La rivoluzione del Web così come lo conosciamo sta arrivando grazie al Web3. Ecco di cosa si tratta e quali sono le importanti innovazioni che porta con sé.
Il Web 3.0 è arrivato. Dopo una prima fase di sviluppo di internet, Web 1.0, legata all’affermazione dei browser e delle attività commerciali su internet e la successiva, Web 2.0, caratterizzata dalla nascita dei social e della cultura partecipativa in rete, il Web 3.0 rappresenta la fase che stiamo vivendo.
Il termine Web3 è sempre più presente nel linguaggio comune e può essere definito come l’evoluzione dell’Internet che abbiamo imparato a conoscere. Si tratta di un concetto legato alle nuove tecnologie, tra cui quella blockchain e la finanza decentralizzata (DeFi), ma anche il Metaverso. Siamo davanti a un nuovo ecosistema in fase di lavorazione che potrebbe plasmare dei nuovi paradigmi sociali ed economici, proprio com’è successo in passato con la fase 2.0.
Dal Web 1.0 al Web3: la storia di internet
Come già anticipato, con il termine Web3 (chiamato anche «Web3.0» o più semplicemente «Web decentralizzato») s’identifica un ecosistema virtuale nel quale non ci sono intermediari o entità che gestiscono in maniera centralizzata applicazioni e/o piattaforme. Di conseguenza, l’accesso e la navigazione, così come la conosciamo oggi, mediante l’utilizzo di comuni motori di ricerca come Mozilla Firefox o Google Chrome, non ci sarà più.
Questo perché si tratta di strumenti di proprietà di compagnie private, che possono decidere di rendere visibili o meno determinati portali web o notizie. Da sempre al centro del conflitto tra sviluppo tecnologico e democrazia, il Web3 vuole porre un freno all’egemonia di chi trae profitti dalla vendita di servizi o prodotti correlati alla pubblicità o alla gestione di risorse digitali, e di chi ha il potere di censurare o rendere meno profittevoli determinate attività. Un processo che passa attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, prima fra tutte quella blockchain, che vuole rendere il web più decentralizzato e democratico. Si tratta davvero di un grande cambiamento.
Il Web 3.0 ha davvero un carattere innovativo sia rispetto al Web1, che nasce negli anni ’90 con il lancio dei primi portali online, che riportavano solitamente informazioni sulle imprese o contenuti di natura amatoriale. I primi siti web non consentivano agli utenti di scambiare informazioni tra loro, né era possibile interagire direttamente con i gestori delle piattaforme; sia rispetto al Web2, nato nel 2001, anno in cui fece il suo debutto Wikipedia, popolare enciclopedia online che permette ancora oggi di reperire informazioni su temi d’attualità e di aggiornare i contenuti sulla base delle novità emerse. Nello stesso periodo iniziarono a diffondersi i primi blog e forum, grazie ai quali gli utenti poterono comunicare e scambiare contenuti multimediali tra loro. Si iniziò, insomma, a sviluppare la cultura partecipativa in rete che ancora oggi stiamo vivendo.
Tra il 2004 e il 2008 si affacciarono sulla scena mondiale i due social network più popolari: Facebook e Twitter, la cui diffusione viene talvolta fatta coincidere con l’inizio della sotto fase del Web 2.5, che si caratterizza per il progressivo accentramento della rete nelle mani di una ristretta cerchia di Big Tech. Sempre nello stesso periodo ebbe luogo la quotazione in borsa di Google, divenuto ormai il motore di ricerca più usato nelle economie occidentali.
Come funzionerà il Web decentralizzato?
Oggi quasi ogni applicazione è sotto il controllo diretto o indiretto di una compagnia privata, che può decidere riguardo la sua permanenza online, e di conseguenza ne può influenzare le politiche future. Oltretutto una grande compagnia può entrare in possesso dei dati personali degli utenti, per utilizzarli a fini commerciali o - nella peggiore delle ipotesi - può verificarsi la loro sottrazione da parte dei pirati informatici, i quali potrebbero servirsene per commettere frodi di grave entità.
Nel Web3 decentralizzato le informazioni degli utenti non sono conservate da imprese private, ma da uno degli strumenti più potenti in termini di sicurezza e anonimato: la blockchain.
In assenza di una società privata o ente governativo che mantiene operativa una piattaforma web e l’interazione di quest’ultima con altri portali (si pensi, ad esempio, alle funzionalità di YouTube per la condivisione di video sui social network), le regole che consentono il funzionamento di un’applicazione decentralizzata saranno contenute negli smart contract, i quali vincolano le azioni delle Organizzazioni Autonome Decentralizzate (o «Dao»).
Si tratta di un collettivo di utenti che gestisce portali web, pur non potendo discostarsi dalle direttive presenti nei contratti intelligenti, a meno che non sia prevista la possibilità di modificarli. Tuttavia per apportare cambiamenti al contenuto di uno smart contract, la maggior parte dei membri della Dao (o la totalità di essi, a seconda dei casi) deve esprimersi a favore di tale operazione. Alle Organizzazioni Autonome Decentralizzate spetta anche il compito di emettere i token digitali necessari per esercitare il potere di voto sulle scelte future di determinati progetti, soprattutto se si tratta di applicazioni di DeFi.
