Si sta chiudendo la finestra elettorale per un voto anticipato delle elezioni politiche insieme all’election day: tra legge elettorale e semestre bianco sarà difficile tornare alle urne prima del 2022, ma Giuseppe Conte è sempre in bilico.
Il sogno di Matteo Salvini di portare il Paese alle elezioni anticipate, come ha provato a fare anche un anno fa con la crisi del Papeete, sembrerebbe ormai essere svanito pure questa volta.
Il 20 luglio infatti si chiuderà la finestra elettorale per permettere l’accorpamento di eventuali elezioni politiche con l’election day del 20 e 21 settembre, dato che occorrono 60 giorni per organizzare il voto degli italiani all’estero.
Visto che nonostante i parecchi scricchiolii nella maggioranza giallorossa difficilmente nei prossimi giorni il Presidente Sergio Mattarella scioglierà le Camere, per delle possibili elezioni anticipate tra legge elettorale e semestre bianco se ne potrebbe riparlare nel 2022.
Legislatura di conseguenza praticamente blindata ma Giuseppe Conte ugualmente in bilico, specie dopo l’incontro tra Luigi Di Maio e Mario Draghi e lo sdoganamento di Silvio Berlusconi da parte di Romano Prodi, considerando che si fanno sempre più numerose le voci che vorrebbero un ribaltone a Palazzo Chigi.
Elezioni politiche: perché non si voterà prima del 2022
La scadenza naturale di questa legislatura è quella del marzo 2023, ma da tempo Lega e Fratelli d’Italia forti dei sondaggi e del risultato alle europee del 2019, chiedono con insistenza delle elezioni anticipate che però potrebbero restare essere soltanto un miraggio.
Senza contare la poca voglia dei tanti peones, di tutti i partiti, di abbandonare lo scranno romano dopo soli due anni considerando soprattutto la sforbiciata in arrivo con il referendum, a complicare i piani di Matteo Salvini e Giorgia Meloni ci sono tutta una serie di situazioni.
O il governo cade nei prossimi giorni e il Presidente Mattarella scioglie le Camere prima del 20 luglio, oppure addio a ogni speranza di accorpare le elezioni politiche politiche all’election day del 20 e 21 settembre.
Guardando i sondaggi in merito al referendum sulla riforma del taglio dei parlamentari, appare scontata una vittoria del Sì che produrrebbe, oltre a una diminuzione di 345 tra deputati e senatori a partire dalla prossima legislatura, anche la necessità di modificare la legge elettorale.
Come minimo si dovranno rivedere i collegi, ma l’intenzione del governo è quella di fare una legge elettorale tutta nuova tanto che il Germanicum ideato dal tandem PD-M5S approderà alla Camera il prossimo 27 luglio, anche se si dovranno vincere le resistenze di Italia Viva poco propensa adesso a un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%.
Senza una legge elettorale ben definita non si può tornare a votare, ma questa operazione potrebbe richiedere anche diversi mesi visto che in autunno il governo sarà alle prese con la legge di Bilancio, senza considerare tutti i dubbi legati al coronavirus.
A luglio 2021 poi scatterà il semestre bianco, periodo che precede l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica dove non è possibile sciogliere le Camere. Si arriva così a febbraio 2022, quando mancherà solo un anno al termine della legislatura.
Conte sempre in bilico
Come abbiamo visto sarà difficile poter tornare alle urne prima del febbraio 2022, a meno che il Parlamento approvi in fretta una nuova legge elettorale e una eventuale crisi di governo si vada a materiallizare prima del luglio 2021.
Nonostante queste poche chance per una fine anticipata di questa legislatura, Giuseppe Conte continua a essere a rischio viste le tante trame che ci sarebbero nei corridoi di Palazzo per mandare a casa il premier.
“Di Maio? Farebbe un governo pure con Bokassa, altro che Berlusconi, per togliere Conte da Palazzo Chigi”. Questa è la battuta attribuita a un ministro riportata dal Fatto Quotidiano, che arriva dopo l’ammissione di un incontro tra il pentastellato e Mario Draghi.
Proprio l’ex numero uno della BCE è da tempo indicato come un papabile premier di un governo di unità nazionale per gestire la crisi dovuta al COVID, ma di lui si parla anche per la partita in merito al Quirinale.
Un tracollo alle elezioni regionali di settembre o un poco conveniente accordo a Bruxelles in materia di Recovery Fund, potrebbero di conseguenza essere fatali a Conte con diversi cospiratori che sarebbero in attesa solo della classica pistola di Sarajevo.
I possibili governi alternativi
Le ipotesi per un nuovo governo in sostanza sono due. La prima è quella di una maggioranza sempre giallorossa ma con un dem a Palazzo Chigi, con alcuni azzurri a dare manforte specie al Senato dove i numeri sono ballerini sancendo così un patto di non aggressione con Forza Italia, che rimarrebbe comunque all’opposizione.
La seconda è quella di un governo di unità nazionale, che comprenda anche la parte più moderata della Lega oltre a Forza Italia e ai centristi, ma questa prospettiva andrebbe di fatto a spaccare sia i 5 Stelle che il Carroccio.
Se da una parte ci sono molti settori che spingono per un cambio di premier e di governo, dall’altra c’è però una oggettiva difficoltà numerica a trovare una maggioranza alternativa a quella attuale.
Forte anche della sua popolarità, Giuseppe Conte spera di restare ancora in sella nonostante le trame che vedrebbero coinvolti anche pezzi del Movimento 5 Stelle, per delle machiavelliche tattiche politiche che si sperava, almeno in questo periodo di emergenza, potessero essere state messe da parte.
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