Le good bank sono davvero “good”? Ecco le alternative alla liquidazione

Antonio Atte

05/10/2016

Good bank: si complica sempre di più la cessione dei quattro istituti salvati nel 2015. In pole resta sempre Ubi ma si studiano anche altre soluzioni per evitare la liquidazione.

Le good bank sono davvero “good”? Ecco le alternative alla liquidazione

La questione good bank al momento rappresenta il dossier più spinoso per il Ministero dell’Economia e per il sistema bancario italiano in generale. Anche più del piano di salvataggio di Mps. La cessione dei quattro istituti nati dalle “ceneri” di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara si è complicata, ma il direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, ha comunque assicurato che

“ci sono ipotesi e strumenti per trovare una soluzione positiva, diversi dalla liquidazione”.

Nonostante l’altolà della BCE - la quale avrebbe messo nuovi paletti negli ultimi giorni - Ubi resta la favorita per l’acquisizione di almeno tre quattro good bank, ma non rappresenta l’unica soluzione sul tavolo.

Good bank: le alternative alla liquidazione

I fondi Usa Apollo e Lone Star - le cui offerte erano state inizialmente bollate come “irricevibili” dall’Autorità di risoluzione - potrebbero tornare in pista. Non è esclusa, inoltre, una vendita a “spezzatino” di singoli asset (la compagnia assicurativa di Banca Etruria, ad esempio), così come un intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi, al quale è stato chiesto di rilevare CariFerrara: operazione che si aggirerebbe intorno ai 250 milioni di euro.

Ad ogni modo la partita è destinata a protrarsi per settimane e forse anche mesi. Ricardo Cardoso, portavoce della Commissione europea per la Concorrenza, ha confermato che

“Siamo in contatti continui e costruttivi con le autorità italiane, in particolare per quanto riguarda il prolungamento della scadenza. Possiamo vedere buone ragioni per un rinvio, ma non riveliamo la data delle scadenze”.

Good bank: nuovi Npl per 3,39 miliardi

Ma le good bank sono poi davvero così “good”? La risposta è contenuta negli ultimi bilanci semestrali, che hanno evidenziato una redditività fortemente negativa per i quattro istituti oltre a una mole di crediti deteriorati ancora troppo grande nonostante la recente pulizia: 3,39 miliardi di euro, praticamente più del doppio del capitale, che al 30 giugno 2016 ammontava a 1,59 miliardi.

Emblematico anche il dato riguardante i costi operativi, pari a 300 milioni contro 264 milioni di ricavi.

Le quattro good bank sono state ricapitalizzate dieci mesi fa dal sistema bancario per 1,8 miliardi ma è del tutto improbabile che questa cifra possa rappresentare il loro prezzo di vendita visto che le stesse banche italiane quotate in Borsa non riescono a farsi prezzare più del 20%-30% del loro capitale.

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