Tutti i siti web saranno pubblicati in “blocchi” posti all’interno della blockchain. Quest’ultima sarà ospitata all’interno di milioni di portafogli virtuali, rendendo impossibile (o perlomeno molto più difficile di ora), la cancellazione o l’oscuramento dei contenuti. Inoltre, l’uso di questa tecnologia impedirà la falsificazione dei dati.
Insomma, con il Web3 gli utenti dovrebbero avere un controllo maggiore sui servizi e le infrastrutture alla base di Internet. Sulla carta, le grandi aziende del settore (come Google e Meta) dovrebbero perdere almeno parte della propria centralità, portando a una situazione in parte paragonabile al periodo precedente all’avvento dei social media, quando le piattaforme erano molto permissive e i fruitori erano meno vincolati. Se il Web3 rispetterà queste premesse (e non è così scontato che accada), i creatori di contenuti dovrebbero riuscire a monetizzare il frutto del loro ingegno con minor difficoltà, senza vederlo “ingurgitato” da colossi come TikTok, YouTube e Instagram.
I token non fungibili (Nft) potrebbero svolgere un ruolo importante in questa nuova era del web, andando a rivoluzionare svariati mercati e consentendo ai creatori di contenuti di relazionarsi direttamente con gli utenti, senza alcun intermediario. È verosimile che nei prossimi anni sempre più applicazioni e servizi si baseranno su questa tecnologia.
Web3 e Metaverso: le prospettive future
Parlando del legame tra Web3 e Metaverso, sono in molti ad affermare che la realtà virtuale potrà semplificare le interazioni tra gli utenti e, allo stesso tempo, facilitare la nascita di nuove opportunità di business. Molte grandi compagnie, prima fra tutte Meta, sono al lavoro per fornire apparecchiature capaci di rendere la navigazione molto più coinvolgente, e alcuni degli scenari descritti sono degni delle migliori pellicole di fantascienza. Tuttavia, non è corretto affermare che senza il Metaverso non sia possibile realizzare un ecosistema Web3: molte delle applicazioni decentralizzate, e la stessa blockchain, non necessitano della realtà virtuale aumentata per funzionare correttamente. Il Metaverso può dunque apportare miglioramenti degni di nota lato front-end, ma non è condizione necessaria per la creazione del Web 3.0 decentralizzato.
leggi anche
Come investire nel metaverso
Vantaggi e svantaggi del Web3
Come spesso accade, quando ci troviamo davanti grandi innovazioni tecnologiche che portano importanti cambiamenti sociali ed economici, non sempre è facile analizzare i pro e i contro. In conclusione, proviamo a tracciare i principali vantaggi e svantaggi del Web 3.0.
I principali vantaggi sono:
- i dati personali degli utenti sono archiviati nella blockchain;
- le operazioni eseguite dagli utenti sono coperte da riservatezza;
- la decentralizzazione elimina le barriere all’ingresso per il lancio di progetti o servizi di natura finanziaria;
- non esistono autorità centrali o aziende private in grado di modificare in maniera univoca i termini d’utilizzo di un servizio e/o limitarne la fruizione;
- tutti gli utenti possono prendere parte alla governance dei progetti di loro interesse;
- le transazioni di denaro non sono soggette a restrizioni o divieti;
- possono sorgere nuove opportunità di business legate a Nft o altre risorse crittografiche.
Di contro, è innegabile che il Web3 potrebbe presentare una serie di svantaggi:
- trasferire denaro in un sistema decentralizzato può richiedere tempi di conferma più lunghi;
- la risoluzione di dispute tra utenti potrebbe richiedere l’utilizzo di protocolli complessi e tempi lunghi;
- la natura molto democratica del Web3 potrebbe, paradossalmente, ostacolare il lancio di aggiornamenti importanti, a causa delle resistenze di una parte degli utenti;
- per facilitare l’interazione tra diverse piattaforme decentralizzate sono richiesti strumenti avanzati e meccanismi complessi;
- non essendoci controlli sui flussi di denaro, organizzazioni criminali o gruppi terroristici potrebbero raccogliere o riciclare denaro mediante exchange decentralizzati;
- non è possibile recuperare fondi sottratti dai cyber criminali.
In tempi recenti, imprenditori come Elon Musk o Jack Dorsey hanno lanciato l’allarme riguardo le numerose speculazioni che stanno prendendo piede attorno al Web3, che secondo la loro opinione non sarebbe altro che una strategia di marketing portata avanti dalle stesse compagnie tech che vedrebbero minacciata la loro egemonia in Internet.
Brave, il browser che guarda al futuro
Chi vuole avere un primo assaggio del Web3 può provare a utilizzare Brave, un browser open source basato su Chromium e focalizzato sulla privacy. Si differenzia dai classici Chrome, Firefox e Safari perché dispone di un wallet per le criptovalute e (nella sua versione 1.41) integra la blockchain Solana, legata alla criptovaluta Sol, una delle più capitalizzate del mercato. Ora tramite il browser è anche possibile accedere a una serie di applicazioni decentralizzate, tra cui Gameta, Orca e DeFi Land.
leggi anche
Criptovalute e Web3: le previsioni per il 2022
© RIPRODUZIONE RISERVATA