Vuoi sapere dove sarà il prossimo golpe? Chiedi al tuo smartphone, è il mandante

Mauro Bottarelli

8 Settembre 2021 - 07:30

Prima il petrolio, ora le terre rare. La dittatura tech non impone solo un ordine finanziario, anche geopolitico: l’accesso a metalli e minerali influenza i grandi players. E le mosse dei loro proxy

Vuoi sapere dove sarà il prossimo golpe? Chiedi al tuo smartphone, è il mandante

Le implicazioni economiche degli avvenimenti geopolitici sono ormai parte integrante delle analisi di mercato. Un cambio di regime, un golpe, un’offensiva terroristica che destabilizzi lo status quo di un Paese, infatti, rappresentano altrettanti aghi della bilanci che possono spostarsi a favore di uno o l’altro dei grandi player globali e degli equilibri sottostanti. Se un Paese ricco di petrolio precipita nel caos, tutto il mondo è interessato dall’impatto che le variazioni della sua produzione potranno avere sulla fornitura.

Ultimamente, stante anche le dinamiche asfittiche del greggio e la conseguente perdita di peso del petro-dollaro come processo di finanziamento dei mercati finanziari tramite reinvestimento di royalties, sono le terre rare a essere terminate nel mirino degli analisti, poiché fondamentali per tutto ciò che riguarda il comparto tech e per il processo di riconversione verde del settore automotive. Praticamente, il sacro Graal del mondo 2.0. E’ stato così subito dopo la presa del potere in Afghanistan e, ancora più di recente, dopo il golpe in Guinea. Entrambi, non a caso, Paesi ricchi di risorse minerarie di importanza sistemica.

Tutto vero e sacrosanto, oltretutto alla base anche di un diffuso approccio di sostenibilità civile al consumo. Se un determinato bene implica sfruttamento del lavoro, finanziamento implicito di regimi illiberali o peggio ancora colonizzazione mascherate di interi Continenti, l’Occidente tende a sensibilizzare. E sensibilizzarsi. Siamo proprio sicuri? Primo, questa tabella mostra

Export cinese di terre rare Export cinese di terre rare Fonte: Visual Capitalist/CSIS

il ruolo di assoluto kingmaker della Cina rispetto all’export globale di terre rare, già consolidato oggi. Difficile, quindi, pensare che Pechino si sia imbarcata in un’avventura dagli effetti indesiderati potenzialmente altissimi come la presenza economica in Afghanistan, unicamente per lo sfruttamento di un materiale certamente esiziale per il futuro ma che, ad esempio, ha visto gli americani abbandonare il campo. Se fosse stato così semplice mettere le mani su quelle risorse, forse la Casa Bianca avrebbe ragionato in modo diverso.

Secondo, la fame globale di smartphone. Nonostante il Covid e la carenza di chip, quel mercato non conosce crisi. Stando a stime della IDC, quest’anno si chiuderà con una crescita del 7,4%, qualcosa come 1,37 miliardi di unità. E se i principali mercati del mondo come Cina, Usa e Ue appaiono in fase di saturazione, quelli emergenti stanno operando da off-setting in positivo per le vendite. Ma è questo grafico

Quote di mercato smartphone per categoria Quote di mercato smartphone per categoria Fonte: IDC

a mostrare il trend più interessante: a recitare la parte del leone sono i modelli 5G, i più moderni e sofisticati e con un prezzo medio in area 634 dollari. E la dinamica è confermata implicitamente dal calo netto dell’ASP (Average Selling Price) dei modelli precedenti, i 4G, sceso nel corso di quest’anno a 206 dollari medi contro i 277 dollari del 2020.

