Dalla dichiarazione di fallimento derivano molte conseguenze per l’imprenditore fallito: patrimoniali, personali e processuali. Ecco tutti gli effetti.
L’imprenditore deve affrontare diverse conseguenze dopo la sentenza che ne dichiara il fallimento. Il tribunale, infatti, nomina un curatore fallimentare che si occupa della liquidazione e del pagamento dei creditori , ciò produce nei confronti dell’imprenditore diverse novità conseguenze sul piano:
- personale;
- patrimoniale;
- processuale.
Il tutto è regolato dal Regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942, la Legge fallimentare. In questo articolo vedremo gli effetti e le conseguenze per l’imperatore dopo la dichiarazione di fallimento.
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IMPRENDITORE FALLITO: QUALI CONSEGUENZE
Conseguenze patrimoniali del fallimento
La dichiarazione di fallimento incide in maniera radicale sul patrimonio aziendale e produce diversi effetti sull’imprenditore fallito, il quale perde la disponibilità e il potere di amministrazione dei beni di sua titolarità. Questa conseguenza prende il nome di “spossessamento” e riguarda anche i beni acquistati nel corso della procedura fallimentare: ad esempio beni mobili o immobili, materiale e immateriali, come opere dell’ingegno, brevetti e marchi. Sono esclusi dallo spossessamento patrimoniale soltanto i beni di natura strettamente personale.
Per comprendere questa conseguenza facciamo riferimento all’articolo 42 della Legge fallimentare, che recita:
«La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento».
Ciò significa che l’imprenditore perde la libertà di amministrare i propri beni, ma non la proprietà su di essi.
Altro effetto patrimoniale di grande rilievo è la perdita di efficacia degli atti patrimoniali compiuti dall’imprenditore in seguito alla dichiarazione di fallimento che possono compromettere le pretese dei creditori, quindi alienazione di beni, donazioni, ipoteche e cessioni.
Conseguenze personali per l’imprenditore
Tra le conseguenze della dichiarazione di fallimento, senza dubbio le più “invasive” sono quelle di natura personale. Per quanto riguarda gli effetti personali, gli obblighi dell’imprenditore sono:
- consegnare la corrispondenza, sia cartacea che elettronica, al curatore fallimentare (si veda l’articolo 48 della legge fallimentare) che ha a che fare con i rapporti aziendali, i creditori e il fallimento (esclusa dall’obbligo la corrispondenza di carattere personale);
- comunicare al curatore fallimentare eventuali cambi di domicilio o residenza;
- consegnare al curatore tutte le scritture contabili, gli elenchi dei creditori e i bilanci entro 3 giorni dalla dichiarazione di fallimento.
L’imprenditore, inoltre, perde la capacità di ricoprire alcuni incarichi come amministratore, sindaco, curatore fallimentare e arbitro.
Gli effetti processuali
Anche la capacità processuale di stare in giudizio subisce una notevole restrizione. L’imprenditore fallito non può più stare in giudizio in riferimento ai rapporti e alle controversie inerenti al fallimento dell’impresa. Al suo posto è legittimato il curatore fallimentare, sempre dietro autorizzazione del giudice. Egli può anche esperire l’azione revocatoria fallimentare, quindi chiedere al giudice che siano dichiarati nulli gli atti di disposizione del patrimonio antecedenti alla dichiarazione di fallimento che compromettono o possono compromettere i creditori. Inoltre, tutti i processi che hanno ad oggetto i rapporti compresi nel fallimento vengono interrotti.
Fallimento: quali effetti per i creditori?
Il fallimento produce effetti rilevanti anche per i creditori, questi, in particolare, non possono più agire direttamente contro il debitore ma devono rivolgersi al curatore fallimentare. Quest’ultimo provvede a saldare i debiti secondo il principio della par condicio creditorum, nel rispetto degli eventuali diritti di prelazione di alcuni, ovvero di ragioni che consentono di dare la precedenza ad alcuni creditori rispetto ad altri.
I creditori sono di due tipologie:
- privilegiati, in virtù di una prelazione, vengono soddisfatti prima degli altri (cause tipiche di prelazione sono il pegno e l’ipoteca);
- chirografari, tutti quelli che non hanno prelazione e quindi vengono soddisfatti dopo i privilegiati, secondo le stesse regole in proporziona al credito e secondo il residuo dell’attivo fallimentare.
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