Lorenzo Bazzana (Coldiretti) e Federica Ferrario (Greenpeace) spiegano a Money.it che l’aumento del prezzo del grano dopo la decisione della Russia è frutto di speculazione: ecco i prodotti coinvolti.
Non un aumento causato da carenze profonde di prodotto sul mercato, ma più una dinamica provocata dalla speculazione sulle tensioni geopolitiche. Così Lorenzo Bazzana (Coldiretti) e Federica Ferrario (Greenpeace) commentano a Money.it l’aumento del prezzo del grano tenero e duro sui mercati internazionali dopo che la Russia ha deciso di sospendere l’applicazione dell’accordo sul grano con l’Ucraina.
L’intesa era arrivata lo scorso agosto, grazie alla mediazione della Turchia e dell’Onu. Da quel momento ad oggi, tramite il Mar Nero, sono state esportate oltre 8 milioni di tonnellate di grano ucraino, con 363 navi partite dal Paese e andate nel resto del mondo. Il 62% del grano esportato è andato in Europa, il 19,5% in Asia, il 13% in Africa e il 5,3% nei diversi Paesi del Medio Oriente. L’accordo, che aveva una durata provvisoria di 3 mesi, prevedeva che non ci sarebbero stati attacchi alle navi o operazioni militari durante tutte le operazioni di carico e trasporto.
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Mosca, tuttavia, ha deciso di sospenderlo dopo quello che ha considerato un “attacco terroristico” da parte di Kiev alla baia di Sebastopoli. Per ora, grazie a Turchia e Onu, nonostante il ritiro della Russia, sono partite oggi dall’Ucraina dodici navi per l’esportazione di grano, mentre dieci squadre di ispezione internazionale sono al lavoro per controllare 40 navi. In ogni caso si rischiano ritardi e anche uno stop definitivo al corridoio commerciale. Vediamo quali conseguenze ci possono essere, soprattutto per l’Italia.
L’aumento del prezzo del grano
Oggi i future sul grano tenero solo saliti del 6,2% a 8.802 dollari, mentre quelli sul grano duro del 5,2%, a 9.727 dollari. Cresce anche il prezzo del mais, del 2,7% a 6.990 dollari. E a seguire gli oli di soia (+1,6%) e palma (+1,7%), visto che potrebbero servire a sostituire quello di girasole coinvolto dalla chiusura del corridoio navale.
Secondo il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, “l’aumento era scontato ed è tornato a salire il rischio di una crisi alimentare globale”, con diversi Paesi (soprattutto in Africa) che dipendono fortemente dalle esportazioni ucraine e soffrono più di altri il crescere spropositato dei prezzi.
Come funziona la speculazione sul grano
Per Ferrario “siamo di fronte a tensioni che generano speculazioni: tutta la gara dei prezzi di questi mesi è riconducibile proprio a quello”. Secondo la responsabile agricoltura di Greenpeace “sicuramente è vero che ci sono tanti paesi dell’Africa e l’Oriente che sono fortemente dipendenti dalle esportazioni di Russia e Ucraina, ma i convogli per lo più sono arrivati in Europa. Ci troviamo di fronte a un sistema in cui la narrativa è di un genere, la realtà è diversa. Il grosso della riduzione della produzione di frumento c’è stato in realtà lo scorso anno con il calo drastico dell’offerta in Canada a causa della siccità”.
“Il sistema è interconnesso - chiarisce Bazzana - la maggior parte di frumento e mais è arrivato in Europa, ma i canali sono globali, dove manca qualcosa da una parte viene preso dall’altra. L’Europa fornisce anche l’Africa. Il problema in parte è reale: L’Ucraina è uno dei più grandi produttori di mais, frumento tenero e olio di girasole, quindi è ovvio che se lo stop diventa definitivo tra un po’ le scorte si esauriscono e si creano problemi seri, soprattutto per i Paesi più deboli e più dipendenti, che già soffrono aumenti di prezzo dato che lì grandissime fette di popolazione spendono il grosso delle loro entrate per comprare alimenti come il pane”.
