Assegno unico tagliato a marzo, ecco quali sono le famiglie a rischio e di che importi si tratta.
Non ci sono solamente buone notizie per l’assegno unico: dopo l’aumento di febbraio dovuto alla rivalutazione e a nuove maggiorazioni, ecco che a marzo per alcune famiglie potrebbe esserci la riduzione dell’importo percepito.
Le ragioni sono due: da una parte la possibilità che dal conguaglio in programma questo mese ne risulti un debito nei confronti dell’Inps che provvederà così a recuperare le somme erogate, dall’altra il ricalcolo del beneficio tenendo conto del nuovo Isee 2023.
A marzo ha infatti inizio un nuovo periodo di percezione dell’assegno unico, misura che come noto tiene conto del valore Isee in corso di validità per quanto riguarda il calcolo dell’importo. Più l’Isee è alto e minore sarà la quota spettante, eccetto che per le maggiorazioni - come quella riconosciuta ai figli con disabilità - il cui importo non è legato alla condizione economica familiare.
Partiamo proprio da questo facendo chiarezza su quanto si abbassa l’assegno unico nel caso in cui l’Isee sia aumentato rispetto all’anno scorso.
Assegno unico, di quanto si abbassa con l’Isee più alto
Va detto che in alcuni casi il ricalcolo dell’assegno unico in base all’Isee c’è già stato il mese scorso. Differentemente da quanto stabilito dalla normativa, infatti, l’Inps ha deciso di anticipare di un mese il ricalcolo laddove al momento dell’elaborazione della mensilità di febbraio risultasse già un Isee a sistema.
Quanto segue, quindi, potrebbe essere successo già a febbraio. Chi invece ha presentato l’Isee solamente negli ultimi giorni utili, nella seconda metà di febbraio per intenderci, subirà il ricalcolo come da programma a marzo.
Come anticipato, da ciò ne potrebbe risultare una riduzione dell’assegno unico qualora l’Isee 2023 risulti maggiore rispetto all’Isee 2022. Va detto che le conseguenze di tale operazione vengono limitate dalla rivalutazione di gennaio 2023, con la quale le soglie Isee - come pure gli importi - sono state riviste al rialzo applicandovi un tasso dell’8,1%.
Ciò significa che quest’anno si potrebbe aver diritto più o meno allo stesso importo percepito nel 2022 anche con un Isee più alto. Ad esempio, consideriamo una famiglia con Isee 2022 pari a 20.000 euro che ha quindi percepito un assegno unico mensile di 150 euro per figlio minorenne (al netto di altre maggiorazioni). Nel 2023 l’Isee sale a 25.000 euro e di conseguenza ne scatta un ricalcolo dell’importo: lo scorso anno con un tale Isee avrebbero avuto diritto a 124,50 euro al mese per figlio, ma guardando alla nuova tabella, risultato della rivalutazione applicata lo scorso mese, ne risulterà un importo di 144,90 euro, appena 5 euro in meno di quanto percepito nel 2022.
Per capire qual è il nuovo importo dell’assegno unico alla luce del nuovo Isee, quindi, bisognerà prendere come riferimento la nuova tabella, di seguito in allegato, dove sono indicate tutte le quote spettanti a seconda delle caratteristiche del nucleo familiare.
Assegno unico, chi deve temere il conguaglio di marzo
Con il conguaglio di questo mese, l’Inps effettuerà una sorta di recap per le ultime 12 mensilità di assegno unico, valutando se ci sono somme a credito o a debito. In quest’ultimo caso, l’Inps provvederà a recuperare quanto pagato in più, contribuendo così a ridurre la quota di assegno in arrivo a marzo.
Diversamente, qualora ne risultino degli importi da erogare, si provvederà alla liquidazione degli arretrati (sarà così, ad esempio, per la rivalutazione non operata a gennaio).
Concentriamoci però su chi rischia una decurtazione: perlopiù si tratta di coloro che - incuranti dei vari avvisi dell’Inps - hanno percepito nel 2022 l’assegno unico sulla base di un Isee difforme, senza provvederne alla correzione entro il 31 dicembre 2022. A questi verrà sottratta l’intera quota di assegno percepito che eccede il minimo previsto dalla legge, in quanto la normativa stabilisce che laddove l’Isee difforme non venga corretto entro la fine dell’anno l’importo dell’assegno unico verrà ricalcolato, retroattivamente, mantenendo la sola quota minima (50 euro per figlio minorenne nel 2022).
Altra categoria a rischiare di dover restituire una parte di assegno unico percepito, ma in questo caso si tratta di una cifra inferiore, sono le famiglie monogenitoriali che da marzo a ottobre hanno percepito la maggiorazione riconosciuta ai nuclei familiare dove entrambi i genitori lavorano. Su questi è recentemente intervenuto il legislatore chiarendo che la maggiorazione spetta anche al genitore vedovo lavoratore, ma solo quando il decesso sia avvenuto nel periodo di fruizione dell’assegno unico.
Per tutti gli altri, quindi per chi già era vedovo prima dell’introduzione della misura, ci sarà invece da restituire - qualora percepita - la maggiorazione di 30 euro (importo massimo) percepita prima che l’Inps ne sospendesse l’erogazione ai non aventi titolo.
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