L’Europa promuove lo sviluppo dei mercati per i debiti deteriorati come soluzione al risanamento dei bilanci delle banche, aprendo nuove opportunità ai fondi di investimento internazionali, ma anche nuovi potenziali rischi per la stabilità finanziaria e per i debitori.
Con la crisi dei debiti sovrani a è esplosa la questione dei prestiti “incagliati” o in sofferenza che non vengono ripagati alle banche a causa delle difficoltà o fallimento delle imprese beneficiarie: uno dei fattori che ha contribuito a rendere vulnerabili i sistemi bancari nelle economie dell’Eurozona più duramente colpite dalla recessione.
Dal 2015, la Commissione e le autorità dell’UE hanno affrontato il problema ricorrendo ai fondi di investimento e ai capitali di rischio, promuovendo lo sviluppo di un mercato dei debiti in sofferenza attraverso le cartolarizzazioni e altre tecniche di riduzione del rischio, funzionale a risanare i bilanci delle banche dell’euro-periferia e a creare nuove occasioni di investimento.
Una vera e propria “finanziarizzazione” della crisi dei debiti bancari, in cui la finanza strutturata si ripresenta come soluzione privilegiata ai problemi da essa stessa innescati con la crisi globale del 2007/08. Ma i cui rischi per la stabilità finanziaria e per i soggetti indebitati sono tutt’altro che scomparsi.
I crediti in sofferenza e i loro mercati
La crisi dell’Eurozona e la prolungata recessione indotta dalle politiche di austerità hanno contribuito alla crescente difficoltà o impossibilità da parte di imprese e famiglie a onorare la restituzione dei prestiti contratti con le banche, determinando l’aumento vertiginoso dei cosiddetti debiti in sofferenza e deteriorati (non-performing loans, NPL). Il volume dei debiti non ripagati è arrivato a toccare il 7% di tutti i prestiti in Europa, pari a circa a mille miliardi di euro, concentrati in particolare nei Paesi della periferia dell’Eurozona, con le alte percentuali di Spagna e in particolare in Italia a creare maggiori preoccupazioni per la stabilità dell’unione economica e monetaria.
Dietro le cifre dell’esplosione dei debiti deteriorati vi sono appunto storie di imprese e consumatori indebitati che di fronte al crollo della domanda e dei redditi non sono più stati in grado di ripagare quanto dovuto, stretti tra fallimenti e la perdita del posto del lavoro o la decurtazione dei salari.
A livello europeo, la questione è stata affrontata principalmente dal lato delle banche e delle tecniche di risanamento dei loro bilanci gravati dai mancati flussi di pagamenti relativi ai prestiti concessi. Un risanamento affidato allo sviluppo di un mercato di quegli stessi debiti attraverso tecniche complesse di gestione del rischio affidate a fondi di investimento e società di asset management.
Come evidenzia un recente studio, l’approccio europeo ha fatto dei mercati finanziari la premessa fondamentali per la soluzione di una crisi che affonda le sue radici proprio nell’espansione di quei mercati e della relativa tecnologia finanziaria. La finanza strutturata costituisce così, nuovamente, il rimedio ai problemi di cui essa stessa è stata una causa determinante.
Il mercato europeo dei debiti deteriorati e i suoi rischi
Asse centrale del piano predisposto dalla Commissione europea per affrontare la questione dei debiti deteriorati è rappresentato dalla creazione di mercati secondari per i non-performing loans e lo sviluppo delle cartolarizzazioni. Nel marzo 2018 l’esecutivo europeo ha pubblicato una proposta di direttiva che punta a rimuovere le barriere alla vendita dei prestiti in sofferenza e all’esternalizzazione dei servizi di gestione dei debiti da parte di società specializzate.
In questo modo si intende promuovere la raccolta e compravendita dei crediti in sofferenza da parte di società e fondi di investimento, offrendo così uno sbocco di mercato ai debiti incagliati nei bilanci delle banche europee e allo stesso tempo aprendo nuove opportunità di investimento a più alto rendimento (e rischio).
