Enrico Letta si è preso del tempo prima di decidere se accettare o meno l’offerta di guidare il PD: lui vorrebbe fare il segretario fino al 2023 e non il reggente con scadenza a novembre come auspicato invece dai filo-renziani, visto che in ballo c’è chi stilerà le liste per le prossime elezioni politiche.
“Ho il PD nel cuore, mi prendo 48 ore per decidere”. Così Enrico Letta ha commentato le voci che lo vorrebbero in pole position per la sostituzione di Nicola Zingaretti, l’ex segretario che con un infuocato post su Facebook si è dimesso lo scorso 4 marzo.
Tutto alla fine si deciderà domenica quando si terrà l’Assemblea del Partito Democratico, ma sono tanti i nodi da sciogliere a cominciare dall’eventuale durata del mandato alla guida del Nazareno per l’ex Presidente del Consiglio.
Da quello che è trapleto finora, Letta avrebbe dato la sua disponibilità ma a patto di avere un incarico da segretario e non da reggente, con un ampio mandato fino al 2023 quando da calendario sono in programma le primarie del PD.
Una ipotesi che però non sembrerebbe piacere a Base Riformista, la corrente guidata dal ministro Lorenzo Guerini e considerata la più vicina a Matteo Renzi, che invece vorrebbe per Enrico Letta un incarico da traghettatore fino a un Congresso da fare in autunno, quando potrebbe scendere in campo il Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini.
Letta, il PD e le solite poltrone
Un’altra delle condizioni poste da Enrico Letta per un suo ritorno nel Partito Democratico, in verità di recente ha rifatto la tessera dopo aver sbattuto la porta nel febbraio 2014 a seguito della caduta del suo Governo per mano di Matteo Renzi, è che ci sia sul suo nome un appoggio condiviso.
L’ex Presidente del Consiglio può contare sul fondamentale sostegno di Dario Franceschini, si dice che l’idea sia stata proprio la sua, con anche Nicola Zingaretti e Andrea Orlando che avrebbero dato il loro disco verde.
Nulla in contrario anche da Base Riformista, ma la vera questione è quella relativa a quando ci sarà il prossimo Congresso del Partito Democratico. Letta infatti vorrebbe un incarico fino alla scadenza naturale del 2023, che gli permetterebbe di avere avere le mani libere non solo in vista delle amministrative, ma anche per quando nel 2022 si eleggerà il Presidente della Repubblica e poi l’anno dopo per le elezioni politiche.
Base Riformista invece vorrebbe per lui un ruolo da reggente fino a un Congresso da tenere in autunno, quando la corrente composta in larga parte da ex renziani potrebbe candidare a segretario Stefano Bonaccini.
Il timore degli ex renziani sarebbe quello di finire alla porta quando si dovranno fare le liste per le prossime elezioni, considerando pure la sforbiciata dopo il referendum, mentre i zingarettiani potrebbero avere la stessa paura nel caso in cui Bonaccini dovesse diventare il prossimo segretario.
Se Nicola Zingaretti annunciando il suo addio ha scritto che “mi vergogno che nel PD da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie”, il rischio è che adesso tra i dem dopo le dimissioni la lotta per la sopravvivenza sia diventata ancora più aspra, specie dopo gli ultimi sondaggi che indicano il partito a picco e ormai quarta forza del Paese.
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