Immuni: l’app per tracciare contagi è sicura? Dove finiscono i dati e privacy

Matteo Novelli

17/04/2020

Come funziona davvero Immuni, la nuova app per tracciare i cittadini e i contagi da coronavirus: è un sistema sicuro? Dove finiscono i dati e chi garantisce la privacy degli utenti? Facciamo chiarezza.

Immuni: l’app per tracciare contagi è sicura? Dove finiscono i dati e privacy

Alla fine è arrivata: Immuni è l’app realizzata per tracciare gli utenti e monitorare i possibili contagi da coronavirus. Sulla questione si è già aperto un lungo dibattito, nonostante l’app sia stata per il momento solo annunciata (il download arriverà nelle prossime settimane). Sicurezza e privacy sono al centro delle principali preoccupazioni degli utenti: Immuni è sicura? Dove finiscono i dati degli utenti e in che modo vengono utilizzati?

Domande a cui possiamo provare a rispondere secondo le informazioni a disposizione: Immuni è un’app che diventerà centrale nella cosiddetta Fase 2 della quarantena da coronavirus, che continuerà ancora il fattore cruciale del distanziamento sociale.

Immuni, che sarà realizzata da Bending Spoons, società milanese addetta allo sviluppo di app, il Centro Diagnostico Santagostino e Jakala (martech company specializzata nell’analisi e nella raccolta dati), baserà il proprio funzionamento su alcune direttive arrivate direttamente dalla Commissione UE che mirano a impostare le regole per il tracciamento degli utenti. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Immuni è sicuro? Come funziona l’app per tracciare gli utenti

Come accennato, la Commissione Ue ha stabilito le regole per il sistema di tracciamento dei cittadini residenti in Europa: i due pilastri principali sono l’anonimato dei dati e la condivisione su base volontaria da parte degli utenti che sceglieranno di affidarsi a queste misure.

Immuni non farà quindi eccezione: niente geolocalizzazione ma un sistema di tracciamento basato sul Bluetooth a cui gli utenti si sottoporranno su base volontaria. L’obiettivo dell’app italiana, e dell’Ue, è di arrivare a soluzioni diverse per il tracciamento degli spostamenti ma che abbiamo un approccio e dei principi comuni: non si tratta di spiare le attività private dei cittadini, ma di affidarsi a uno strumento utile per ripartire con la quotidianità e prevenire l’arrivo di nuovi contagi.

Immuni: l’app per tracciare i contagi è davvero utile?

La tecnologia Bluetooth permetterà di registrare se lo smartphone sia entrato a contatto o meno nei giorni precedenti con una persona risultata positiva al coronavirus: se questo dovesse verificarsi, l’utente riceverà una serie di avvisi e notifiche che indicheranno i comportamenti da seguire, invitandolo a seguire alcuni comportamenti di prevenzione come autoisolamento e test diagnostico.

Resta da capire come funzionerà davvero e la sua relativa utilità al fine di rompere i contagi: per quanto tempo deve esserci un contatto tra l’utente che ha attivato l’app e un altro per rilevare o smentire un possibile contagio?

Camminando per strada o andando al supermercato potrebbe facilmente capitare di incrociare dei contatti involontari, rilevati dall’app: come si comporterà il sistema? L’ipotesi di un tilt o di falsi allarmi potrebbe essere dietro l’angolo (ma per vederne gli effetti bisognerà attendere il debutto dell’app).

Immuni: dati anonimi e uso volontario dell’app

L’Unione Europea ha individuato nel Bluetooth la tecnologia più idonea per permettere un corretto funzionamento dell’app di tracciamento, rinunciando quindi alla geolocalizzazione e al monitoriaggio via GPS.

Il Bluetooth, indica la direttiva UE, deve poter stimare con sufficiente precisione (pari a 1 metro) la vicinanza tra le persone: in questo modo l’applicazione sarà in grado di avvertire se si è venuti in contatto o meno con una persona positiva alla COVID-19.

Importante la posizione sui dati di posizionamento via GPS da parte di Bruxelles: “questo tipo di dati non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio, seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole non è negli obiettivi dell’app, si creerebbe solo un problema di privacy e sicurezza”.

L’anonimato dovrebbe essere garantito da un codice di identificazione utente temporaneo e completamente orientato a stabilire solo un contatto con gli altri utenti nelle vicinanze.

Immuni, l’app tra privacy e sicurezza: dove finiscono i dati del tracciamento

Insomma, l’app Immuni non dovrebbe essere un pericolo per gli utenti: molte sono le regole da seguire da parte degli sviluppatori e altrettanti gli organi addetti a tenerne sotto controllo la sicurezza e l’uso non fraudolento dei dati condivisi dai cittadini.

La questione dei dati personali è sicuramente una delle più centrali che desta maggiori perplessità tra i cittadini che, ricordiamo, saranno chiamati a utilizzare l’app su base volontaria.

Nessun tracciamento degli spostamenti via GPS o celle telefoniche, ma un sistema in linea con le norme attuali sulla privacy.

I dati del tracciamento saranno trattati in forma anonima da tre principali partner: Bending Spoons, che si occuperà dell’effettiva realizzazione del progetto proposto, Centro Diagnostico Santagostino e Jakala. Saranno questi ultimi due gli enti a cui verranno affidati i dati condivisi dai cittadini e a loro spetterà l’uso degli stessi con un solo obiettivo finale: prevenire il contagio da COVID-19.

Immuni: chi raccoglie i dati condivisi dagli utenti

Anonimato sembra essere la parola d’ordine dell’app, che punta molto sulla base volontaria degli utenti: ricevendo una notifica di un possibile contagio, starà all’utente stesso attivare le misure preventive di autoconfinamento o ci sarà un intervento da parte degli organi addetti?

Nell’ordinanza che ha dato il via libera all’app leggiamo che:

“Bending Spoons, esclusivamente per spirito di solidarietà e quindi, al solo scopo di fornire un proprio contributo volontario e personale per fronteggiare l’emergenza Covid in atto, ha manifestato la volontà di concedere in licenza d’uso aperta, gratuita e perpetua al commissario Arcuri e alla presidenza del Consiglio dei ministri il codice sorgente e tutte le componenti applicative facenti parte del sistema di contact tracing già sviluppate nonché, per le medesime ragioni e motivazioni, sempre a titolo gratuito, ha manifestato la propria disponibilità a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari per consentire la messa in esercizio del sistema nazionale di contact tracing digitale”.

Queste dichiarazioni sembrano far propendere più per la seconda ipotesi, al fine di garantire anche l’effettiva riuscita di un progetto che, altrimenti, potrebbe risultare fin troppo vago.

L’uso dei dati sarà opera principalmente del Centro Diagnostico Santagostino, che immaginiamo avrà il compito di coordinare gli interventi sanitari necessari qualora venissero rilevati dall’applicazione, e da Jakala, una compagnia italiana specializzata nell’analisi e nel trattamento dei dati: a loro spetterà la lettura e la schematizzazione applicativa delle informazioni raccolte con l’app.

Un lavoro congiunto di tre organi diversi che dovrebbe avvenire in tutta sicurezza: nessuno, stando alle dichiarazioni degli utenti, verrà spiato utilizzando l’app ma semplicemente avvisato e messo in allerta da possibili contagi.

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