Renzi attacca sull’Iva, ma le clausole sono eredità del suo governo

Alessandro Cipolla

7 Ottobre 2019 - 11:05

Renzi alza il muro sul possibile aumento selettivo dell’Iva, comunque non previsto al momento, ma le attuali clausole di salvaguardia pendenti sono state messe dal suo governo con i gialloverdi che poi le hanno aumentate.

Renzi attacca sull’Iva, ma le clausole sono eredità del suo governo

Il piano di Matteo Renzi finora sta funzionando alla meraviglia, con le sue machiavelliche trame iniziate ad agosto e già ampiamente oggetto di autoelogio che magari in futuro saranno il tema delle conferenze tenute dall’ex premier in giro per il mondo, al momento tutte incentrate sul mirabolante cambiamento portato nel nostro Paese dal cosiddetto “governo dei mille giorni”.

In queste settimane stiamo quindi assistendo al teatrino di Italia Viva che attacca il resto del governo sul tema dell’aumento selettiva dell’Iva, provvedimento che però non è stato inserito dall’esecutivo all’interno della nota di aggiornamento al Def già recapitata a Bruxelles.

La strategia di Renzi appare essere chiara e anche poco originale, visto che è uguale a quella messa in atto da Salvini quando era al governo con i 5 Stelle: fare una sorta di opposizione interna per avere una grande visibilità mediatica e aumentare i consensi del suo nuovo partito che ancora non sembrerebbe decollare stando ai sondaggi.

L’ex sindaco di Firenze quindi si è ora eretto a paladino dello stop all’aumento dell’Iva, per altro non previsto al momento nella legge di Bilancio 2020, dimenticando però di dire che le clausole di salvaguardia pendenti sono sostanzialmente una eredità del suo governo.

Renzi e l’aumento dell’Iva

L’Italia ha un grosso problema: per evitare l’aumento dell’Iva ordinaria dal 22 al 25,2% e di quella ridotta dal 10 al 13%, entro il 31 dicembre 2019 dovranno essere trovati 23,07 miliardi mentre la cifra sale a 28,75 miliardi per quanto riguardo il prossimo anno.

Si tratta delle tristementi famose clausole di salvaguardia, che scattano a inizio del nuovo anno se non vengono disinnescate nella manovra economica. Per evitare l’aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina, il neonato governo Conte bis nella nota di aggiornamento al Def ha messo nero su bianco la volontà di sterilizzare in toto quelle riguardanti il 2020.

Visto l’alto conto da pagare, 23 miliardi, una parte del PD aveva pensato a un aumento selettivo che avrebbe colpito alcuni beni considerati di lusso ma che godono del regime di Iva ridotta, con la riduzione al tempo stesso dell’aliquota per altri prodotti come pannolini e assorbenti.

Alla fine però il governo giallorosso ha scelto di evitare ogni aumento dell’Iva viste le pressioni di 5 Stelle e Italia Viva, intenti a non prestare il fianco agli attacchi del centrodestra visto il clima da perenne campagna elettorale oltre all’avvicinarsi delle fondamentali elezioni regionali.

Polemiche chiuse all’interno della maggioranza? Neanche per sogno, visto che Matteo Renzi ha continuato a martellare sulla necessità di uno stop all’Iva, già previsto, come se nella nota di aggiornamento al Def fosse stato scritto il contrario.

Tutta questa vicenda assume dei contorni grotteschi se pensiamo che, queste esose clausole di salvaguardia che pendono sul capo del Paese, sono state sostanzialmente inserite proprio dal governo Renzi per finanziare le misure sul lavoro.

L’eredità del governo Renzi

Il primo governo a inserire delle clausole di salvaguardia in Italia fu quello Berlusconi nell’agosto 2011, con 20 miliardi di aumenti che sarebbero scattati a fine anno se non fossero state trovate le coperture necessarie per disinnescare questa sorta di bomba a orologeria.

I successivi governi Monti e Letta hanno poi provveduto alla sterilizzazione delle clausole pendenti, anche se l’esecutivo guidato dall’esponente dem fu costretto ad aumentare di un punto percentuale l’Iva che passò dal 21 all’attuale 22%.

Fonte La Repubblica

Le clausole attualmente pendenti, quelle relative al 2020 e al 2021, sono invece state inserite come si può vedere dalla tabella pubblicata a fine agosto da Repubblica dal governo presieduto da Matteo Renzi.

Nella legge di Bilancio dello scorso anno il governo sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle ha sterilizzato completamente la clausola pendente per il 2019, aumentando però quella per il 2020 di 3,9 miliardi e di ben 9,2 miliardi quella per il 2021.

Come uno smottamento che con il passare del tempo si è ingrandito sempre di più fino a diventare una slavina, le clausole di salvaguardia sono aumentate negli ultimi anni senza che questa valanga di soldi spesi in mancanza di adeguate coperture economiche siano serviti a rilanciare il Paese.

L’unico governo che ha cercato di sterilizzare le clausole pendenti senza aumentare quelle previste negli anni successivi è stato quello Gentiloni, autore di una manovra prudente invece che espansiva.

Il paradosso quindi è che ora Renzi sta facendo una sorta di battaglia contro un possibile aumento dell’Iva, non previsto, in fondo creato proprio dal suo governo: se Italia Viva vuole continuare a seguire il copione recitato della Lega nei quindici mesi dell’esperienza gialloverde, il Conte bis difficilmente arriverà al termine della legislatura.

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