri al momento.
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