Gli aiuti umanitari, quando entrano a Gaza, si sporcano di sangue. Le immagini degli spari sulla folla hanno fatto il giro del mondo. Cosa è successo davvero?
Sfondo bianco e tanti puntini neri vicini tra loro. Sembrano immagini di una colonia di batteri o di tanti insetti che si muovono insieme. È con orrore che il mondo apprende il punto di vista dei soldati israeliani sul popolo palestinese: la completa disumanizzazione. Ci vuole qualche secondo per capire che quei puntini neri sono persone e un secondo in più per rendersi conto che si stanno guardando le immagini di un massacro crudele e insensato. È così che il 29 febbraio, un giorno che poteva non esistere in un altro anno, avviene quello che è stato ribattezzato il massacro della farina.
La popolazione della Striscia è già fortemente affamata e il numero di morti di fame continua a crescere. Mentre per sopravvivere le persone cercano sostanze in polpette di terra e cibo per cane, mandando giù il tutto con dell’acqua di mare, Israele ha sparato sulla folla in attesa di un po’ di farina.
Le forze israeliane hanno confermato di aver sparato perché, mentre erano a bordo dei loro mezzi blindati, si sentivano minacciati. Il massacro si è concluso con la morte di più di 100 persone e il ferimento di oltre 750 (i numeri, al ribasso, non sono sicuri perché gli ospedali funzionano poco e male a causa i bombardamenti).
Cosa è successo a Gaza il 29 febbraio: il massacro della farina
Nella mattinata del 29 febbraio, molte persone si erano radunate in via Harun al-Rashid per l’arrivo dei camion umanitari. Il convoglio di 31 camion è entrato a Gaza (un numero del tutto inconsistente di sostegno alimentare per la popolazione) e le persone si sono avvicinate. A quel punto l’esercito israeliano ha sparato sulla folla. Secondo quanto riferito da Rafah Hani Mahmoud di Al Jazeera, le persone hanno comunque tentato di tirare giù le scatole di farina e altri prodotti e a quel punto l’esercito israeliano ha sparato ancora.
Dopo il massacro, che ha ucciso più di 100 persone, i carri armati israeliani sono avanzati e hanno investo molti dei corpi morti e feriti. L’immagine di alcuni di questi hanno accompagnato il video e l’orrore. I palestinesi sul posto, intervistati da Al Jazeera, hanno raccontato che era chiaro fosse una trappola, ma che il bisogno di cibo ha superato qualsiasi spirito di sopravvivenza. La giornalista Lubna Masarwa, in un’intervista a un palestinese, è riuscita a cogliere la disperazione della popolazione di Gaza che rischia di morire di fame in massa: “Morire sotto le bombe è meglio che morire di fame”, ha detto.
La verità secondo Israele: cosa (non) è accaduto
La versione di Israele è cambiata nel corso della giornata del massacro e anche dopo. Per questo risulta molto meno sicura di quella di migliaia di persone sul posto. L’esercito ha fin da subito cercato di attribuire la colpa alla folla affamata e così anche molta stampa italiana e non (che ricerca la neutralità mentre è in atto una guerra, o per meglio dire un genocidio, a senso unico) hanno riportato che decine di palestinesi erano rimasti feriti dallo schiacciamento durante la fuga.
Solo dopo diverse pressioni internazionali è stato raccontato che i soldati israeliani si sono sentiti minacciati, a bordo dei loro mezzi blindati e per questo hanno aperto il fuoco su civili, innocenti e disarmati, tra cui donne, anziani e bambini.
Mentre il filmato del massacro - prodotto con droni di fabbricazione statunitense - faceva il giro di Telegram dove veniva applaudito (con messaggi di invito al cannibalismo o di morire di fame per i palestinesi), Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale israeliano, acclamava gli eroi per l’orrore commesso.
Non solo bombe: ecco come si muore a Gaza dopo 5 mesi di aggressione
Solo un mese fa la Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell’Aia ordinava a Israele di fare tutto il possibile affinché la popolazione civile non venisse coinvolta, prevenendo attacchi e lasciando che gli aiuti umanitari arrivassero a destinazione. In questo mese di tempo, sono state confermate le uccisioni di 3.523 palestinesi, più di 100 al giorno - e il numero reale è certamente molto più alto.
Per quasi cinque mesi, e nonostante gli appelli internazionali per consentire l’arrivo degli aiuti a Gaza, Israele ha privato la Striscia assediata di cibo, acqua e medicine. Ha sigillato il valico di Rafah con l’Egitto, mentre coloni e soldati israeliani continuano a bloccare i camion degli aiuti al valico di frontiera israeliano di Kerem Shalom con rave party, barbecue, castelli gonfiabili, macchine per zucchero filato, pop corn e dj set.
Secondo gruppi per i diritti umani, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, Israele non è riuscito a compiere nemmeno il minimo passo per conformarsi alla richiesta dell’Aia. Al contrario, il numero di camion è diminuito del 40% dopo la sentenza della Corte internazionale di giustizia. Complice Israele stesso, perché a causa del crescente caos e degli incessanti bombardamenti, importanti supporti alimentari come quello del Programma alimentare mondiale, hanno dovuto sospendere le consegne.
La prima reazione dell’amministrazione Biden è stata di sorpresa e di invio di aiuti (i primi dal 7 ottobre), ma la verità è che da mesi sono complici degli atti commessi da Israele contro la popolazione palestinese, con dichiarazioni, alzate di mano e soldi, tanti soldi che permettono al massacro di continuare.
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