Una soluzione, questa, che rientra nel quadro complessivo del progetto di Unione dei mercati dei capitali – iniziativa strategica della Commissione avviata nel 2015 – che ha fatto del rilancio dei mercati delle cartolarizzazioni nell’UE un pilastro centrale per promuovere la diversificazione dei canali di finanziamento per l’economia reale e la parallela riduzione dei rischi nei sistemi bancari in particolare dell’eurozona.
Con la cartolarizzazione, infatti, le banche possono vendere i propri prestiti in sofferenza a società veicolo che li ‘assemblano’ in diverse tranches, a seconda del loro livello di rischio, per offrirli sul mercato a investitori specializzati: si tratta dello stesso insieme di tecniche che hanno dato vita ai mercati dei mutui subprime negli Stati Uniti prima della crisi finanziaria globale del 2007/08.
La finanza strutturata permette così ai decisori europei di servirsi dei mercati per risanare i bilanci delle banche in difficoltà e offre alle società di investimento e gestione dei crediti – spesso parte di grandi gruppi bancari europei e statunitensi – inedite possibilità di profitto derivanti proprio dalla crisi dei debiti.
Fra il 2016 e il 2018 il volume delle transazioni relativi ai debiti deteriorati è cresciuto vertiginosamente, arrivando a toccare i 205 miliardi di euro nel 2018. Ad acquistare e scambiare i titoli di debito sono un numero ristretto di società di investimento, con un ruolo preponderante in dei fondi speculativi (hedge funds) e di private equity, in un mercato che si presenta così estremamente concentrato e dominato da compagnie statunitensi. Le quattro società leader nel mercato sono infatti società basate negli Stati Uniti, come Blackstone, Lone Star, Goldman Sachs e Cerberus.
I rischi dei mercati del debito
L’espansione di simili mercati di debiti deteriorati e ‘assemblati’ attraverso le tecniche di cartolarizzazione promette una riduzione dei rischi attraverso una loro diffusione e frammentazione nel sistema: una dinamica che ha portato ad accrescere su scala globale i rischi e la vulnerabilità dei sistemi bancari e finanziari, portando all’esplosione della crisi. I rischi sistemici legati allo sviluppo delle cartolarizzazioni restano un fattore di vulnerabilità centrale nel contesto della risposta dell’UE al problema dei crediti deteriorati.
Oltre ai potenziali rischi per la stabilità finanziaria, la cartolarizzazione, compravendita e circolazione dei titoli di credito in sofferenza nel mercato sottopone i debitori finali, quelle imprese e persone in carne ed ossa tenute a restituire i prestiti, al pratiche di riscossione aggressive da parte di società e fondi di investimento, lesive dei diritti fondamentali, come denunciato da un recente rapporto.
I soggetti debitori maggiormente colpiti da situazioni di difficoltà economica, in primo luogo coloro che hanno perso il lavoro, sono anche quelli più esposti agli abusi e prevaricazioni da parte delle società di riscossione dei crediti, in una spirale deteriore di marginalizzazione e impoverimento.
Per questo è necessario e urgente una regolamentazione dei mercati e delle cartolarizzazioni del debito in sofferenza che metta al centro la protezione di chi è indebitato, a cominciare dai soggetti più esposti al rischio di povertà, intervenendo sulla riforma della direttiva sui gestori dei prestiti, in corso di finalizzazione, e la revisione della normativa sul credito al consumo.
Allo stesso tempo appare sempre più indispensabile un profondo ripensamento del ruolo della finanza strutturata come soluzione – inevitabilmente gravida di rischi - ai problemi strutturali che stanno alla radice della crescita zoppa e diseguale a livello europeo, connessi al modello di governo economico dell’UE: fattori di vulnerabilità che la crisi post-pandemica sta già rendendo ancora più evidenti.
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