La Russia tra possibile default e crollo del Pil: un’analisi del prof. Resti (Università Bocconi)

Violetta Silvestri

06/06/2022

Un default ancora possibile, una banca centrale pragmatica e un’economia reale in bilico: la Russia si muove sull’orlo del baratro? Risposte e analisi nell’intervista al prof. Andrea Resti.

La Russia tra possibile default e crollo del Pil: un’analisi del prof. Resti (Università Bocconi)

Default della Russia, rafforzamento del rublo e reali effetti delle sanzioni sull’economia di Mosca: da settimane ormai analisti, economisti e governanti del mondo dibattono su questi temi cruciali.

Dall’invasione dell’Ucraina a fine febbraio fino a oggi, Putin ha cercato di gestire i conti della nazione con interventi mirati sui capitali e attraverso decisioni ad hoc della banca centrale.

Sotto i riflettori, comunque, rimane un tema chiave: la potenziale insolvenza russa e la dichiarazione di un default. Le ultime notizie raccontano che la Russia avrebbe dovuto pagare gli interessi obbligazionari il 27 maggio per 71,25 milioni di dollari e 26,5 milioni di euro.

Il Paese ha comunicato di aver trasferito il denaro al National Settlement Depository, ma le sanzioni probabilmente gli hanno impedito di progredire ulteriormente. Per evitare l’insolvenza, il denaro deve finire nei conti degli obbligazionisti entro un periodo di grazia di 30 giorni.

Cosa accadrà e qual è il quadro attuale delle finanze e dell’economia russa? Money.t ha intervistato il professore di Finanza dell’Università Bocconi Andrea Resti, che ha fornito interessanti risposte per fare il punto su oggi e sul prossimo futuro.

La Russia può ancora fallire e attenzione al Pil: l’intervista al prof. Resti

Uno dei temi che hanno maggiormente stupito sullo stato di salute finanziario della Russia è stato quello del recupero del rublo. Come è stato possibile?

Il professor Andrea Resti offre un’analisi sintetica e chiara:
“L’iniziale crisi del rublo era motivata dalle attese di una profonda crisi economica interna, dal sequestro delle riserve valutarie russe all’estero e dalle manovre di cittadini russi facoltosi che portavano in salvo i propri capitali. Il recupero è dovuto alla sostanziale tenuta del sistema bancario e, soprattutto, ai consistenti afflussi di valuta pregiata, che consentono di sostituire le riserve detenute all’estero e congelate dai governi occidentali sin dai primi giorni della guerra.”

In questo contesto, un ruolo importante è stato finora giocato dalla banca centrale, che sta prendendo diverse decisioni, anche straordinarie, come l’ultimo taglio dei tassi. Questo, anche per freddare il record del rublo.

Sui prossimi target dell’istituto e su come si muoverà, Resti ha ipotizzato che le linee guida saranno “prontezza e pragmatismo...per utilizzare nuovamente l’arma dei tassi per stroncare spirali speculative e fiammate inflazionistiche, ma anche ad abbassare il costo del denaro non appena possibile, verso i livelli pre-bellici, in modo da dare ossigeno a un’economia in difficoltà. È un paradosso, ma la politica monetaria può funzionare meglio in un regime dittatoriale, dove le decisioni vengono prese in poche ore con la benedizione del governo, di quanto non accada nell’area dell’euro, dove è necessario costruire il consenso tra Paesi diversi e gestire le aspettative del mercato.”

Ma sarà davvero possibile per Mosca evitare il fallimento?
“Il default russo è principalmente un fatto tecnico, legato al funzionamento delle sanzioni”, precisa innanzitutto il professore, che aggiunge:

“Se le autorità statunitensi proibiscono i pagamenti provenienti dalla Federazione Russa, riducendo le eccezioni e le possibilità di triangolazione, è solo questione di tempo prima che una cedola resti impagata, facendo scattare il default. Sempre che, nelle pieghe dei regolamenti dei titoli pubblici russi, non si trovi la scappatoia per accontentare i creditori, per esempio bonificando euro a Zurigo se è vietato consegnare dollari a New York.”

Lo sguardo, però, si posa inevitabilmente anche sulle condizioni attuali e future dell’economia reale, considerando anche il peso delle sanzioni. Sul punto, il professor Resti non è così ottimista sul destino russo:

“La Russia non importava dall’occidente solo borsette di Gucci, ma anche semilavorati e componenti tecnologici per le sue produzioni domestiche. L’embargo parziale deciso dai Paesi NATO e il graduale abbandono della Federazione Russa da parte di molte multinazionali occidentali non strozzeranno l’economia, ma la costringeranno a ripensare le sue filiere produttive e i suoi canali di approvvigionamento, con un aggiustamento che non sarà indolore.”

La Banca Mondiale, ricorda il professore, stima una riduzione del Pil superiore al 10% e un calo degli investimenti oltre il 20% che avrà effetti prolungati sulla produttività e la competitività del sistema economico.

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