Uno bianca: chi erano e che fine hanno fatto i componenti della banda

Antonio Cosenza

29 Novembre 2021 - 18:41

25 anni dopo le condanne che fine hanno fatto i componenti della banda della Uno bianca? Ecco il destino di uno dei gruppi criminali più sanguinosi della storia della Repubblica.

Uno bianca: chi erano e che fine hanno fatto i componenti della banda

Il caso della Uno bianca rimarrà una delle storie di cronaca più importanti, e agghiaccianti, della nostra storia. Anche perché una delle caratteristiche della banda della Uno bianca è quella per cui cinque dei sei componenti appartenevano alla Polizia di Stato.

Ma chi erano e - soprattutto - che fine hanno fatto i sei componenti della Uno bianca? Rispondiamo a questa e ad altre domande sulla banda della Uno bianca, con un focus anche su quello che è il bilancio - lato vittime - della vera storia di un gruppo di criminali capace di sconvolgere, per diversi anni, un’intera nazione.

Chi era e cosa ha fatto la banda della Uno bianca

Il bilancio della storia della banda della Uno bianca - chiamata così perché ovviamente era solita utilizzare una Fiat Uno di colore bianco per le loro malefatte - è drammatico.

Ovviamente, non si trattava sempre della solita autovettura. Anzi, si dice che questi abbiano scelto la Uno bianca perché era semplice da rubare e difficile da identificare vista l’estrema diffusione in quel periodo storico.

Ma di che anni stiamo parlando? La storia della banda della Uno bianca va dal 1987 al 1994: in totale questi - sei componenti in tutto - commisero 103 crimini, per la maggior parte rapine a mano armata. Un gruppo criminale che negli anni ha ferito ben 102 persone, provocando 24 vittime.

Le indagini della Polizia sono durate diversi anni, fino a quando si è capito che la grande maggioranza dei colpevoli appartenesse proprio al corpo della Polizia di Stato. Merito della svolta si deve a due poliziotti della Questura di Rimini, tali Luciano Baglioni e Pietro Costanza, insieme al giudice Daniele Paci.

Chi ha fatto parte della banda della Uno bianca

La banda della Uno bianca, come anticipato, era formata da sei persone. Tre di questi erano i fratelli Savi: Roberto, Alberto e Fabio. I primi due facevano parte della Polizia di Stato, il terzo - Fabio - pur avendo fatto domanda non è riuscito a entrare per un problema alla vista.

Roberto Savi, classe 1954, al momento dell’arresto era impiegato presso la Questura di Bologna dove rivestiva il grado di assistente capo. Lavorava come operatore radio nella centrale operativa. Al momento dell’arresto era sposato: la moglie, che pur essendo a conoscenza di un coinvolgimento in attività criminali non lo ha mai denunciato, lo ha descritto come “un uomo strano e aggressivo, di carattere molto taciturno e schivo e che passava gran parte del suo tempo a giocare con i videogiochi”.

Alberto Savi, altro poliziotto, è il più piccolo dei tre fratelli. Nato a Cesena, il 19 febbraio 1965, questo al momento dell’arresto prestava servizio presso il Commissariato di Rimini. Si dice che ha patito il carattere forte dei due fratelli, i veri fondatori della banda della Uno bianca.

Fabio Savi, classe 1960, non era poliziotto. Questo prima dell’arresto - avvenuto a pochi chilometri dal confine con l’Austria dove stava cercando di espatriare - lavorava come carrozziere e camionista. Conviveva con una ragazza rumena, Eva Mikula, le cui testimonianze si rivelarono molto importanti ai fini dell’indagine.

E ancora: nella banda c’era Pietro Gugliotta - classe 1960 - che a differenza degli altri non ha mai preso parte alle azioni omicide del gruppo. Al momento dell’arresto era poliziotto presso la Questura di Bologna, dove come Roberto Savi era impiegato come operatore radio.

Quinto componente della banda Marino Occhipinti, il più giovane dei sei (nato il 25 febbraio 1965). Anche lui non c’era in molte azioni omicide del gruppo, eppure ai fini della condanna si rivelò fondamentale la sua presenza durante l’assalto a un furgone della Coop di Casalecchio di Reno, durante il quale morì una guardia giurata. Al momento dell’arresto era il vice sovrintendente della sezione narcotici della Squadra mobile.

Infine abbiamo Luca Vallicelli, agente della sezione Polizia Stradale di Cesena. Questo tuttavia ha fatto parte del gruppo solamente nei primi anni, partecipando a poche rapine che non portarono a omicidi.

Le condanne alla banda della Uno bianca

I processi per i componenti della banda si conclusero il 6 marzo 1996: tutti colpevoli. In particolare furono quattro le condanne all’ergastolo, ossia per i tre fratelli Savi e per Marino Occhipinti.

Pietro Gugliotta, invece, fu condannato a 28 anni di carcere, poi diminuiti a 18. Luca Vallicelli, invece, patteggiò una condanna di 3 anni e 8 mesi.

Per le 24 vittime, lo Stato italiano ha dovuto versare una somma complessiva di 19 miliardi di lire a titolo di risarcimento.

Eva Mikula, anch’essa indagata, dopo quattro processi in Corte d’assise, due in appello e uno in Cassazione ha dimostrato di essere estranea a qualsiasi crimine.

Che fine hanno fatto i componenti della banda della Uno bianca

25 anni dopo, che fine hanno fatto i componenti della banda della Uno bianca? Ecco com’è il loro presente:

  • Roberto Savi: sta scontando la pena, ma il 3 agosto del 2006 ha provato a chiedere la grazia. Tuttavia, a seguito di un parere sfavorevole espresso dal procuratore generale Vito Zincani, questo ha ritirato la sua richiesta. Dall’ottobre del 2008 si è risposato con una detenuta olandese del carcere di Monza;
  • Fabio Savi: sta scontando l’ergastolo nel carcere di massima sicurezza di Spoleto, dove si trova dal 4 gennaio 2010. Nel 2014 è stata respinta la sua richiesta di poter usufruire - a posteriori - del rito abbreviato: in questo modo il suo ergastolo si sarebbe trasformato in una condanna di 30 anni;
  • Alberto Savi: sconta l’ergastolo, ma dopo 23 anni di carcere ha beneficiato di un permesso premio per incontrare la madre che era in gravissime condizioni di salute. Dal 2019 ha diritto a un permesso premio per le vacanze natalizie;
  • Pietro Gugliotta: scarcerato nel 2008 dopo 14 anni di reclusione, grazie alla Legge Gozzini;
  • Marino Occhipinti: nonostante l’ergastolo, questo non sta più scontando la sua pena. Dopo che dal gennaio 2012 gli è stata concessa la semilibertà, il suo avvocato - Milena Micele - è riuscito a fare ancora meglio presentando documentazione a favore della libertà, allegando le relazioni sul lavoro svolto sia fuori che dentro il carcere per la cooperativa Giotto.Il suo pentimento è stato riconosciuto come autentico, con Occhipinti che ha rivisitato il suo passato in modo critico. Secondo il giudice che il 2 luglio 2018 lo ha scarcerato, questo non è socialmente pericoloso.
  • Luca Vallicelli: scarcerato una volta scontata la pena.

Infine, una piccola annotazione per il padre dei fratelli Savi, Giuliano. Questo - chiedendo “perdono a Dio” in un biglietto - si è ucciso nel marzo del 1998 prendendo una dose massiccia di sonnifero. Un gesto chiaro, tant’è che il suo corpo è stato ritrovato proprio all’interno di una Fiat Uno bianca.

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