Rischio epidemia in Ucraina: con la guerra più spazio alle malattie infettive

Chiara Esposito

20 Marzo 2022 - 19:10

Il sistema sanitario dell’Ucraina è allo stremo e si teme un’ondata di nuove epidemie virali; il Covid-19 è solo una parte del problema.

Rischio epidemia in Ucraina: con la guerra più spazio alle malattie infettive

La minaccia a cui devono far fronte i cittadini dell’Ucraina non è solo quella degli assalti delle forze armate russe: il rischio di una nuova emergenza sanitaria è concreto, ora più che mai.

Il Covid-19 è ancora presente a livello globale, ma ha modo di proliferare e diffondersi con maggior facilità soprattutto laddove il distanziamento è reso impossibile, i sistemi di tracciamento vanno in tilt e, sopratutto, le condizioni igienico sanitarie sono messe a dura prova. Senza contare che, prima dello scoppio della guerra, l’Ucraina si attestava come uno degli Stati con i più bassi tassi di vaccinazione anti-Covid al mondo.

Questo però non consente soltanto l’ampia diffusione del contagio da SARS-CoV2 bensì anche il proliferare di altre epidemie come quella del morbillo e della poliomielite.

L’Oms, guardando ai numeri attuali e allo storico delle recenti campagne d’immunizzazione interrotte, lancia quindi l’allarme e propone diverse vie d’interventismo per frenare almeno in parte la nascita di altri focolai e il radicamento di ulteriori malattie infettive.

La condizione vaccinale ucraina e non solo

Il tasso di vaccinazione contro il Covid-19 in Ucraina è del 34% secondo Our World in Data. Più precisamente il 65% se si guarda alla sola popolazione di Kiev, ma giù fino ad un blando 20% in altre regioni. Le percentuali, riferite da Jarno Habicht, capo dell’ufficio dell’Oms in Ucraina, vanno ora contestualizzate alle difficili condizioni di vita della popolazione.

Già durante le prime notti dell’invasione le fermate delle metropolitane erano luoghi di assembramenti in piena regola, oggi invece ci si continua ad accalcare nelle stazioni per fuggire o negli scantinati e nei rifugi temporanei con pochissima possibilità di mantenere la distanza minima di sicurezza. Gli sfollati interni che stanno finendo le scorte a causa dell’interruzione delle linee di approvvigionamento sono 6,7 milioni.

A questi dati si collega poi il pericolo del collasso del sistema sanitario, oggi già in stato emergenziale. Gestire feriti di guerra e malati ordinari è un’impresa, senza contare le bombe che piovono indiscriminatamente anche su questi edifici tanto cruciali.

Tutto questo però potrebbe avere un impatto ben oltre i confini del Paese. Quasi 3 milioni di persone (2,7 milioni secondo le stime ONU) sono già fuggite dirigendosi spesso verso nazioni con tassi d’immunizzazione altrettanto scarsi.
Secondo gli ultimi report diffusi dall’Oms e riportati dalla CNN, in Ucraina e nei Paesi limitrofi tra il 3 e il 9 marzo sono stati confermati 791.021 nuovi casi di Covid-19 e sono stati registrati 8.012 decessi.

Insomma, se prima del 24 febbraio scorso l’Ucraina stava uscendo dalla fase peggiore dell’ondata di Omicron, oggi Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea come questi valori siano tristemente destinati a salire.

Non solo Covid: gli altri rischi infettivi

Ma come abbiamo detto non si tratta solo di Covid. Gli esperti ricordano infatti che senza acqua e senza servizi igienici adeguati le malattie diarroiche hanno ampia diffusione mentre, stando a quanto riportato dalla rivista Nature, sono ancor più temibili e probabili le epidemie di poliomielite e morbillo.

Entrambi i fenomeni virali hanno a che fare con le condizioni sanitarie pre-invasione. L’Ucraina era infatti alle prese con un focolaio di poliomielite e, parallelamente, con una campagna vaccinale mirata. Quest’ultima, bruscamente interrotta, aveva preso il via appena l’1 febbraio ed era destinata a proteggere 140.000 bambini. Con la guerra è venuta inoltre a mancare la sorveglianza sull’andamento del contagio, l’aspetto più critico secondo i comunicati del Global Polio Eradication Initiative, il progetto dell’Oms dedicato proprio al contrasto di questa malattia.

C’è poi il problema del morbillo che, secondo James Goodson del Centers for Disease Control and Prevention (USA), a causa della sua contagiosità è sempre una delle prime preoccupazioni in qualsiasi crisi umanitaria. L’esempio più recente è un grande focolaio accesosi proprio in Ucraina nel 2017 che ha continuato a rimanere attivo fino al 2020 con oltre 115.000 casi.

Come prevenire e intervenire

L’Oms sta cercando di fare di più e secondo Heather Papowitz, crisi manager dell’organizzazione, la risposta è “cercare di fornire vaccini per morbillo, poliomielite e Covid”. Si sta quindi lavorando strenuamente «per garantire un flusso costante di forniture sanitarie ai paesi vicini all’Ucraina affinché dispongano delle infrastrutture e delle competenze per soddisfare i bisogni urgenti dei rifugiati e per supportare il sistema sanitario nazionale».

Da quando l’accesso alle vaccinazioni e ai servizi sanitari essenziali è precipitato l’ente e i suoi partner non possono che agire per via traverse. Implementata in questi giorni è la fornitura di generatori di ossigeno e alimentazione elettrica nelle strutture sanitarie, defibrillatori, monitor, farmaci anestetici, garze e bende.

Dal punto di vista dei semplici cittadini è Rosario Valastro, vicepresidente della Croce Rossa Italiana a chiarirci le idee:

«Siamo consapevoli che la maggior parte delle persone preferisce donare cose e non soldi, ma nelle zone di confine non c’è penuria di cibo e le spese sono una voce rilevante quando si opera in campo umanitario: un pacco di pasta acquistato in Italia – a cui vanno aggiunte le spese di viaggio – costa molto di più che nei paesi di confine, dove noi possiamo fare acquisti con i fondi raccolti».

Per esperienza insomma Valastro parla di organizzare raccolte di beni materiali solo nel caso in cui si tratti di farmaci o, altrimenti, preferire di gran lunga donazioni in denaro.

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