Il settore sanitario è molto ricco e pieno di opportunità inesplorate. Lo sanno bene le big tech che, da qualche anno, stanno provando a cambiarlo attraverso startup e investimenti
Tutti conoscono Amazon, l’azienda di Jeff Bezos fondata negli USA nel 1994 che ha iniziato vendendo libri e che oggi rappresenta la più grande internet company al mondo. Il suo business si è espanso in maniera graduale.
Nel corso della sua esistenza, Amazon ha tentato di diversificarsi, cercando di imporsi sempre su più mercati, non solo il retail, ma anche i servizi cloud, lo streaming, sia con Amazon Music e Amazon Prime Video e molti altri ancora.
A fine luglio per 3,9 miliardi di dollari l’azienda di Jeff Bezos ha acquisito One Medical, una società specializzata nel campo della telemedicina.
Grazie alla sua app è possibile ricevere consulenze mediche e prenotare appuntamenti in più di cento centri specializzati, il che consente ai clienti di avere risposte rapide, in breve tempo e senza dover uscire da casa.
La notizia ha destato grande scalpore, in quanto riporta in auge una domanda che gli osservatori più attenti si sono fatti sicuramente: Amazon vuole fare al settore della sanità ciò che ha fatto al retail?
Un’affermazione del genere potrebbe - se decontestualizzata - sembrare fuorviante, ma così non è; l’azienda di Jeff Bezos ha infatti tentato a più riprese, con risultati non soddisfacenti, di penetrare con successo il settore sanitario.
Nel 2018 l’azienda ha fondato la no-profit Haven, insieme a Jp Morgan e Berkshire Hathaway. Prima che venisse chiusa dopo solo tre anni dalla sua nascita nel 2021, l’azienda era stata fondata per fornire assistenza sanitaria a un prezzo competitivo, dal momento che i fondatori si erano trovati d’accordo affermando che i prezzi della sanità negli Stati Uniti erano assolutamente fuori controllo.
Una delle cause che ha poi portato al fallimento, è stata che ogni azienda componente la partnership, stava continuando a lavorare a progetti a sé stanti nel medesimo ambito, non prestando la dovuta attenzione al progetto e facendo sì che questo si arenasse.
Poco prima della chiusura di Haven infatti, Amazon aveva, ad esempio, fondato Amazon Pharmacy, una vera e propria farmacia online a disposizione degli utenti americani.
Grazie a questo servizio, gli americani sono in grado di ordinare, utilizzando la richiesta del medico, i medicinali direttamente a casa loro. Non soltanto, sempre nel 2018 Amazon aveva acquistato Pillpack ossia una farmacia online per 753 milioni di dollari, che adesso è stata “accorpata” ad Amazon Pharmacy.
Nel 2019 inoltre, Amazon ha fondato Amazon Care, ossia un ibrido di servizi di assistenza primaria virtuali e di persona, senza sedi fisiche.
Contestualmente all’acquisizione di One Medical, Amazon, nella persona Neil Lindsay, Vicepresidente senior dei servizi sanitari di Amazon, ha comunicato la chiusura di Amazon Care, dal momento che l’azienda non vedeva la possibilità di sviluppare il servizio come avrebbe voluto sul lungo termine.
Una delle motivazioni che ha portato l’azienda di Jeff Bezos a preferire l’acquisizione di una nuova azienda, in sfavore di una creata in casa propria, è la mancanza di esperienza nel settore e soprattutto la possibilità di avvicinare una clientela che, giustamente, quando si tratta di sanità, pensa profondamente prima di scegliere a chi affidarsi.
Acquisendo One Medical, l’azienda di Jeff Bezos si garantisce un bacino di utenza già fidelizzato - possiede infatti 188 cliniche e 700.000 clienti - e soprattutto personale qualificato a sufficienza, molto complesso da reperire. È possibile che questa volta l’azienda possa davvero riuscire nel suo intento di penetrare con successo il mercato sanitario.
Al momento dell’acquisizione, i mercati hanno reagito molto bene: le azioni di One Medical sono passate da un valore di 10,18 dollari prima della notizia a 17,25 dollari una volta diffusa la novità, un aumento dunque del 69%.
A rassicurare gli investitori potrebbe anche essere stata la scelta di Amazon di mantenere in carica il Ceo di One Medical, probabilmente per garantire stabilità.
Adesso che Amazon dopo l’esperienza Amazon Care è riuscita a impossessarsi di una delle aziende leader sul mercato americano, sarà interessante vedere come reagiranno le altre big tech intenzionate a competere in questo mercato.
Cosa stanno facendo in ambito healthcare le altre big tech?
