La Commissione Ue starebbe preparando un archivio per il riconoscimento facciale condiviso fra tutte le polizie europee. Ma c’è chi solleva dubbi circa legittimità e privacy
La varie polizie europee stanno lavorando a un sistema integrato di riconoscimento facciale che solleva numerosi dubbi in merito alle tutele della privacy dei cittadini. È quanto rivela l’autorevole portale investigativo The Intercept, che è entrato in possesso di alcuni documenti circolanti all’interno delle istituzioni europee.
Chi vuole un sistema pan-europeo di riconoscimento facciale
Secondo i documenti trapelati, Bruxelles vuole creare una rete di database di riconoscimento facciale grazie al contributo delle polizie nazionali. La proposta sarebbe stata inizialmente firmata da 10 Paesi, guidati dall’Austria, che ha richiesto una legislazione a livello comunitario che introduca e connetta gli archivi in ogni Paese membro.
Ad aver consegnato i documenti alla stampa sarebbe un funzionario europeo preoccupato dallo sviluppo di una rete di questo tipo. Le bozze avrebbero cominciato a circolare negli uffici europei a partire dal novembre scorso.
La richiesta è stata formulata come parte della discussione per espandere la convenzione di Prüm, un accordo fra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Olanda e Austria per superare i confini nazionali nella cooperazione per la lotta al terrorismo. Un accordo simile esiste già fra gli USA e la maggior parte dei Paesi europei. È probabile dunque che l’archivio per il riconoscimento facciale venga condiviso con simili sistemi negli USA.
Nel novembre 2019 la Commissione ha informato l’Europarlamento della spesa di 700.000 euro per uno studio presso l’agenzia di consulenza Deloitte su possibili cambiamenti alla convenzione di Prüm, con una parte specifica sul riconoscimento facciale. Separatamente, la Commissione europea ha pagato altri 500.000 euro all’Istituto di scienze forensi estone per “mappare l’attuale situazione delle indagini criminali attraverso il riconoscimento facciale in tutti i Paesi membri”.
A cosa serve un sistema di sorveglianza pan-europeo
A favore del processo potrebbe aver giocato la recente esplosione del caso della rotta balcanica, che vedrebbe milioni di rifugiati siriani varcare il confine greco. Statewatch riporta che lo scorso 14 febbraio, la presidenza croata del Consiglio europeo invocava lo sviluppo di “sistemi nazionali di registrazione e condivisione di dati biometrici” per i richiedenti asilo e i migranti irregolari provenienti dalla rotta balcanica.
Edin Omanovic dell’organizzazione Privacy International si è detto molto preoccupato per lo sviluppo di un archivio pan-europeo di riconoscimento. Vista la presenza di Paesi dai governi autoritari, c’è il rischio che questo possa essere utilizzato anche con fini di sorveglianza politica.
I critici della tecnologia, che potrebbe generare sorveglianza pervasiva, ingiustificata o illegale, ricordano inoltre che il riconoscimento facciale è frequentemente inaccurato. Anche gli algoritmi più avanzati faticano a distinguere i visi di colore.
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