Perché è così difficile prendere posizione in Italia senza che nessuno si senta offeso? Ce lo racconta Giovanni Scifoni nel suo libro.
Parte dell’articolo 21 della nostra amata Costituzione recita “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.” Eppure quando tentiamo di dire la nostra al di fuori del coro delle voci che urlano più forti o che ambiscono a interpretare in toto il comune sentire siamo tacciati di essere nemici della battaglia di principio che in quel momento è all’attenzione dei più.
Dimentichiamo che viviamo in una parte fortunata del mondo, quella in cui la libertà di pensiero ed espressione è garantita da una democrazia e da una costituzione. Con altrettanta velocità e superficialità tendiamo a incasellare posizioni discordanti dalle nostre nelle definizioni degli “-ismi” e a bannare dal nostro cerchio magico chi non la pensa come noi. Per quanto vogliamo dichiararci evoluti, acculturati e aperti mentalmente ripieghiamo spesso nelle fila della nostra parte di appartenenza e per non essere bannati a nostra volta evitiamo di prendere posizione anche se siamo discordanti. E’ la natura umana, bellezza!
Eppure un altro modo c’è, basta quel pizzico di coraggio in più. E’ quello che tenta di fare Giovanni Scifoni nei 21 capitoli che compongono il suo primo libro edito da Mondadori dal titolo “Senza offendere nessuno”. Ancor più significativo ed esemplificativo di quello che ci aspetta nella lettura, divertente, graffiante e provocatoria, è il sottotitolo “Chi non si schiera è perduto” accompagnato dall’immagine di un ornitorinco (conosciuto anche come platipo) che sarà un po’ il protagonista del libro, insieme all’autore stesso e alle sue vicende personali di figlio, fratello, marito, padre e attore.
L’ornitorinco presente in ciascuno di noi
L’altro ci fa paura e proprio per questo diventa nemico, qualcuno da sconfiggere e polverizzare. Che strano, fin da piccoli ci insegnano che la diversità è fonte di ricchezza, che è la base per far nascere un confronto, magari costruttivo e magari no, ma in ogni caso un’occasione per guardare il mondo con occhi e prospettive diverse. Eppure all’atto pratico non è così, anzi.
Addirittura pare che anche dentro di noi sia impossibile che possano albergare posizioni differenti, che si possa applicare un senso e un pensiero critico alle vicende quotidiane, sociali e politiche che di volta in volta sono all’attenzione pubblica. E’ richiesto sempre uno schieramento netto (o di qua o di là) ma giammai la critica a quello che il posizionamento di turno decide e impone, un po’ come se fosse un clan. E i clan non ammettono contraddittorio ma sola la dura e severa legge dell’obbedienza e dell’omologazione.
Stando così le cose un essere come l’ornitorinco, considerato un “assurdo biologico” e difficile se non impossibile da classificare, non ha di certo vita facile ed è destinato a restare solo e in cerca di se stesso e di pochi altri sparuti compagni mischiati alla massa. Non può essere altrimenti visto che schierarsi significa polarizzarsi e sclerotizzarsi in quel pezzo di territorio (non importa se destra o sinistra, se al parco o in parrocchia, se a casa o in strada) che non ammette repliche. E se da un lato questo tipo di impostazione (ma anche imposizione, pensiamoci) ci fa comodo perché diviene una tana e un caldo rifugio, dall’altro rappresenta luogo inospitale per chi, come l’ornitorinco, non ha risposte, identità, pensiero univoco e unilaterale.
Eppure in barba alle teorie di Darwin, se lo ascoltassimo con più attenzione, l’ornitorinco presente in ciascuno di noi ci può far riscoprire ogni giorno la bellezza e il senso di quell’articolo 21 della nostra Costituzione e, forse, ci permetterebbe di vivere più sereni e pieni senza aver l’incessante bisogno di rinchiuderci dentro etichette e definizioni asfissianti.
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