Con la categoria 3G ormai in estinzione, le vendite di modelli 5G si avvicineranno quindi alla metà del totale con 570 milioni di unità nel 2021 ma già dal prossimo anno si arriverà a un 54,1% di share. E non basta. Sempre stando alla ricerca di IDC, il comparto cosiddetto premium - ovvero con costo medio pari o superiore a 1.000 dollari - nel secondo trimestre di quest’anno ha vissuto un vero e proprio periodo d’oro, segnando un +116% su base annua. Insomma, la richiesta non manca e soprattutto si punta sempre a modelli più sofisticati. Nemmeno a dirlo, i metalli cosiddetti critici divengono sempre più di fondamentale importanza per assemblare prodotti che vadano incontro alle esigenze dei consumatori.

Queste due infografiche

Metalli contenuti in uno smartphone Metalli contenuti in uno smartphone Fonte: Visual Capitalist/University of Birmingham
Metalli contenuti in uno smartphone - 2 Metalli contenuti in uno smartphone - 2 Fonte: Visual Capitalist/University of Birmingham

parlano chiaro e sembrano paradossalmente offrirci una sorta di mappa anticipatoria delle prossime crisi geopolitiche: come dire, segui il minerale più richiesto e scoprirai quale Stato è a maggior rischio di destabilizzazione per accaparrarsi le sue risorse. Ad esempio, le terre rare sono alla base di una maggior gamma di colori dello schermo: ogni volta che un selfie viene scattato con risoluzione degna di Helmut Newton, ecco che il pensiero dovrebbe paradossalmente correre alle dinamiche di sfruttamento che hanno portato a quel risultato. Nelle nostre tasche, piaccia o meno, c’è parte del destino di molti Paesi. E altrettanti popoli.

E il perché rappresenta il terzo punto del ragionamento, racchiuso in questi grafici:

Capitalizzazione combinata dei colossi tech Capitalizzazione combinata dei colossi tech Fonte: Bloomberg
Capitalizzazione congiunta di Apple, Alphabet, Amazon e Facebook Capitalizzazione congiunta di Apple, Alphabet, Amazon e Facebook Fonte: Y Charts

il primo mostra come, ad oggi, il cosiddetto portfolio tech americano denominato FANGMAN (Facebook, Apple, Nvidia, Google, Microsoft, Amazon, Netflix) viaggi su una capitalizzazione congiunta di 10,3 trilioni di dollari. Di fatto, si sta mangiando il mercato. La seconda immagine, invece, mostra come soltanto Apple, Alphabet, Amazon e Facebook oggi viaggino su un market cap combinato di 7,3 trilioni di dollari, più delle 2.187 compagnie che compongono l’indice Topix giapponese. Il tech governa il mondo. E per farlo, ha bisogno di materiali sempre più rari. E in quantità industriale, stante la richiesta in costante aumento ed espansione geografica.

E cosa ha garantito a quel mercato una capitalizzazione simile, solo le vendite che a loro volta hanno messo le ali all’espansione dei multipli di utile per azione? Lo mostra plasticamente questo ultimo grafico:

Correlazione fra Qe e market cap del comparto tech Correlazione fra Qe e market cap del comparto tech Fonte: Bank of America

stando a calcoli di Bank of America, le Banche centrali glovali hanno acquistato assets finanziari per 834 milioni di dollari ogni ora dall’inizio della pandemia. E ogni ora, il market cap dei titoli azionari tech è cresciuto di 780 milioni. Di fatto, la pur sacrosanta passione del mondo per la tecnologia sta sottotraccia operando da un lato come driver degli interessi - più o meno confessati e confessabili - delle grandi potenze verso aree del mondo in grado di soddisfare la richiesta di metalli rari.

Dall’altro sta implicitamente fornendo un alibi alle Banche centrali per proseguire nella loro espansione della bolla equity. Poiché raggiunti certi livelli, un taper potrebbe significare il dèjà vu del 1999-2000. Nelle nostre tasche, sul tavolo dello studio o dell’ufficio, sul mobiletto del salotto sta poggiata una frazione dei destini del mondo. Nessun populismo anti-consumistico o pauperismo anti-tecnologico, anzi. Solo una constatazione: forse, la passione è divenuta ossessione. Con tutte le conseguenze che un simile sentimento amplificato su scala di massa può generare.

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