L’indennità di cassa viene corrisposta a quei lavoratori che maneggiano denaro. Vediamo cos’è, a chi viene corrisposta e quanto si prende in più in busta paga.
Quando si parla di indennità di cassa ci si riferisce al mestiere di chi maneggia denaro e per questo è in qualche modo tutelato. Ma cos’è e come funziona l’indennità di cassa?
Abbiamo visto quanto guadagna un cassiere di supermercato al quale l’indennità di cassa deve essere riconosciuta come maggiorazione percentuale sullo stipendio per il rischio che ci si assume nel maneggiare denaro per conto del datore di lavoro.
L’indennità di cassa dovrebbe essere corrisposta anche ai lavoratori, che pur non essendo inquadrati come cassieri, per esempio i commessi, hanno una gestione non occasionale della cassa come potrebbe avvenire nella Grande Distribuzione Organizzata. Ne abbiamo parlato nell’articolo sullo stipendio della commessa.
Nella realtà però non è sempre così. Vediamo allora come viene calcolata l’indennità di cassa sullo stipendio e chi ne ha diritto.
Cos’è l’indennità di cassa e a chi spetta
L’indennità di cassa viene corrisposta al dipendente che ha responsabilità del denaro presente nel registratore di cassa e al fine di tutelarlo per il rischio che si assume maneggiando denaro.
Può accadere che il lavoratore nello svolgere le sue mansioni ricada in errori contabili e si ritrovi con degli ammanchi. Proprio per la delicatezza di questo compito, problemi e possibili errori a esso collegati, è prevista per il lavoratore una somma che viene aggiunta allo stipendio di base.
L’indennità di cassa spetta al lavoratore che maneggia denaro in maniera continuativa e non occasionale e pertanto non viene corrisposta nei periodi di assenza o malattia, ma verrà corrisposta al lavoratore chi andrà a sostituirlo.
L’indennità di cassa spetta:
- al lavoratore che maneggia denaro per il datore di lavoro come nel caso del cassiere di supermercato o dell’addetto del punto vendita;
- all’addetto contabile di un’azienda che deve corrispondere i pagamenti ai dipendenti;
- al lavoratore che custodisce denaro per il datore di lavoro e si occupa del cambio valuta nelle transazioni internazionali.
Non sono solo i cassieri a maneggiare denaro dal momento che esistono dei lavori, come quello del rider, che richiedono la necessità di maneggiare denaro.
La scelta di pagare l’indennità di cassa a questi lavoratori, come ha stabilito una sentenza della Cassazione n.7353 del 2004, non può essere disciplinata dalla legge, ma deve essere stabilita dai contratti collettivi cui si fa riferimento.
Vediamo ora, quanto spetta in busta paga con l’indennità di cassa al singolo lavoratore che opera con il denaro.
Quanto prende in busta paga chi percepisce l’indennità di cassa
Ma quanto prende il lavoratore che percepisce l’indennità di cassa? Quanto gli spetta in busta paga? Il valore dell’indennità di cassa viene stabilito dai singoli Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro.
Nel CCNL del Commercio e Terziario, che è quello che disciplina il rapporto di lavoro dei cassieri e commessi per esempio, l’indennità di cassa è il 5% sullo stipendio base.
Ogni contratto collettivo stabilisce la sua percentuale. Può anche capitare che sia il datore di lavoro a scegliere quanto corrispondere al dipendente che maneggia denaro, ma non può assolutamente rifiutarsi di pagare l’indennità di cassa.
Quando licenziare il lavoratore che percepisce l’indennità di cassa?
Ma si può licenziare un lavoratore che percepisce l’indennità di cassa qualora ci siano degli ammanchi? L’ammanco può essere fortuito, derivante da errori contabili legittimi quando si maneggia denaro.
Ci sono anche casi in cui il lavoratore che si occupa della cassa vada a sottrarre in modo volontario il denaro al datore di lavoro. In questo caso però, prima di licenziare il lavoratore, il datore di lavoro deve considerare diverse variabili e accertarsi che l’atteggiamento sia costante e non fortuito.
Quando si maneggia denaro l’ammanco come abbiamo detto può presentarsi, quindi prima di prevedere un’azione disciplinare o addirittura il licenziamento, è importante avere delle prove.
Inoltre il datore di lavoro deve considerare anche il comportamento generale del lavoratore, il contesto economico familiare o se vi è la possibilità che il lavoratore possa nuovamente cadere in fallo.
Solitamente la contestazione, in caso di ammanco provato per dolo, deve avvenire da parte del datore di lavoro in forma scritta cui il lavoratore può rispondere dando motivazioni e spiegazioni. Il lavoratore può anche rivolgersi a un sindacato per tutelarsi.
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