Le tre lezioni della Brexit

Mattia Prando

10 Maggio 2019 - 15:05

Marcela Meirelles, Managing Director Fixed Income di TCW, sostiene che dalla Brexit si possono imparare tre importanti lezioni. Vediamo quali

Le tre lezioni della Brexit

Dopo un numero considerevole di votazioni, dialoghi e accordi, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è stata rimandata nuovamente al 31 ottobre.

Marcela Meirelles, Managing Director Fixed Income di TCW, sostiene che da queste prolungate vicissitudini si possono imparare tre lezioni fondamentali.

Prima lezione: l’importanza di azioni politiche tempestive

La prima lezione che si può ricavare da tutta la vicenda Brexit è l’importanza di avere delle tempestive iniziative politiche. Gli interventi che risolvono i problemi e trovano soluzioni per i problemi economici spesso non coincidono con le tempistiche sperate dagli investitori. Questo perché «i calcoli sulla convenienza politica individuale e dei partiti troppo spesso ostacolano un’azione politica tempestiva» sostiene Meirelles.

Ciò viene complicato ulteriormente dalla convinzione che alcune azioni politiche difficili, per quanto necessarie, possano essere rimandate: il risultato è la paralisi che accomuna diverse istituzioni legislative ed esecutive sia dei Paesi sviluppati, che quelli emergenti. I ritardi che causa tutto questo alterano in ultima istanza «la natura e la profondità dei problemi economici», rendendo ben più difficile prendere delle decisioni percorribili.

Seconda lezione: la crescita economica nella politica degli istituti centrali

La seconda lezione che ci lascia l’esperienza Brexit è quella fornita dalla Bank of England nel 2016. Ciò fa capire, spiega la Managing Director Fixed Income di TCW, come interpretare i framework sui target di inflazione. Gli istituti centrali infatti attribuiscono un grande peso all’attività economica complessiva, anche quando il target delle politiche monetarie è l’inflazione e non l’output economico.

Terza lezione: le difficoltà dei mercati nel prevedere i risultati dei voti

L’ultima lezione è quella che viene data dal mercato, che non è efficiente nel prevedere le preferenze di voto. In questo caso, prendendo come esempio la Brexit, gli investitori non sono stati in grado di valutare i rischi che potevano derivare da questo evento.

Oltre a questo, sono state sovrastimate le capacità del Primo Ministro britannico, Theresa May, di far approvare in Parlamento un accordo che traghettasse il Regno Unito fuori dall’UE.

«Resta vero che prevedere i risultati delle elezioni è sempre stata una sfida difficile, resa ancora più impegnativa dall’incertezza sulla partecipazione al voto e dalla riluttanza degli elettori a rivelare le proprie preferenze ai sondaggisti. D’altra parte, l’importanza di fattori demografici, generazionali e di altra natura nell’influenzare le preferenze di voto non sta in alcun modo diminuendo», ha chiosato Marcela Meirelles.

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