Non è naturalmente soltanto Amazon che vuole imporsi come leader nel settore healthcare, ci sono infatti altre aziende, facenti parte del gruppo delle cosiddette big tech, che stanno cercando di penetrare il settore.
Apple ad esempio alla fine di luglio ha rilasciato un lungo rapporto all’interno del quale spiega i progressi recenti compiuti dall’azienda nell’ambito sanitario.
Questo era stato pensato per essere trasmesso come un grande annuncio agli stakeholder per far capire loro quanto l’azienda stesse lavorando duro per raggiungere grandi risultati.
Purtroppo, gli interessati non hanno recepito il messaggio in questo modo, interpretando il rapporto come un goffo tentativo di convincerli che Apple sta tenendo il passo con le aziende rivali, cosa evidentemente non reputata vera.
All’interno dello studio, ad esempio, Apple ha affermato di aver collaborato con Stanford al fine di dimostrare che l’uso dell’Apple Watch è in grado di diagnosticare con anticipo casi di fibrillazione atriale.
Nonostante lo sforzo, alcuni membri della comunità scientifica hanno affermato che questo studio fosse piuttosto inutile, dal momento che soltanto il 13% delle persone a cui viene diagnosticata una fibrillazione atriale avevano avuto in precedenza anche un battito cardiaco irregolare.
La sensazione, in ogni caso, è che Apple possa fare ben più di questo in termini di investimenti e ricerca per imporsi nel settore della sanità.
Anche Google, o per meglio dire Alphabet Inc. sta lavorando per imporsi nel settore sanitario. Dal 2021, l’azienda ha partecipato a più di 50 round di investimenti startup operanti nel settore sanitario; è chiaro, dunque, il suo impegno. In particolare, la maggior parte degli investimenti compiuti è arrivato attraverso GV, un’azienda di venture capital precedentemente conosciuta come Google Investments, di cui Aphabet.Inc è partner.
All’interno del team responsabile degli investimenti, il settore medico ricopre un ruolo talmente centrale da avere più di metà del personale concentrato soltanto su di esso. In quanto agli investimenti, GV è il principale investitore in alcune startup sanitarie di rilievo, come Treeline Biosciences, impegnata nel settore oncologico, Prime Medicine, operante nell’ambito dell’editing genomico, Leyden Labs, azienda di ricerca e prevenzione dei virus e Brightline, un’azienda che fornisce assistenza sanitaria comportamentale incentrato sui giovani.
Pensare che GV sia nuova a questo tipo di investimenti è quanto di più sbagliato si possa fare: sin dalla sua fondazione, nel 2009, sono stati effettuati più di 230 investimenti relativi al mondo della sanità. Quello che senza dubbio è possibile aspettarsi è che l’azienda non abbia intenzione di fermarsi, quanto piuttosto di continuare a cercare di ampliare il suo portafogli.
Oltre agli investimenti, Google possiede anche una divisione interna chiamata Google Health, fondata nel 2018, il gruppo di persone che lavorano al suo interno si occupano - tra le altre cose - di ricerca su strumenti clinici, in partnership con medici e ospedali, di intelligenza artificiale legata all’ambito sanitario, di diagnosi e molto altro ancora.
Anche Microsoft, così come i suoi diretti competitor, si è gettata nella mischia di coloro che vogliono cercare di cambiare o migliorare il settore sanitario.
L’azienda, in particolare, ha intenzione di provare a migliorare la salute della popolazione grazie a informazioni dettagliate sui dati che anticipano e risolvono i problemi prima che si verifichino.
Ma non solo, vuole sfruttare le nuove tecnologie per migliorare la somministrazione dei trattamenti, accelerare le diagnosi e migliorare le cure; nonché coinvolgere i cittadini più trascurati.
L’azienda dunque ha investito a fondo per cercare di diventare un punto di riferimento nel settore ospedaliero e per i propri utenti. Azure Synapse Analytics, per esempio, raccoglie, archivia, elabora, analizza e visualizza i dati clinici e operativi di qualsiasi tipo, volume e velocità per favorire il passaggio a un’assistenza sanitaria intelligente.
Mentre l’Health bot consente di creare assistenti virtuali personalizzati con funzionalità sanitarie predefinite, ad esempio un database medico e protocolli di valutazione per assistere l’utente.
Anche in questo caso dunque, l’azienda non ha intenzione di lasciare in alcun modo scoperto il mercato della sanità, molto ricco e con ancora molte possibilità inesplorate.
Nel caso particolare di Microsoft è più marcata che in altre la volontà di sfruttare il potenziale dell’intelligenza artificiale per efficientare i processi e abbassare i costi operativi.
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