Assegno di divorzio da restituire: come recuperare le somme versate all’ex coniuge

Antonella Ciaccia

13/11/2022

La Cassazione risolve una delle questioni più dibattute in materia di separazione o divorzio: l’assegno va restituito ove si accerti l’insussistenza «ab origine» delle condizioni per il mantenimento.

Assegno di divorzio da restituire: come recuperare le somme versate all’ex coniuge

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32914 del 08/11/2022 hanno risolto una delle questioni più controverse in fatto di separazione e divorzio, ovvero se l’assegno di mantenimento per il coniuge, originariamente ritenuto dovuto, sia recuperabile nel caso in cui l’originario provvedimento venga modificato.

É possibile dunque in alcuni casi particolari, riavere indietro le somme dell’assegno di divorzio. La condizione è che il provvedimento che ha disposto il pagamento, cautelare o di merito, sia modificato in corso di causa. Ciò avviene quando la sentenza definitiva di primo grado o di appello stabilisce nuove condizioni economiche degli ex coniugi in base di una diversa valutazione relativa al passato.

Dobbiamo precisare che la pronuncia degli Ermellini non riguarda le ipotesi nelle quali le condizioni economiche dei rapporti fra coniugi separati o ex risultano modificate alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano di regola dal momento in cui le circostanze si verificano e risulta avanzata la domanda. Il principio affermato dalla Suprema Corte vale invece in caso di differente valutazione di fatti pregressi.

Assegno di divorzio da restituire: il fatto

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una donna che era stata condannata dalla Corte di Appello di Roma alla restituzione delle somme percepite dall’ex.

Questa Corte era stata chiamata a decidere sulla richiesta di un assegno di mantenimento e divorzile - inizialmente la separazione era stata consensuale e senza alcun contributo al mantenimento - e aveva statuito che «sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento».

La Corte di Appello di Roma aveva pertanto revocato i provvedimenti provvisori adottati in primo grado, nel giudizio promosso ex articolo710 c.p.c., condannando la ex alla restituzione delle somme indebitamente percepite a decorrere dall’ottobre 2009.

A questo punto la donna è ricorsa in Cassazione e la Prima Sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 36509/2021, ha rimesso alle Sezioni Unite a cui è stata fatta richiesta di chiarire due questioni principali:

  • a) la sussistenza o meno di un principio generale di irripetibilità delle statuizioni economiche in sede di giudizio di separazione e divorzio (in relazione ai coniugi ed ai figli), ricavabile dalla disciplina processuale;
  • b) la natura alimentare (in tutto o in parte) o para-alimentare dell’assegno di mantenimento, ricavabile dal diritto sostanziale e circa l’effettivo carattere di irripetibilità della prestazione di alimenti, desumibile, in difetto di un’espressa disposizione normativa, dalla complessiva disciplina dettata in materia o da principi costituzionali.
Sentenza Corte di Cassazione n.32914/2022
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Assegno di divorzio da restituire: la regola della ripetibilità

La Corte osserva come, nel nostro ordinamento, non sussista una disposizione che, sul piano sostanziale sancisca l’irripetibilità dell’assegno propriamente alimentare provvisoriamente disposto a favore dell’alimentando, difatti:

  • l’art. 447 del Codice Civile disciplina la cessione del credito alimentare e la sua compensazione con un controcredito dell’obbligato, ma non ne sancisce l’irripetibilità;
  • gli artt. 545 e 671 c.p.c. contemplano l’impignorabilità - non assoluta, essendo pignorabili i crediti a loro volta alimentari, a condizione dell’autorizzazione del giudice - e l’insequestrabilità dei crediti alimentari.

Le stesse disposizioni specifiche degli artt.440 e 446 c.c. non escludono la possibilità del ricorso al generale rimedio dell’azione di ripetizione di indebito, nelle ipotesi di riduzione dell’assegno alimentare fissato in via cautelare e provvisoria dal Presidente del Tribunale o di esclusione del diritto con il provvedimento definitivo.

Ne consegue che:

«non può negarsi l’efficacia caducatoria e ripristinatoria dello status quo ante e dunque sostitutiva della sentenza impugnata propria della sentenza emessa in esito al successivo grado di giudizio, sulla base del semplice riferimento alla disciplina dettata per gli alimenti in senso proprio».

Occorre tuttavia dare anche il «giusto rilievo» alle esigenze «equitative-solidaristiche» che trovano sede anche nella peculiare comunità sociale rappresentata dalla famiglia ed anche nelle situazioni di crisi della unione, in un’ottica di temperamento della generale operatività della regola civilistica della ripetizione di indebito (articolo 2033 c.c.).

Non si tratta dunque di dettare una regola di «automatica irripetibilità» delle prestazioni rese in esecuzione di obblighi di mantenimento, ma piuttosto di operare un necessario bilanciamento a tutela del soggetto che sia stato riconosciuto parte debole nel rapporto.

Si deve infatti ragionevolmente presumere, prosegue il ragionamento dei giudici, che le maggiori somme versate «siano state comunque (in atto o in potenza) consumate, proprio per fini di sostentamento, dal coniuge debole».

Il principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione

Il principio affermato dalla Suprema Corte stabilisce che, in materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere tre ipotesi:

  • a) opera la «condictio indebiti» ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione «del richiedente o avente diritto», ove si accerti l’insussistenza «ab origine» dei presupposti per l’assegno di mantenimento o divorzile;
  • b) non opera la «condictio indebiti» e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell’an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell’assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex tunc, «delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)», sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica;
  • c) al di fuori dei due casi dell’ipotesi precedente, opera la regola generale dell’irripetibilità quando scatta la modifica con effetto ex tunc dei provvedimenti economici fra coniugi o ex coniugi.

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