Datore e dipendente possono accordarsi per liquidare il Tfr in più rate rispetto alla liquidazione in un’unica soluzione. Quali differenze ci sono con l’anticipo e come deve comportarsi l’azienda?
Il Trattamento di fine rapporto o Tfr è un elemento della retribuzione il cui pagamento viene posticipato al momento della cessazione del rapporto.
L’importo spettante al termine del contratto è rappresentato dalla somma dei singoli accantonamenti mensili. A questi ultimi si aggiunge la rivalutazione del fondo Tfr al 31 dicembre di ogni anno, in base a un tasso fisso dell’1,5% più il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
Il Tfr, formato da accantonamenti mensili più rivalutazione, dev’essere riconosciuto nel rispetto delle scadenze fissate dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Per una serie di ragioni (di norma riguardanti la condizione economico-produttiva dell’azienda) il Tfr può essere corrisposto, anziché in un’unica soluzione, in due o più acconti.
Il pagamento dilazionato, tuttavia, è cosa ben diversa dall’anticipo Tfr soggetto alle limitazioni di legge, in particolare del Codice civile. Analizziamo in dettaglio cos’è l’acconto e quali differenze ci sono con l’anticipo.
Acconto Tfr: cos’è, quando spetta e differenze con l’anticipo
Cos’è l’acconto Tfr?
L’acconto rappresenta una quota del Trattamento di fine rapporto (Tfr) che, per vari motivi, non viene interamente erogato al lavoratore dipendente al momento della cessazione del rapporto.
Come affermato dal ministero delle Finanze (Circolare numero 2/1986) «gli acconti costituiscono somme erogate a titolo satisfattivo, ancorché parziale, di un trattamento di fine rapporto relativo a un rapporto di lavoro dipendente definitivamente cessato».
In conclusione, a differenza dell’anticipo Tfr, l’acconto è ammesso esclusivamente nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro si sia interrotto, a prescindere dalle circostanze in cui la cessazione stessa è avvenuta.
L’acconto è possibile tanto nelle ipotesi di licenziamento, quanto di dimissioni o ancora di scadenza del rapporto a tempo determinato.
Che differenza c’è con l’anticipo Tfr?
L’acconto, come anticipato, è possibile esclusivamente una volta cessato il rapporto di lavoro.
Al contrario, mentre il dipendente è ancora in forza in azienda, l’unica possibilità per liquidare il Tfr è riconoscere un anticipo, nel rispetto delle soglie e delle condizioni imposte dall’articolo 2120 del Codice civile.
La norma in questione riconosce al lavoratore con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, la possibilità di chiedere, in costanza di rapporto, un’anticipazione del Tfr non superiore al 70% della quota cui avrebbe avuto diritto in caso di cessazione del contratto alla data della richiesta.
Le domande di anticipo vengono soddisfatte annualmente dall’azienda nel limite del 10% degli aventi titolo e, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti. La richiesta dev’essere giustificata da:
- spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile;
- esigenza di sostenere delle spese durante i periodi di fruizione dei congedi per astensione facoltativa per maternità e formazione.
Da notare che condizioni di maggior favore per l’anticipo Tfr possono essere previste da:
- contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali;
- patti individuali.
Quali adempimenti sono necessari per l’acconto Tfr?
Per poter erogare una serie di acconti del Tfr è necessario stipulare un apposito accordo con il lavoratore interessato. Nel documento, firmato sia dal datore di lavoro che dal dipendente, dovrà essere definito l’importo complessivo delle competenze di fine rapporto spettanti, la somma dovuta nelle singole rate mensili e le rispettive date di pagamento.
L’azienda a questo punto elaborerà mensilmente i cedolini paga con le singole quote di acconto. Ogni rata dovrà essere assoggettata alle trattenute fiscali di legge, a titolo di Irpef tassazione separata. L’importo trattenuto in busta paga sarà versato dall’azienda con modello F24 utilizzando il codice tributo 1012.
La scadenza di pagamento dell’F24 è fissata al giorno 16 del mese successivo quello di pagamento delle somme.
Nel caso in cui il termine in parola cada di sabato o in un giorno festivo, il pagamento è considerato tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo.
L’ultima rata di pagamento del Tfr non sarà a titolo di acconto ma a saldo delle somme ancora spettanti.
Potrebbe accadere ad esempio che nell’accordo azienda - dipendente il pagamento avvenga:
- acconto in 4 rate, ciascuna pari al 10% del totale;
- saldo corrispondente al 60% del totale.
In questa ipotesi, quindi, il Tfr è liquidato al 40% a titolo di acconto ed al 60% a saldo.
Quali motivazioni sono necessarie per l’acconto?
Un’altra differenza tra acconto e anticipo Tfr è rappresentata dal fatto che quest’ultimo è richiesto dal dipendente per esigenze riguardanti la propria vita personale (acquisto prima casa o spese sanitarie).
Al contrario l’acconto è di norma richiesto dall’azienda per ragioni riguardanti l’attività economico-produttiva della stessa.
L’ipotesi più frequente è quella del datore di lavoro che, vista l’assenza di liquidità, è impossibilitato a erogare il Tfr in un’unica soluzione e propone pertanto una pagamento dilazionato.
Sull’acconto si calcolano gli interessi?
Il Tfr deve essere corrisposto nel rispetto delle scadenze definite dal contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) applicato.
Gli stessi Ccnl possono prevedere, in caso di ritardo nella liquidazione delle somme o di erogazione di uno o più acconti, l’applicazione di un tasso di interesse.
È il caso ad esempio del Ccnl Commercio e terziario - Confcommercio il quale dispone il pagamento del Tfr all’atto della cessazione dal servizio «comunque non oltre 45 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro» (articolo 253).
In caso di ritardo dovuto a cause non imputabili al lavoratore, sarà corrisposto un interesse del 2% superiore al tasso ufficiale di sconto. L’importo così determinato, conclude il Ccnl, si intende «comprensivo della rivalutazione monetaria per crediti di lavoro, relativa al Trattamento di fine rapporto».
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