Si cerca di calcolare il danno del Green pass per le tasche dei lavoratori italiani: una lettura delle stime dei sindacati e dei dati dell’Inps.
Il tema del Green pass sul lavoro sembra aver totalizzato l’attenzione mediatica, ma la questione ha un’effettiva ricaduta sull’economia di molti nuclei familiari.
Con l’introduzione delle nuove regolamentazioni per tutte le categorie professionali del paese, le prime conseguenze non tardano ad arrivare. Si parla sempre di più di mancata retribuzione per tutti i lavoratori non vaccinati sebbene il fenomeno dell’assenteismo sia ben più vasto e soprattutto difficile da indagare.
Sebbene arrivino in nostro soccorso sia i dati raccolti in queste settimane dall’Inps che i report dei sindacati e delle associazioni di categoria, questi numeri ci restituiscono solo una parte del quadro complessivo e soprattutto non possono prevedere le perdite future per le tasche di quei lavoratori in attesa della propria dose o ancora contrari all’inoculazione.
La scappatoia: boom di richieste ferie e malattia
Negli ambienti in cui invece non si può sfuggire al controllo si ricorre spesso alla richiesta di ferie o giorni di malattia, ne parla l’Inps.
L’escamotage di fingersi malati ad esempio è molto diffuso: dal 15 ottobre a oggi, i certificati per malattia “sospetti” avrebbero superato quota 50mila. La diffusione della pratica è capillare ma la provincia di Bolzano guida la graduatoria con 42.150 No vax. Seguono la Sicilia con 204.605 lavoratori senza vaccino e le Marche con 91.105 lavoratori non immunizzati.
In questo caso però si auspica un calo del fenomeno visto che i giorni di malattia, così come le ferie, non sono illimitati e, sul lungo periodo pochi possono permettersi il lusso di un tampone ogni 48 o 72 ore.
Situazione difficile da monitorare
Se da un lato fare la conta dei lavoratori senza Green Pass a partire dalle assenze sul lavoro può essere un’attività relativamente semplice, dobbiamo tener conto anche dei numerosi casi non ancora intercettati o non intercettabili in assoluto.
Le possibili perdite economiche per i lavoratori sprovvisti di pass non toccano infatti la realtà di alcune categorie di professionisti. I settori in questione sono prevalentemente due: i posti di lavoro dove ci si affida al controllo a campione e il lavoro domestico.
Il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre Paolo Zabeo denuncia per primo l’estrema rischiosità del sistema delle verifiche a campione dove solo un dipendente su cinque deve esibire il lasciapassare. Sanzionare i No Green pass diventa arduo in quel caso e molti negazionisti possono continuare ad esercitare, pur rappresentando un possibile veicolo di contagio, senza alcun rischio per le proprie buste paga.
La vicenda si fa poi più marcata nell’ambito del lavoro domestico dove operare delle verifiche è veramente impensabile. Stando a una stima approssimativa dell’Osservatorio Domina però in Italia oltre 50 mila badanti conviventi oggi sono sprovviste del Green pass di lungo periodo, ovvero quello legato alla somministrazione del vaccino.
Ci sono infine i casi limite come quelli degli agricoltori e dei conducenti di mezzi di trasporto; circa 80mila senza lasciapassare in entrambi i casi. Di questi quasi diecimila hanno deciso di non piegarsi nemmeno ai tamponi, anche perché spesso non viene neppure richiesto loro di presentarlo.
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Il danno economico c’è: i lavoratori senza retribuzione
Il valore concreto della perdita però esiste e si registra a discapito di tutte queste eccezioni. Ci sono infatti anche molti italiani a casa senza stipendio. Le stime dei sindacati parlano di 100mila persone nella prima settimana.
Sebbene per la Cgia di Mestre sono poco meno di 2,7 milioni gli occupati non vaccinati, 350mila sono esentati e 1,3 milioni che si sottopongono regolarmente a test anti-Covid per ottenere semaforo verde al lavoro.
Restano fuori solo i soggetti sprovvisti di certificazione non intenzionati ad ottenerla o interdetti momentaneamente dalle lunghe attese per i tamponi che, in alcuni casi, fanno anche sentire la propria voce. Il caso più emblematico è quello dei portuensi (tra cui i no vax sarebbero tra il 30 e il 40 per cento) che, come dimostrato dalle proteste a Trieste, chiedono a gran voce al governo di abolire del tutto la misura del pass.
La risposta del governo, dopo il primo spiraglio aperto dal ministro per le Politiche agricole Stefano Patuanelli, vira ora verso l’assoluta contrarietà nella voce del sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Nessuno spazio» è il verdetto finale.
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