Iva versata erroneamente: richiesta rimborso, termini e novità dalla Cassazione

Roberto Rais

5 Gennaio 2017 - 14:07

Iva versata erroneamente: ecco i termini per richiedere il rimborso e le novità secondo l’ultima sentenza della cassazione.

Iva versata erroneamente: richiesta rimborso, termini e novità dalla Cassazione

Iva versata erroneamente: secondo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 27221 depositata il 28 dicembre 2016, i termini utili per poter richiedere l’Iva versata per errore sono pari a due anni, che verranno calcolati a partire dalla data in cui è stato effettuato il versamento.

Secondo i giudici della Cassazione si tratta di un rimborso anomalo e il termine entro cui richiedere la restituzione di quanto versato erroneamente è slegato da quanto disciplinato dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/72 in materia di rimborso dell’eccedenza di imposta detraibile.

L’istanza di rimborso Iva versata erroneamente segue in questo caso le regole generali relative al rimborso dei tributi fissate con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2:

«la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto della restituzione».

Ecco tutti i dettagli sulla sentenza della Cassazione del 28 dicembre 2016, i termini di restituzione del rimborso Iva versata erroneamente e il caso in oggetto.

Richiesta dell’Iva versata erroneamente: i termini

La Cassazione, chiamata a giudicare su una società che ha presentato all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate la richiesta di rimborso per l’Iva erroneamente versata in eccesso e non ha ottenuto la restituzione della somma in eccesso si è espressa con parere contrario al contribuente.

Come sono andati i fatti? Il Fisco ha negato la restituzione dell’Iva versata in eccesso al contribuente che aveva presentato istanza, sostenendo che questa era giunta più tardi rispetto al periodo biennale previsto dalle legge e, più nel dettaglio, in materia di rimborso dei tributi.

Immediatamente, il provvedimento delle Entrate veniva impugnato dinanzi al giudice tributario, il quale tuttavia affermava essere tardiva la domanda presentata dalla società, evidenziando che l’Iva che era stata erroneamente pagata nel corso del 2005 poteva essere detratta con la dichiarazione del 2006, da presentarsi entro il 31 ottobre 2007: ne consegue che il termine per la presentazione della domanda di rimborso Iva scadeva il 31 ottobre 2009.

Richiesta dell’Iva versata erroneamente: il ricorso e le motivazioni della Cassazione

La società che ha presentato richiesta di rimborso Iva e che ha ottenuto responso negativo dall’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione per errata applicazione dell’art. 19 del decreto Iva, sostenendo che il giudice aveva confuso i termini di presentazione della dichiarazione con quelli previsti invece per la detrazione dell’imposta.

Tuttavia, i giudici della Suprema Corte hanno confermato la legittimità della posizione del giudice tributario ricordando - peraltro - che la domanda di rimborso segue le regole generali, che prevedono che la richiesta di restituzione non possa essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

In più la Cassazione ha precisato come la detrazione e il rimborso dell’imposta siano effettivamente delle “manifestazioni alternative del medesimo diritto, ancorché non subordinate ai medesimi presupposti, sicché il decorso del termine previsto per avvalersi della facoltà di rimborso non potrebbe essere di certo collegato con una modalità alternativa di esercizio del medesimo interesse, modalità che opera separatamente ed in ragione di differenti presupposti” (Cass. n.16726/2016).

Infine, gli Ermellini hanno sottolineato come con riferimento alla presentazione di una dichiarazione correttiva di un precedente errore, è possibile ricordare la sentenza n. 13378/2016 con la quale viene affermato come il contribuente abbia pur sempre la possibilità di correggere gli errori a proprio sfavore, contenuti in una dichiarazione presentata, a patto che segua le modalità previste dalla normativa in esame, che nella fattispecie è quella relativa al «rimborso anomalo», considerato che riguardava un’imposta che è stata versata erroneamente e per la quale non vi sono specifiche regole di restituzione.

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