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Tuttavia, anche per Bazzana la speculazione influisce in maniera decisiva. “Il grano duro ad esempio - spiega - non c’entra nulla con l’Ucraina, quindi a maggior ragione questo aumento dei prezzi è speculativo. Non è che le cose funzionano bene e poi ci sono dei problemi: il sistema così com’è non regge”.
Quali prodotti possono aumentare al supermercato
Quanto all’Europa e all’Italia per Bazzana l’effetto di questo stop può esserci prima di tutto per i consumatori, con una nuova “stangata”. Secondo l’esperto di Coldiretti “il mais influisce indirettamente, ad esempio sui prezzi del latte e dei suoi derivati, così come dei derivati della carne, visto che è usato nella filiera zootecnica. Il rialzo del grano tenero, su cui si specula, può far aumentare il prezzo del pane e dei derivati, come grissini e pizza. L’olio di girasole è poi importante per le produzioni dolciarie, anche se in questi mesi è stato in parte sostituito da olio di palma e di mais: per questi prodotti si rischiano ulteriori aumenti”.
Tutto ciò si somma a un carrello della spesa arrivato già a livelli record. Secondo i calcoli dell’Istat i prezzi per i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, ad ottobre sono arrivati a un aumento annuo del 12,7%. I beni che costano di più sono frutta e verdura, che tuttavia per Bazzana non risentiranno della sospensione dell’accordo.
“Non vengono colpite - ci dice Bazzana - anzi, il blocco delle esportazioni verso la Russia e l’Ucraina può far aumentare l’offerta in Italia e in Europa, facendo ridurre i prezzi”.
La crisi del settore agricolo e industriale
Quanto al settore agricolo e industriale, oltre che per i commercianti, il problema principale resta quello del caro-energia, con l’andamento del prezzo della materia prima sul prezzo del prodotto finito che risulta in qualche modo marginale.
“Il problema - aggiunge Bazzana - non è il grano, ma trasformare il grano in farina e poi in pane, passaggi molto energivori. Per quanto riguarda il settore agricolo il caro energia colpisce in maniera fortissima la produzione di fertilizzanti, di plastica, di imballaggi, ma anche la movimentazione e i macchinari, che ne risentono troppo. Il punto è che la trasformazione industriale è in difficoltà: con questi costi così elevati rischia di non essere competitiva”.
Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, aggiunge che il rischio c’è in particolare “per la forniture di mais alle stalle italiane, in una situazione in cui i costi di produzione sono cresciuti del 57% secondo il Crea, mettendo in ginocchio gli allevatori nazionali”. In Italia, nell’ultimo anno, sono arrivati dall’Ucraina 1,2 miliardi di chili di mais (quasi tutti per l’alimentazione animale, anche detta “zootecnia”), grano tenero e olio di girasole. Kiev, con circa il 13% del prodotto venduto, è il secondo fornitore di mais del nostro Paese, che importa la metà del fabbisogno per l’alimentazione degli animali nelle stalle.
Ripensare il modello di produzione
Anche per Ferrario “la situazione per l’agricoltura è preoccupante”, ma secondo l’esperta bisogna sfruttare la crisi per ragionare sul sistema produttivo e cambiare radicalmente il modello, che starebbe mostrando troppi problemi.
“Dobbiamo riflettere - argomenta - sul fatto che oltre il 60% dei cereali in Europa finiscono nella zootecnia, che non sta in piedi nemmeno sulle sue gambe (necessitando di sempre più corposi investimenti pubblici). Solo una minima parte residua serve per il consumo umano diretto. In un mondo che sarà sempre più soggetto a fenomeni di cambiamento climatico oltre che tensioni geopolitiche dobbiamo ripensare come produciamo e per cosa la produciamo. Non è più immaginabile utilizzare questa fetta così grande di risorse per un canale di zootecnia intensiva che porta solo problemi e anche questo è un elemento su cui gioca la speculazione”.
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Nel breve periodo, quindi, Ferrario consiglia di “combattere in tutti i modi la speculazione, magari con azioni europee simili a quelle che si pensa di mettere in atto sul gas”.
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