Scaduto ieri l’ultimatum lanciato dal segretario di Stato Pompeo: gli Stati Uniti sospendono il patto con Putin sul nucleare
Una data, quella di ieri, destinata a passare alla storia. Il 2 febbraio 2019 desta più di qualche preoccupazione nel rapporto, già incrinato, tra Stati Uniti e Russia; ma non solo. Le decisioni, prese a Washington, mettono a rischio gli equilibri di pace internazionali.
Nella giornata di ieri, Donald Trump ha ufficialmente sospeso il Trattato Inf che vietava a Russia e Stati Uniti la produzione e sperimentazione di nuove armi nucleari a breve e medio raggio.
L’accordo, siglato nel 1987 dall’allora presidente Ronald Reagan e dal capo sovietico Mikhail Gorbachev, proibiva il collaudo e la creazione di missili. Un trattato che ha, simbolicamente, messo fine alla guerra fredda, evitando per trent’anni la sperimentazione di nuove armi atomiche e garantendo anche all’Europa un periodo di pace e stabilità.
Trattato su armi nucleari. Scaduto ieri l’ultimatum alla Russia
È scaduto ieri l’ultimatum lanciato dal segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, alla Russia: gli Stati Uniti avevano concesso a Putin 60 giorni per tornare a rispettare gli accordi del patto, siglato alla fine degli anni ’80 a Helsinki.
In queste ore, col fallimento delle trattative, la preoccupazione più grande è che i due Paesi, le più grandi potenze mondiali, avviino una corsa agli armamenti che potrebbe non solo scatenare una nuova guerra fredda, ma danneggiare la sicurezza dell’Europa, posizionata tra due fuochi.
Ieri la scadenza del termine dei due mesi ha ufficialmente sancito la sospensione del trattato, come ha fatto sapere in una nota lo stesso Pompeo.
“La Russia, negli ultimi 60 giorni, non ha adottato i provvedimenti necessari per tornare alla conformità con l’accordo”.
Secondo gli Stati Uniti, Mosca avrebbe violato per anni i suoi obblighi continuando a produrre, possedere e testare sistemi di missili con lancio intermedio a terra, con un raggio tra 500 e 5.500 chilometri.
Secondo il segretario di Stato, gli Stati Uniti - dal canto loro -
“hanno fatto enormi sforzi per preservare il Trattato Inf, impegnandosi, più di 30 volte in quasi sei anni, con i funzionari russi per discutere della violazione della Russia, anche ai più alti livelli di governo”.
Ora la parola passa al Congresso che sarà chiamato a decidere se finanziare o meno lo sviluppo e il dispiegamento di sistemi nucleari.
Di tutto altro avviso è Vladimir Putin. Il presidente russo continua a negare di aver violato il trattato. Ieri, alla notizia della sospensione dell’accordo ha già avvertito che, venendo meno il patto, inizierà a sviluppare nuovi missili. Il capo del Cremlino, con questa mossa del partner statunitense, si sente autorizzato a tornare alle sperimentazioni.
Preoccupazione è stata espressa anche dai ricercatori americani. Abigail Stowe -Thurston, un esponente della Federazione degli scienziati americani, ha commentato ai microfoni della CNBC:
“Ritirarsi dall’accordo, senza tentare ogni opzione diplomatica disponibile per risolvere la controversia sulla conformità, rende tutto più difficile e consente alla Russia di perseguire lo sviluppo e l’implementazione di sistemi a raggio intermedio senza alcuna restrizione”.
Il trattato Inf aveva obbligato tutti i Paesi aderenti a distruggere oltre 2.500 missili nucleari lasciando questa tipologia di armi fuori dal continente europeo per tre decenni.
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