Quanto peserà sull’Italia l’embargo del petrolio russo via mare, accordato dall’Ue? Perché si parla già di un ulteriore allarme sui prezzi del carburante? Cosa rischia il nostro Paese con questo stop.
Cosa accadrà in Italia dopo l’intesa raggiunta a Bruxelles sullo stop all’import del petrolio russo, per ora solo via mare? La mossa avrà conseguenze.
Su Mosca, ovviamente, visto che tanto si è insistito su questa che deve essere la sanzione più pungente per le casse di Putin. Ma anche sull’Europa e, in parte, sul nostro Paese.
Cosa rischia maggiormente l’economia italiana: difficoltà nel reperire il combustibile o la pressione di prezzi energetici ancora più forte?
L’embargo sul greggio russo avrà effetti innanzitutto sull’inflazione dell’Italia: i motivi.
Embargo greggio russo: l’allarme per l’Italia è sui prezzi
Non sarà fermato, al momento, il petrolio russo che arriva in Europa negli oleodotti, ma soltanto quello via mare. Con questo compromesso, l’Ue è riuscita a strappare un accordo sul sesto pacchetto di sanzioni che possa iniziare a colpire le casse russe arricchite dai proventi dell’energia.
Cosa significa per l’Italia? In termini di quantità di petrolio ben poco. Occorre infatti considerare che, a differenza del gas, il greggio che entra nel nostro Paese arriva dalla Russia solo per circa il 10-13%.
Nello specifico, tra i principali fornitori petroliferi nazionali non figura Mosca ai primi posti. Prima ci sono Azerbaigian, e Libia e poi importanti venditori sono anche Iraq, Arabia Saudita, Nigeria, Stati Uniti, Kazakistan, Regno Unito, Algeria. La Russia figura più o meno alla quinta posizione.
Come emerge da questa mappa Ispi, proprio i Paesi dell’Est Europa, che tra l’altro utilizzano soprattutto oleodotti e non il rilascio via mare, sono i più dipendenti dal greggio russo:
Intanto, secondo i dati Petro-Logistics raccolti da Il Corriere della Sera, le forniture di petrolio da Nigeria, Angola e Camerun verso i Paesi europei sono già aumentate del 17% circa ad aprile rispetto alla media degli anni scorsi. Questo sta a significare che il petrolio, da sempre considerato materia prima fungibile rispetto al gas, può essere più facilmente rimpiazzato via mare.
Il punto per l’Italia - e per l’Europa tutta - è quindi un altro: i prezzi. La notizia odierna dell’intesa ha fatto schizzare il greggio verso i 120 dollari al barile. Con il petrolio russo non nel mercato per gli Stati Ue, si fa più complessa la corsa a nuovi e maggiori fornitori, con la stretta dell’offerta che va a pesare su una domanda tornata a crescere anche grazie ai primi sblocchi della Cina.
Nel nostro Paese si potrebbe arrivare anche a 2,20 euro al litro per la benzina, rendendo ancora più calda l’inflazione sempre più da record.
Il mercato petrolifero, quindi, può subire ancora scosse e i prezzi oscillare verso nuovi massimi (o abbassarsi se, per esempio, un accordo sul nucleare iraniano libera il greggio persiano).
Infine, non bisogna trascurare un probabile problema tutto italiano e conseguente alla decisione di Bruxelles: lo stop della raffineria a Priolo, in Sicilia, che è di proprietà della russa Lukoil e lavora solo greggio da Mosca. Con l’embargo, cosa accadrà ai lavoratori?
© RIPRODUZIONE RISERVATA