Ursula Von der Leyen parla di Difesa Comune Europea e sorgono i dubbi sulla prossima mossa dell’UE sul fronte dell’industria delle armi.
Nella mattinata del 15 settembre 2021 il parlamento europeo si è riunito a Strasburgo per ascoltare il discorso della presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen.
La conferenza ha cadenza annuale e ha come obiettivo quello di offrire ai paesi membri, ma anche al resto del mondo, un resoconto dettagliato sullo stato dell’Unione in termini di risultati, priorità e obiettivi.
Quest’evento ha, per tale ragione, notevole risonanza e le dichiarazioni proferite in questa sede vengono tenute in grande considerazione. In questa occasione a spiccare come l’ipotesi più controversa è stata la proposta di eliminare l’IVA per l’acquisto di attrezzature di difesa sviluppate e prodotte all’interno dell’Unione Europea.
Questa proposta, nata in seno al desiderio di autonomia che l’Europa post evacuazione afgana ha maturato, riaccende i riflettori sulla necessità di un esercito europeo. Al centro del dibattito però ci sono anche i benefici e gli introiti che l’industria delle armi trarrebbe da una simile manovra economica.
Da cosa nasce il desiderio di un esercito europeo?
La proposta di Von der Leyen fa discutere, ma la sua richiesta di valutare un possibile azzeramento dell’IVA sulle armi ha origini ben precise. Nulla è stato lasciato al caso e le reali motivazioni del gesto non sono state neppure celate, anzi, sono piuttosto state espresse candidamente alla luce del sole.
Da anni ormai all’interno della Commissione europea si respira un vento di crescente sovranismo, o almeno un piglio d’indipendentismo dal punto di vista dell’azione strategica. Questo pio desiderio però fin ora è sempre rimasto tale, forte soltanto di sporadici interventi dei più temerari sostenitori della necessità di un esercito europeo che non faccia capo a potenze straniere.
Questa sorprendente dichiarazione della presidente Von der Leyen, però, si staglia netta sullo sfondo comunicativo dell’Unione e la volontà di autonomia sottesa alle parole pronunciate in questa sede richiama alla memoria un quesito che da qualche settimana sembra dirimente: i rapporti NATO sono in crisi?
La risposta sembrerebbe sì.
A seguito del raffreddamento dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea nel contesto afgano si avverte, ed è stata più volte ribadita da Macron ma non solo, la necessità di acquisire una maggiore indipendenza decisionale per avere una presenza di rilievo a livello militare nel Mediterraneo.
La concordia dei vertici dell’UE con questa posizione è stata quindi resa chiara nello stesso intervento del 15 settembre poiché la presidente ha esplicitamente detto:
L’Europa deve essere in grado di agire di più da sola in campo militare e di sicurezza fino a rilanciare la creazione – più volte ipotizzata, ma mai realizzata – di un esercito comune europeo.
Quali sono i vantaggi per l’industria delle armi?
Le stime sulle somme che la commissione, qualora questa proposta passasse, dovrebbe sborsare per sostenere la sua impresa strategica sono considerevoli e accendono le prime perplessità sull’effettiva necessità di aderire a questo progetto.
A calcolare per primi i costi di quella che è stata definita «un’esplosione» del budget per la difesa sono i parlamentari del gruppo di «The Left» che riferiscono stime pari a 24,52 miliardi di euro sul bilancio dei prossimi sei anni.
Secondo questa fazione il tutto però non si tradurrebbe soltanto in una vana perdita di gettito per le casse pubbliche della comunità, ma anche in un insensato benefit in favore delle industrie militari,, notoriamente in florida ascesa e quasi mai in perdita. Con l’azzeramento dell’IVA, insomma, gli introiti non farebbero che aumentare esponenzialmente.
Per farsi un’idea dei numeri reali che oggi caratterizzano questo mercato, secondo l’European Network Against Arms Trade (Enaat) “dal 2008 al 2019 il volume di esportazioni di attrezzature militari da Stati dell’Unione europea è cresciuto da 8,4 miliardi fino a circa 21 miliardi”.
La visione prospettata dalla presidente sembra quindi azzerare quasi del tutto gli impegni presi verso temi vicini all’ambiente, all’ambito dell’istruzione e della sanità. In questo scenario l’Europa si starebbe preparando a un cambiamento di rotta capace di deludere anni di promesse. È facile intuire, infatti, che questi settori risentirebbero di una grave perdita qualora le priorità del gruppo virassero verso la sua inedita esperienza di potenza militare.
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