Novità in arrivo con la legge di Bilancio 2024: il Tfr viene versato a un fondo pensione salvo diversa comunicazione data dal dipendente.
Tante volte ci siamo soffermati sull’importanza dell’iscrizione a un fondo per la pensione complementare, così da assicurarsi una seconda rendita per quando arriverà il momento di smettere di lavorare.
Specialmente negli ultimi anni, i governi hanno spinto in favore dell’iscrizione a un fondo per la pensione complementare, dando così forza al cosiddetto secondo pilastro. Ad esempio è stata introdotta una deduzione sui versamenti a un fondo per la pensione, come pure una misura - la RITA - che a coloro che si sono assicurati una pensione complementare viene consentito di smettere di lavorare con diverso anticipo (fino a 10 anni) rispetto a quanto stabilito dalla pensione di vecchiaia.
Tuttavia, i risultati non sono ancora soddisfacenti: in totale gli iscritti alla previdenza complementare sono 9,6 milioni, il 36,9% della forza lavoro.
Il tutto nonostante ci sia una possibilità “a costo zero” per iscriversi a un fondo per la pensione complementare: trasferirvi il Tfr maturato, anziché lasciarlo in azienda. Una scelta che spesso si rivela vincente, visti i rendimenti solitamente migliori dei fondi pensione, ma che appunto ancora oggi viene presa solo da una piccola parte di lavoratori.
A tal proposito, dopo che il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha prospettato l’introduzione di un vero e proprio obbligo di versamento di una parte (il 25%) del Tfr a un fondo per la pensione complementare, ecco che dal ministero del Lavoro stanno per arrivare, con la legge di Bilancio 2025, novità rilevanti a riguardo.
Addio Tfr in azienda, cosa prevede la proposta di legge del ministero del Lavoro
Non ci sarà un vero e proprio obbligo come quello che era stato anticipato dal sottosegretario al Lavoro, tuttavia la proposta di legge firmata dalla ministra Calderone sembra andare nella stessa direzione.
Nel dettaglio, a cambiare sarebbero le modalità con cui si valuta se il Tfr maturato deve essere accantonato dall’azienda oppure destinato a un fondo per la pensione complementare. Oggi, infatti, in automatico il Tfr resta in azienda (o comunque al fondo tesoreria dell’Inps nel caso di imprese con più di 50 dipendenti) salvo il caso in cui il dipendente non comunichi di volerlo destinare a un fondo pensione.
Con la proposta di legge accadrebbe esattamente l’opposto: laddove il lavoratore non si opponga espressamente comunicando di voler lasciare il Tfr in azienda, allora questo verrebbe destinato altrove. Nel dettaglio, il dipendente avrebbe tempo 6 mesi per una decisione e in caso di mancata comunicazione vale la regola del silenzio assenso, con le somme maturate che quindi andrebbero a finanziare una futura rendita per la pensione integrativa.
Quando arriverà questa novità?
Stando alle indiscrezioni, questa novità in materia di Tfr dovrebbe arrivare con l’approvazione della legge di Bilancio 2025, entrando quindi nel pacchetto “pensioni” che su spinta della Lega potrebbe anche prevedere l’estensione di Quota 41 per tutti per ogni lavoratore.
Anche perché la proposta di Calderone sembra avere il consenso di tutta la maggioranza, in quanto non avrebbe impatto sui conti pubblici, come pure dei sindacati.
A essere contrarie potrebbero però essere le associazioni datoriali, dal momento che oggi per le piccole aziende il Tfr trattenuto nelle loro casse rappresenta ancora un aiuto importante. Non ci sarebbe invece alcuna differenza per le imprese più grandi in quanto, come visto sopra, queste hanno comunque l’obbligo di versare le somme maturate dai lavoratori nello specifico fondo Inps.
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