Una norma che regoli la morte volontaria medicalmente assistita è attesa da anni dopo le sentenze dei giudici e della Corte Costituzionale che ne hanno sancito la necessità. Ma il testo giace alla Camera. Per l’ostruzionismo di una parte politica. Ecco quale e perché
Il 28 aprile 2021 Marco Cappato e Mina Welby sono stati assolti «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di omicidio del consenziente nei confronti di Davide Trentini, malato di Sla deceduto in Svizzera, dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano. Poco più di un anno prima un’altra corte aveva assolto ancora Cappato nel caso di Dj Fabo mentre la Consulta, in una sentenza storica, aveva definito «non punibile, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
Eppure la legge sul suicidio assistito, così come il Ddl Zan, è attualmente bloccata alla Camera. Per l’ostruzionismo del centrodestra.
Non solo Ddl Zan: perché la legge sul suicidio assistito è ferma in Parlamento
Con ordine. Il testo base della legge sul suicidio assistito aveva come relatore e correlatore rispettivamente il Pd Alfredo Bazoli e il M5s Nicola Provenza. È stato scritto proprio in base alla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha detto la sua sul caso Cappato. La Consulta ha «subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente».
E il testo di Bazoli e Provenza - unificato con una proposta di iniziativa popolare - vuole cristallizzare questo principio.
L’articolo 1 sancisce che «ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o di terapia nutrizionale».
L’articolo 2 definisce la morte volontaria medicalmente assistita come il decesso provocato da un atto volontario, dignitoso e consapevole che abbia la supervisione del Servizio Sanitario Nazionale.
L’articolo 3 enumera i soggetti che possono fare richiesta di «morte volontaria medicalmente assistita»:
- devono essere maggiorenni,
- capaci di intendere e di volere,
- affetti da sofferenze fisiche o psicologiche ritenute impossibili da sopportare, la patologia deve essere irreversibile o a prognosi infausta, così come la sua condizione clinica,
- il paziente deve aver rifiutato le cure palliative ed essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.
La richiesta, normata all’articolo 4, deve essere informata, consapevole, libera ed esplicita ed indirizzata o al medico che ha in cura il paziente o a uno di sua fiducia.
Gli altri quattro articoli disciplinano le modalità di conseguimento del suicidio assistito, istituiscono comitati per l’etica nella clinica presso le Aziende Sanitarie Locali, escludono la punibilità di medici e personale sanitario che hanno dato corso alla procedura.
La legge sulla morte volontaria medicalmente assistita ferma alla Camera
Perché il centrodestra blocca la legge sulla morte volontaria medicalmente assistita alla Camera? Ufficialmente al centro della contesa c’è il fatto che sia il relatore che il correlatore fanno parte della maggioranza che ha retto il governo Conte bis. E quindi attualmente non rispecchiano la composizione dell’attuale maggioranza.
A sollevare l’argomento all’inizio di maggio è stato il capogruppo della Lega in Commissione Giustizia Roberto Turri. E proprio il Carroccio ha dimostrato in questi anni un atteggiamento ondivago nei confronti della tematica. Lo stesso Turri, che era stato nominato relatore all’epoca del governo Lega-M5s, aveva prima affermato che la Lega non aveva preconcetti sull’eutanasia. Poi però fece naufragare la discussione sulla legge, forse anche per le prime frizioni che si andavano osservando tra i due partiti e che presto sarebbero sfociate nella crisi del Conte I.
Matteo Salvini invece aveva rivolto una preghiera per Dj Fabo all’epoca in cui Fabiano Antoniani era stato accompagnato in Svizzera da Cappato per porre fine alla sua vita. Nel 2019 aveva però cambiato idea, sostenendo che bisognasse occuparsi non del fine vita «ma degli italiani che stanno vivendo». Dopo la sentenza della Consulta Salvini aveva criticato il «suicidio sancito per legge». Anche i deputati Lorenzo Fontana e Simone Pillon hanno dimostrato ostilità nei confronti della norma. Invece si è schierato pubblicamente a favore il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ma la sua presa di posizione risale al 2017.
Nel frattempo il 20 aprile scorso Cappato ha depositato in Cassazione la richiesta per un referendum che abroghi il reato di omicidio del consenziente. Legalizzando così di fatto l’eutanasia al di là delle sentenze ma creando un vuoto legislativo sulle modalità che potrebbe generare un Far West. Assieme all’Associazione Luca Coscioni c’erano Filomena Gallo, Mina Welby, Marco Perduca e Rocco Berardo, insieme a rappresentanti del Comitato Promotore del quesito.
E mentre la Consulta sancisce e il referendum marcia verso le urne - con tutte le incognite del caso - la politica italiana ancora una volta latita. Dimenticando Piergiorgio Welby, Davide Trentini, Dj Fabo e tutti coloro che sono morti soffrendo o hanno posto fine alla propria sofferenza tra mille difficoltà per l’assenza di una legge e mandando a processo chi li ha accompagnati. La lunga strada dei diritti civili in Italia somiglia a una Via Crucis.
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