L’inflazione è veramente destinata a salire?

Roberto Donzelli

18 Settembre 2021 - 18:00

Il tema dell’inflazione è stato sicuramente uno dei più caldi degli ultimi mesi. Tutti la vedono in salita, ma è veramente così scontato?

L’inflazione è veramente destinata a salire?

L’inflazione è uno dei temi del momento. Dall’inizio del 2021 è monitorato attentamente da operatori di mercato e dalle Banche Centrali.

Ma perché c’è un’attenzione così elevata?

Semplice, perché c’è il forte timore che i notevoli stimoli monetari e fiscali del 2020, intrapresi per fronteggiare le conseguenze economiche del Covid, possano inflazionare il livello generale dei prezzi, considerando anche che la produzione nell’ultimo anno (2020) è fortemente diminuita. L’equazione è: «più moneta e meno beni uguale prezzi più alti». La logica, almeno, suggerirebbe questo.

L’inflazione non è così facile da stimare

Va detto però che se c’è una cosa che gli economisti sbagliano regolarmente è proprio la stima dell’inflazione. Non raramente in passato, a fronte di aspettative di inflazione elevata, alla fine i prezzi sono cresciuti in modo contenuto.

Di fatto, a eccezione della parentesi degli anni ’70 (e degli anni ’80 in qualche Paese tra cui l’Italia), l’inflazione nei Paesi Sviluppati è stata quasi sempre sotto controllo. C’è stata qualche fiammata di tanto in tanto, ma quasi sempre prontamente rientrata.

Fiammata inflattiva anche nel 2021?

Del resto, anche il rialzo dei prezzi di questa prima parte del 2021 è visto da molti esperti, non ultimi i membri dei board di FED e BCE, come contingente e temporanea.

L’idea di fondo è che i prezzi sono aumentati per via della forte ripresa economica post-Covid che non ha permesso alla produzione di adeguarsi immediatamente per ovvi motivi di tempo. Fabbriche, impianti industriali, pozzi di petrolio e così via richiedono del tempo per essere programmati, impiantati e funzionare a pieno ritmo. Man mano che l’attività industriale si adeguerà, l’aumento dei prezzi inizierà lentamente a sparire.

Non a caso, la BCE stima un’inflazione sopra il target del 2% nel 2021, ma poi nel 2022 e 2023 si tornerà di nuovo a livelli tra l’1,5% e l’1,7%.

Anche la FED non prevede inflazione duratura in futuro. Anzi, a dire la verità già i dati di questa settimana mostrano un’inflazione alta, ma in leggera discesa. In agosto l’aumento dei prezzi è stato del 5,3%, in discesa dal 5,4% di luglio.

Economia, Covid e inflazione

Non c’è dubbio che l’inflazione sarà fortemente dipendente da come andrà l’economia e dall’andamento del Covid in autunno.

Anche con una ripresa sostenuta, però, non è così scontato che i prezzi continueranno a correre per anni.

Tanto in Europa quanto in America si contano ancora qualche milione di disoccupati in più rispetto al periodo pre-Covid. E come sanno bene gli economisti, finché c’è disoccupazione è difficile che ci sia una pressione duratura sui prezzi.

Del resto, i banchieri centrali su questo tema sono abbastanza prudenti. Tanto la FED quanto la BCE attualmente non hanno intenzione di alzare i tassi di interesse.

Questo da un lato indica che non vogliono soffocare prematuramente la ripresa, ma dall’altro rende evidente il fatto che non c’è poi tutta questa apprensione per una possibile spirale inflattiva.

Inflazione, obbligazioni e azioni

Gli investitori obbligazionari dovrebbero prendere in considerazione il fatto che i prezzi potrebbero in realtà crescere meno di quanto si pensava. Di conseguenza, anche le politiche delle Banche Centrali potrebbero non essere affatto restrittive almeno nel prossimo anno. In altri termini, i tassi potrebbero non salire molto, o proprio non salire affatto.

Un aspetto importante anche per gli investitori azionari, visto che l’equity potrebbe continuare a non avere valide alternative ancora per diverso tempo.

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