Molti sono i lavoratori che, soprattutto in questo periodo di crisi del lavoro, si stanno vedendo offrire dal proprio datore di lavoro un incentivo per lasciare il lavoro. Se l’incentivo si accetta quando si è relativamente vicini al pensionamento come influisce sulla decorrenza del trattamento previdenziale?
Rispondiamo al riguardo ad un lettore di Money.it che ci scrive:
“Buongiorno, nato il 10.7.1965 e con primi contributi da lavoratore dipendente privato da ottobre 1992, dovrei totalizzare 28 anni di contributi al 31.12.2020, incluso 1 anno di servizio militare riscattato.
Domanda: rientrando nel calcolo c.d. «misto» della pensione , accettando una uscita incentivata e facendo 24 mesi di naspi, quando può decorrere la data di percezione di un assegno di pensione?”
Uscita incentiva, Naspi e pensione
Avendo da poco compiuto i 55 anni di età e potendo vantare un totale di 28 anni di contributi, pur accettando l’uscita incentivata, una volta terminata la fruizione della Naspi dovrà attendere circa 10 anni per poter percepire la pensione.
Nel suo caso, infatti, non vi è possibilità di rientrare in nessuna forma di anticipo pensionistico vista la sua giovanissima età e visto il numero di anni di contributi. Non rientra, al contempo, neanche volendo nello scivolo di 7 anni previsto dall’isopensione (che avrebbe, in ogni caso, dovuto attuare il suo datore di lavoro a sue spese provvedendo a erogarle non solo la pensione nei 7 anni di anticipo ma anche continuando a versare i contributi per tutto il periodo).
Pur fruendo, infatti, della Naspi per 24 mesi arriverebbe all’età di 57 anni avendo 30 anni di contributi e nessuna misura previdenziale le permetterebbe l’accesso alla quiescenza. Proprio per questo motivo per accedere al pensionamento dovrà attendere di compiere gli anni necessari per il diritto alla pensione di vecchiaia.
Nel 2021 è necessario compiere i 67 anni ma non escludo che nel corso dei 12 anni che la separano dalla quiescenza i requisiti di accesso siano cambiati per adeguamento alla speranza di vita Istat (sono previsti aumenti, infatti, già a partire dal 1 gennaio 2023 se non interviene una norma che li blocchi).
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