Non solo qualunquismo e retorica, ecco come nella realtà lo Stato usa in maniera discutibile i soldi provenienti dalle tasche dei cittadini italiani.
Ma veramente si può dire che lo Stato “ruba” i soldi agli italiani? Questa idea da sempre viene legata ad un pensiero qualunquista e facilone, uno di quei luoghi comuni al pari di quello che non esistono più le mezze stagioni.
“Qui non siamo in un film di Alberto Sordi” direbbe Nanni Moretti, ma alla fine quindi è così sbagliato pensare che lo Stato possa in qualche modo distogliere agli italiani quei soldi versati tramite le proprie tasse?
Naturalmente è impossibile pensare a un funzionario che di notte si introduce in maniera furtiva nelle case per portarci via, da sotto il proverbiale materasso, quei risparmi di una vita di duro lavoro.
Al tempo stesso però è innegabile che i soldi pubblici non vengano sempre utilizzati nel modo migliore. Nessuno ci sfila il portafoglio ma in una maniera quasi indiretta alla fine le nostre tasse possono servire ad alimentari interessi e sprechi che a volte poco hanno a che vedere con il corretto funzionamento di uno Stato.
Vediamo allora quali sono tutte quelle voci che alimentano questo innato sospetto, ovvero che in Italia chi ci governa e amministra in qualche modo ci venga a sottrarre parte di quei soldi che ogni giorno portiamo a casa grazie al nostro lavoro.
Stipendi dei parlamentari
La prima voce in capitolo naturalmente è quella degli stipendi dei nostri parlamentari. Essendo stati eletti per decidere e legiferare al meglio per lo Stato, il loro tempo speso per mandare avanti l’Italia viene retribuito dai soldi dei contribuenti.
La domanda su quanto guadagnano i nostri deputati e senatori è una delle più ricorrenti. Alla fine non si tratta di un rigurgito di “antipolitica”, ma soltanto sapere a quanto ammonti lo stipendio di un parlamentare italiano che noi paghiamo.
Senza considerare le eventuali indennità di funzione, i componenti del Senato guadagnano ogni mese 14.634,89 euro contro i 13.971,35 euro percepiti dai deputati. Uno stipendio che è il più alto tra i parlamentari d’Europa.
Uno studio inglese infatti ha calcolato che un politico italiano guadagna ogni anno circa 125.000 euro. In Germania invece i loro colleghi percepiscono annualmente 109.000 euro, in Regno Unito 59.000 euro e in Francia 56.000 euro, praticamente meno della metà.
Una differenza troppo ampia e che spesso ha fatto gridare allo scandalo. Nonostante però alcuni tentativi di sforbiciare i propri stipendi, alla fine nel concreto poco o nulla si è fatto con le varie proposte annunciate che spesso si sono rivelate essere quasi una mera operazione di facciata.
Soldi alle banche
Quando lo scorso febbraio il Parlamento ha approvato in maniera definitiva il cosiddetto decreto salva banche, anche in questa occasione in molti hanno gridato al “furto” di soldi pubblici per evitare il tracollo di istituti privati.
Si tratta nello specifico dello stanziamento di un fondo da 20 miliardi di euro, utilizzato per 8,8 miliardi per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, mentre altri 5 miliardi sono stati indirizzati verso le banche venete. Quasi tutto il cospicuo gruzzolo quindi è stato già usato.
Il governo naturalmente ha giustificato questo corposo intervento con lo scopo di dare stabilità al nostro sistema bancario, scongiurando quindi il pericolo di una contaminazione verso anche altri istituti che potrebbe portare a una situazione di grande crisi.
Il problema però è che il cittadino non vede anche un contemporaneo impegno, da parte della politica, nello stilare provvedimenti penali molto più severi per i responsabili dei fallimenti delle banche.
I soldi pubblici mettono pezze, senza però che vengano presi provvedimenti per fare in modo che non si ripetano più situazioni del genere e che i colpevoli siano costretti a scontare le giuste pene.
Assistenzialismo
L’assistenzialismo è forse una delle maggiori piaghe che affliggono il nostro paese. Ogni osservatore internazionale ha infatti sempre sottolineato che, fino a che non verranno interrotti certi meccanismi, l’Italia sarà sempre gravata da una grande zavorra, naturalmente a spese dei contribuenti.
La storia del nostro paese ci ha insegnato che, dal dopoguerra a oggi, spesso i politici abbiano usato le Pubbliche Amministrazioni per coltivare il proprio bacino di voti e aumentare così la propria forza e influenza.
Ecco quindi trovare enti e uffici pubblici in molti casi in sovrannumero, con impiegati che passano la loro giornata lavorativa a braccia conserte o al massimo facendo qualche fotocopia. Un fenomeno questo che ha alimentato anche l’assenteismo dei cosiddetti “furbetti del cartellino”.
La felicità del posto fisso grazie ad una mano dall’alto evocato anche dal comico Checco Zalone nel suo ultimo fortunato film è una triste realtà. Un sistema perverso questo che costa ogni anno allo Stato cifre da capogiro.
Tutti soldi questi che vengono sottratti a spese di più utilità, facendo aumentare così anche i disservizi. Si può arrivare quindi al paradosso in alcune località di avere una rete idrica pessima ma un ufficio preposto ai servizi affollato di impiegati.
Costi della politica
Oltre agli stipendi dei parlamentari, ci sono poi anche tutte una serie di spese che fanno lievitare i costi della politica scatendando polemiche. L’ultima in ordine di tempo è quella riguardante le lussuose vacanze del Presidente emerito Giorgio Napolitano.
Una stima di qualche anno fa parlava di costi annuali della politica italiana che ammontano a circa 23,2 miliardi di euro, tra funzionamento di organi istituzionali, società pubbliche, consulenze e costi derivanti dai mancati tagli all’abbondanza del sistema.
In media quindi ogni cittadino italiano versa ogni anno 757 euro per mandare avanti la macchina istituzionale. Se consideriamo poi che sono più di 1 milione i nostri concittadini che vivono, in maniera diretta o indiretta, di politica si capisce l’enormità di questo apparato.
Un autentico esercito di parlamentari, consiglieri, amministratori e portaborse che percepiscono puntualmente lauti stipendi, indennità e pensioni. Una categoria indubbiamente di privilegiati mentre, come direbbe il grande Totò, il cittadino comune recita come un mantra il classico “E io pago!”.
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