In caso di stop alla fornitura di gas da parte della Russia l’Italia potrebbe entrare in stato di allarme. Una circostanza non all’ordine del giorno. Ma ecco cosa significa.
Il decreto e le parole di Vladimir Putin dello scorso 31 marzo hanno fatto tornare in Europa la paura di una mancata erogazione di gas russo verso i paesi ostili.
Il capo del Cremlino ha ribadito che a partire dal 1° aprile la fornitura di gas russo dovrà essere necessariamente pagata in rubli da parte dei paesi ritenuti ostili pena la cessazione dei contratti.
È bastato questo per far rimbalzare in Italia le voci di un possibile passaggio al secondo step, quello di allarme, nella scala del «piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale».
Il Governo ha però smentito una discussione su questo tema all’ordine del giorno. Ecco cosa cambierebbe se si dovesse passare dal livello di preallarme attualmente in vigore in Italia a quello di allarme.
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Il Governo smentisce l’attivazione dello stato di allarme per il gas
Fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che non sono in corso valutazioni da parte dell’esecutivo sull’attivazione dello stato di allarme a fronte dell’emergenza energetica causata da un possibile stop di rifornimento dalla Russia.
Una smentita che arriva dopo che in Italia si sono susseguite numerosi voci di un imminente passaggio allo stato di allarme. Anche oggi i flussi in arrivo a Tarvisio, snodo d’ingresso dei gasdotti che trasportano in Italia il gas russo, sono arrivati regolarmente con circa 77 milioni di metri cubi.
Quali sono i tre livelli di allarme per il gas
I tre step sono inseriti nel «piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale». Un piano che a Palazzo Chigi, al ministero dello Sviluppo Economico e al ministero della Transizione Ecologica analizzano continuamente.
Il piano prevede un primo livello definito di preallarme ed è quello in cui ci troviamo in questo momento, ovvero da quando il Consiglio dei ministri del 28 febbraio ne ha autorizzato l’ingresso.
Il secondo livello è quelli definito di allarme ed è quello su cui si sta discutendo molto in queste ore. Poi troviamo un terzo livello definito di emergenza. Più si passa a un livello successivo più aumentano le misure e i controlli volti a regolare l’utilizzo di gas in Italia per impedire un totale blackout energetico.
Fino ad ora con l’ingresso al livello 1 non ci sono stati cambiamenti importanti sulla quotidianità di cittadini e imprese.
In questa fase si interviene soltanto sugli operatori del sistema imponendo il massimo rispetto delle previsioni di immissione e prelievo di gas da parte del mercato per valutare in modo ottimale i possibili scenari futuri.
Quindi il settore continua a funzionare ma in stato di allerta. In caso di problemi si potrebbero aumentare le importazioni o ridurre la domanda interna. In caso di passaggio dallo stato di preallarme a uno stato di allarme, allora il sistema inizia ad introdurre delle limitazioni.
Cosa cambierebbe con lo stato di allarme per il gas
Se il Governo autorizzasse il passaggio al secondo livello della scala, il ministero potrebbe chiedere alla Snam di ridurre le forniture di gas.
Si aumenterebbero anche in questo caso le importazioni. Riferendosi al periodo storico, la mancanza di gas arriverebbe dalla Russia quindi di conseguenza il Governo dovrebbe richiederne di più da altri paesi esportatori.
Il terzo livello, più grave, è quello di emergenza che entrerebbe in vigore in caso di alterazione significativa dell’approvvigionamento o interruzione delle forniture.
Uno scenario di massima emergenza in cui il Governo potrebbe adottare le misure più drastiche: dalla definizione di nuove soglie di temperatura per il riscaldamento domestico alla sospensione dell’obbligo di fornitura di gas verso i clienti non tutelati fino alla sospensione della tutela dei prezzi.
Infine potrebbe anche prendere misure per ridurre l’illuminazione pubblica nei centri urbani e nelle strade italiane.
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