Gli interessi in gioco nel conflitto russo-ucraino giustificano davvero le mosse di Putin? Motivazioni profonde ed esiti probabili di una vera guerra.
Gli Stati Uniti continuano incessantemente a ribadire che la Russia è prossima ad un’invasione dell’Ucraina. L’allarmismo di Biden è una strategia per evitare la dolorosa escalation che scaturirebbe dalle affrettate valutazioni belliche di Putin.
Ci sono infatti dei motivi concreti per pensare che il leader russo si voglia spingere ben oltre le sue possibilità concrete pur di imporre la propria presenza sul territorio ucraino.
Rifiutando come è accaduto nelle ultime ore un incontro diretto con il presidente americano si fa infatti più realistica la previsione secondo la quale il Cremlino sia deciso a tentare il tutto per tutto pur di non dover cedere all’Occidente.
Un’analisi dei costi da pagare a fronte del beneficio effettivo che l’invasione comporterebbe quindi sono più che doverosi.
Il prezzo da pagare sarebbe (troppo) alto
Biden crolla nei sondaggi anche oggi che nulla è stato deciso, l’Ucraina non ha la forza per vincere sul nemico e l’Europa ne risentirebbe ulteriormente sul già prostrato fronte energetico. Ma allora a chi conviene questa possibile guerra?
Solo alla Russia. I tentativi di annettere l’Ucraina alla propria sfera di influenza si perpetuano da anni ma tutti gli approcci sono falliti; niente da fare sia sulla via della manipolazione economica che su quella diplomatica così come quella della corruzione. Non restava che provare con le forze militari, ma ad un costo esorbitante.
Sul fronte delle conseguenze economiche i danni sarebbero le risultanze dalle sanzioni estere dal punto di vista economico e finanziario. I paesi del G7 hanno infatti espresso la volontà di escludere la nazione da innumerevoli accordi nonché applicare violente penalizzazioni capaci di mettere in ginocchio il Cremlino.
Sul fronte risorse invece l’invasione non è sostenibile dalla Russia stessa. Attualmente il Paese investe il 10% del suo PIL nell’esercito nonostante l’alta soglia di crisi che si registra nel paese (il 13% della popolazione sotto la soglia della povertà). Passi in avanti rispetto a questa escalation richiederebbero un ricorso ancora maggiore a finanziamenti che attualmente non sono così concreti e certi.
La Russia non si è mai rialzata dalla crisi del 2014, dove a seguito dell’invasione della Crimea, l’Europa ha applicato delle pesanti sanzioni analogamente a quanto dice di voler fare in caso di travalico del confine.
Dal punto di vista dell’occupazione infine nonostante l’esercito ucraino non è in condizioni di rispondere in maniera vincente all’enorme forza di fuoco russa, di certo si scatenerebbe una violenta guerriglia con alti costi da pagare come quelle che già si registrano da anni in Donbass.
Gli interessi della Russia, in breve
Dietro alla volontà di annettere a tutti i costi il territorio ucraino a quello russo ci sono motivazioni di carattere storico e strategico nonché geopolitico.
Quest’ultima motivazione è quella più nota all’opinione pubblica viste le richieste avanzate da Putin alla Nato per depotenziare la propria offensiva al confine.
A questa volontà di creare uno stato cuscinetto che si frapponga tra Nato e punti nevralgici dello Stato russo si aggiungono però anche profonde convinzioni culturali di un’unità etnica delle due popolazioni coinvolte. Il tutto è riassunto addirittura in un’opera letteraria di Putin stesso, un saggio pubblicato nel luglio del 2021 intitolato “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini”. Qui Putin scriveva di «credere fermamente» che i due popoli siano «una sola unità». Analoghe dichiarazioni furono rilasciate nel 2014 in occasione dell’annessione della Crimea.
A lato di questa motivazione che potremmo definire quasi folkloristica per la sua espressione c’è il fattore delle ricchezze naturali industriali di cui l’Ucraina dispone. Con il tentativo di ammissione della regione del Donbass c’era l’interesse a controllare industrie strategiche e giacimenti, una grande mano per l’economia del paese invasore.
Perché Putin potrebbe invadere lo stesso
Nonostante l’altissimo prezzo da pagare, Putin potrebbe comunque decidere di correre il rischio e questa deriva despota affonda le radici nel cambiamento di vedute del vertice del Cremlino.
I motivi sono diversi. Innanzitutto, nella fobia del coronavirus e nella crescente paranoia di essere vulnerabile rispetto all’Occidente (vedesi il tavolo immenso che frappone tra sé e i capi di Stato che incontra), negli ultimi anni si è accerchiato di pochissime persone, tutti consiglieri con posizioni molto radicali ovvero uomini di vedute ben meno ampie di quelle che il presidente poteva vantare nelle sue precedenti decisioni strategiche.
Un ex alto funzionario del Cremlino al Financial Times si è addirittura espresso in questi termini:
«Il circolo dei suoi contatti si sta facendo più piccolo e influenza il suo modo di pensare. Un tempo pensava a 360 gradi, adesso soltanto a 60 gradi».
Anche Michael Kofman, analista militare che lavora per il centro studi CNA, riporta con gravità la deriva decisionale del leader:
«La gente dice che Putin non oserà. Vorrei essere d’accordo anche io ma negli ultimi tre anni l’ho visto oltrepassare moltissime linee che pensavo non avrebbe mai superato».
A questo si collega quindi la cieca e nazionalista volontà di rinnovare il potere imperialista dell’Unione Sovietica. L’atteggiamento sprezzante di Putin si è visto ad esempio nel tentativo di avvelenamento di Alexei Navalny; la sicurezza di non subire ripercussioni dal fronte occidentale lo ha rafforzato ideologicamente dandogli l’illusione di poter operare quasi indisturbato nella sua lotta per mantenere il controllo.
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