Giorgia Meloni ha superato la Lega alle amministrative, mentre Marine Le Pen per i sondaggi al ballottaggio con Emmanuel Macron: tanti voti ma le due leader sovraniste rischiano l’eterna opposizione.
Giorgia Meloni e Marine Le Pen, così simili ma anche così diverse e forse accomunate dallo stesso destino politico: essere le perenni leader dell’opposizione nonostante il forte peso elettorale dei loro partiti.
A dire la verità Giorgia Meloni al governo ci è già stata, fu ministro alla Gioventù dal 2008 al 2011 durante l’ultimo esecutivo Berlusconi, ma adesso si trova alla guida dell’unico partito che in Parlamento non sostiene Mario Draghi.
Alle recenti elezioni amministrative, Fratelli d’Italia ha superato la Lega nella sfida tutta interna al centrodestra, tanto che Meloni ora può in maniera legittima ambire a diventare la prima donna Presidente del Consiglio.
Il sentore però è che alle prossime elezioni, se non verrà cambiata la legge elettorale in favore di un proporzionale puro, il centrodestra non si presenterà comunque unito spianando la strada così a un pareggio elettorale e a un conseguente nuovo Governo di larghe intese dove Fratelli d’Italia difficilmente troverà posto.
Marine Le Pen invece per i sondaggi viene data sicura del ballottaggio alle elezioni presidenziali che in Francia si terranno nel 2022: nel testa a testa con Emmanuel Macron, il Presidente dovrebbe comunque ottenere agevolmente un nuovo mandato.
Meloni e Le Pen: una vita all’opposizione nonostante i sondaggi
Dopo aver “ereditato” il Front National da suo padre Jean-Marie, Marine Le Pen ha cambiato il nome del partito in Rassemblement National e nel 2017 ha sfidato Emmanuel Macron nella corsa per l’Eliseo.
Nonostante il 21,3% incassato al primo turno e i 10 milioni di voti presi al ballottaggio, come sia andata a finire la sfida tra i due lo sanno tutti. Alle europee del 2019 Rassemblement National è stato però il primo partito in Francia con il 23%, superando così En Marche!.
L’ultimo sondaggio in vista delle elezioni presidenziali vede Marine Le Pen sicura perdente in un ballottaggio con Emmanuel Macron, con l’attuale Presidente francese accreditato del 58% nel testa a testa.
Fonte Europa Elects
Anche il prossimo anno la leader di RN potrebbe così mancare l’appuntamento con l’Eliseo, accomodandosi per altri cinque anni all’opposizione: con i Repubblicani che si stanno riorganizzando e da tempo in recupero di consensi, per Le Pen il voto del 2022 appare essere come l’ultima chance per non dover “marcire” perennemente all’opposizione.
Giorgia Meloni invece il suo partito se lo è creato al momento dell’implosione del Popolo della Libertà. Se fino alle politiche del 2018 Fratelli d’Italia era considerato come la terza gamba del centrodestra, ora invece può ambire a guidare la coalizione.
Stando a una regola non scritta del centrodestra, alle prossime elezioni il Presidente del Consiglio indicato dalla coalizione sarà il leader del partito più votato. Se si votasse in questo momento, Giorgia Meloni sarebbe di conseguenza la favorita per Palazzo Chigi.
In Parlamento e soprattutto nei Palazzi che contano, in molti però vedrebbero di buon occhio un prosieguo dell’esperienza del governo Draghi almeno fino al 2026, giusto il tempo per gestire in toto i soldi del PNRR.
Per dare vita a un nuovo Governo tecnico, nel 2023 quando in Italia si voterà per le politiche ma le urne si potrebbero aprire anche con anno di anticipo se Draghi decidesse di traslocare al Quirinale, alle prossime elezioni servirà un pareggio elettorale.
L’unico modo per il centrodestra di perdere le elezioni è quello di presentarsi diviso: Forza Italia da tempo viene data come possibile azionista di maggioranza di un terzo polo centrista con Renzi e Calenda, mentre nella Lega l’ala governista appare sempre più insofferente alle decisioni prese dal gran capo Matteo Salvini.
Giorgia Meloni, al pari di Marine Le Pen, potrebbe ritrovarsi così anche nei prossimi anni a sedere sugli scranni dell’opposizione: anche se i voti non mancano di certo, per le due leader sovraniste i tempi per una salita al potere non sembrerebbero essere ancora maturi e forse mai lo saranno.
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