Il 7 e 8 novembre in occasione degli Stati Generali del Movimento 5 Stelle ci sarà la battaglia finale tra l’asse Grillo-Di Maio e quello Casaleggio-Di Battista: il vero scontro però sarà sulla deroga ai due mandati, il grande fattore che potrebbe radicalmente mutare la natura dei pentastellati.
Dopo mesi di rinvii, dovuti anche all’emergenza coronavirus, alla fine il reggente Vito Crimi ha stabilito che gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle si terranno il 7 e 8 novembre. Terminati i lavori, ci sarà un voto online sul documento finale.
Ancora un mese di tempo prima dello “scontro finale” tra le due parti ormai da settimane in lotta all’interno dei pentastellati: l’asse Casaleggio-Di Battista da una parte e quello Grillo-Di Maio oltre a molti dei restanti big dall’altra.
I temi caldi di un confronto che di recente è salito molto di tono sono diversi: dal mantenimento della figura del capo politico fino al ruolo della associazione Rousseau, senza dimenticare la questione dell’alleanza con il Partito Democratico.
C’è però una questione che nelle discussioni mainstream spesso non viene tirata in ballo: quella della regola dei due mandati, che Casaleggio e Di Battista non vorrebbero cambiare mentre a differenza di chi è alla seconda legislatura.
Movimento 5 Stelle: le due parti in lotta
Gli schieramenti ormai si sono delineati. Beppe Grillo insieme a Luigi Di Maio e buona parte degli esponenti di peso del Movimento puntano al superamento del capo politico, per dare vita a una gestione collegiale meno legata all’associazione Rousseau, aprendo un discorso di entrata nel perimetro del centrosinistra.
Del resto i sondaggi e le recenti amministrative parlano chiaro: soltanto dialogando con il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle può ambire ad avere un rilevante peso politico anche in futuro.
Non sono di questo parere però Davide Casaleggio e Alessandro Battista: il primo infatti vorrebbe mantenere centrale il principio della democrazia diretta, mentre il secondo punta a diventare il prossimo capo politico e non a entrare in un direttorio dove sarebbe comunque in minoranza.
Entrambi poi, pur ribadendo la lealtà al governo Conte, non vogliono dare vita a un’alleanza organica con il PD: per loro il Movimento 5 Stelle deve recuperare lo spirito delle origini, restando alternativo sia al centrodestra che al centrosinistra.
La regola dei due mandati
C’è però un tema che in qualche modo lega tutti questi filoni di discussione: quello della regola dei due mandati. Bisogna infatti ricordare che Di Battista ha svolto solo una legislatura in Parlamento, mentre tutti gli altri big con Di Maio in testa non sarebbero ricandidabili alle prossime elezioni.
La vera sfida potrebbe essere di conseguenza quella sulla deroga: senza un via libera alla possibilità di un terzo mandato, Alessandro Di Battista avrebbe praticamente la strada spianata per gestire le sorti dei grillini nella prossima legislatura.
Il resto poi sarebbe tutto conseguenza come direbbe Nietzsche: con Dibba al timone addio a ogni ipotesi di alleanza con il PD e anche di trasformazione del Movimento in un partito più tradizionale.
Se invece passerà la possibilità di esercitare anche un terzo mandato, come già derogato per i sindaci, allora di Battista sarà destinato a restare isolato nel Movimento e, di riflesso, anche il ruolo di Casaleggio potrebbe essere molto ridimensionato.
A quel punto non sarebbe impensabile l’ipotesi di una scissione, tanto che già si parla di una sorta di battaglia anche legale sulla gestione del simbolo in caso di una separazione tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA