AssoEuro e la rete degli europrogettisti lanciano l’allarme sull’attuazione del Pnrr

Domenico Letizia

6 Febbraio 2023 - 09:39

L’emergenza e l’attenzione rilanciata da AssoEuro è ancorata alle ultime analisi, relative allo stato di attuazione del Pnrr.

AssoEuro e la rete degli europrogettisti lanciano l’allarme sull’attuazione del Pnrr

L’Associazione AssoEuro (Associazione Italiana Europrogettisti) rilancia la campagna di adesione e le nuove iniziative dell’anno 2023, richiamando l’attenzione istituzionale e dei liberi professionisti sull’importanza della rete tra gli esperti di europrogettazione e sulla rilevanza di rivedere i piani presentati per i finanziamenti del Pnrr, nel rispetto delle richieste europee e nella correttezza della procedura dei bandi.

L’azione dell’Associazione Italiana Europrogettisti - AssoEuro, la prima associazione italiana di tutela professionale dell’Europrogettista iscritta nell’Elenco del ministero dello Sviluppo Economico, diviene di estrema importanza nell’attuale contesto geopolitico ed economico, con l’obiettivo di affermare un quadro regolamentare di riferimento e superare la conseguente confusione di ruoli e competenze attribuibili al professionista di europrogettazione che determina uno svantaggio per l’ente (pubblico o privato), con la mancanza di precise informazioni sull’accesso ai finanziamenti e l’autentica possibilità di rivolgersi a esperti in grado di offrire servizi di qualità con risultati chiari e condizioni standardizzate.

L’associazione ha rilanciato una nuova campagna di adesione, di divulgazione e informazione a tutela del corretto utilizzo dei finanziamenti, per la valorizzazione della professione dell’Europrogettista, della corretta informazione nel settore, con un’azione multisettoriale dedicata non solo ai bandi Europei, ma anche a quelli Regionali e Nazionali e con un focus “specifico” sul Pnrr. L’emergenza e l’attenzione rilanciata da AssoEuro è ancorata alle ultime analisi, relative allo stato di attuazione del Pnrr.

«La “vision” con cui mi appresto a fare queste brevissime riflessioni», afferma Fabrizio Canetto, presidente nazionale AssoEuro, «è quella di una categoria che, operativamente, predispone e cala sul territorio, traducendo in fatti concreti, le opportunità offerte dalla nuova programmazione Europea e, specificatamente in questo caso, dal Pnrr; una sorta di collettore finale di un complesso meccanismo di programmazione che, nella fattispecie, non ci ha visto attori partecipi ma solo spettatori e “rassegnati” attuatori di scelte calate dall’alto».

Analizzando in modo generale le problematiche emerse in questa prima fase del Pnrr, appare evidente che, il frazionamento in molteplici e, spesso, sovrapposti, canali tematici non concorrono a una proficua e celere programmazione territoriale, causando un intasamento nelle già sature macchine amministrative, atavicamente carenti di personale e professionalità specifiche, già in difficolta e ritardo sulla gestione dell’ordinaria amministrazione. A tal proposito, diviene auspicabile, per il futuro, un accorpamento delle troppe e diverse tematiche e, per accelerare i tempi, un’azione di recupero a “scorrimento” dalle graduatorie relative a bandi già chiusi ma con tematiche più significative e territorialmente utili, vedi “Rigenerazione Urbana”. Altro tasto dolente riguarda il ruolo chiave delle PP.AA. in considerazione del fatto che le stesse sono il collettore finale di tutti i procedimenti e che, alla luce delle problematiche descritte, risultano, evidentemente, l’anello debole della catena.

«A tal proposito il sostegno giunto dallo Stato», ribadisce Fabrizio Canetto, «appare, decisamente, inappropriato e insufficiente per molteplici motivi ma, sostanzialmente, perché la strategia di base è stata quella di consentire alle Amministrazioni di assumere personale di sostegno senza considerare che, i veri professionisti del settore, cioè gli Europrogettisti, non abbandonano o congelano la libera professione per lavorare come dipendenti a tempo determinato presso un’amministrazione. Infatti, quelli che hanno accettato, hanno dimostrato una carenza di esperienza e professionalità tipica dei neofiti, non portando nessun contributo ai procedimenti, anzi, costituendo un ennesimo ostacolo nonché un inutile esborso economico. La soluzione auspicata sarebbe stata quella di sostenere economicamente le Amministrazioni per l’affidamento a professionisti esterni di tali servizi di assistenza specialistica, scelta naturale e logica ma non attuata perché, tra i costi consentiti da tali bandi, questa tipologia non rientra tra quelli ammissibili e quindi, eventualmente, a totale carico dell’Ente. Se a questo aggiungiamo che i tempi medi per la predisposizione delle diverse, e spesso sovrapposte, proposte Pnrr sono stati, finora, di circa un mese, è facile immaginare che, in tempi così ridotti ed in mancanza di assistenza qualificata esterna sia stato, praticamente, impossibile predisporre e presentare progetti di qualità, tanto auspicati dalle linee guida del Pnrr».

Tali analisi aiutano a comprendere che con questi presupposti, è fisiologico aspettarsi l’ennesimo spreco di risorse con opere che, non solo non portano nessun vantaggio nei territori, ma rischiano di creare nuove cattedrali nel deserto. A dimostrazione di tutto ciò, concorre anche il fenomeno che, troppo spesso, si è verificato, della riapertura dei termini di diversi bandi di gara per errori e/o mancanza di proposte sufficienti a impegnare le risorse allocate. A conferma delle premesse iniziali, appare significativo evidenziare che, il numero di proposte presentate a bando, in una Nazione che conta più di 8.000 Comuni, sia mediamente non superiore alle 3/4.000, confermando che, nella migliore delle ipotesi, il 50% delle PP.AA. non partecipa alla competizione. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che, mediamente, viene finanziato solo il 10-15% delle proposte presentate, è facile prevedere che questa tendenza negativa continuerà a peggiorare e si tradurrà, sostanzialmente, in una goccia nell’oceano.

Appaiono, altresì, incomprensibili le modalità di valutazione dei progetti. La pubblicazione delle graduatorie dei bandi già scaduti ha infatti evidenziato una logica, quantomeno, discutibile nella valutazione dei progetti provenienti e presentati da tutte le Regioni Italiane dove, la qualità progettuale e le scelte strategiche sono state, apparentemente, ignorate e/o sottovalutate a vantaggio di ipotetici parametri di valutazione, ad esempio quello delle pseudo categorie territoriali o della cosiddetta “Vulnerabilità dei territori”, un indice stabilito dall’Istat che, come più volte segnalato dai Comuni e da tutte le categorie di settore, Anci compreso, non rappresenta e non fotografa, nel modo più assoluto, la realtà dei territori con le proprie fragilità ed esigenze. Questa modalità di valutazione, intrapresa ed evidenziata, ancora di più, con i fondi derivanti dalla legge di bilancio per il 2022, ha causato l’esclusione “tout court” di intere Regioni e territori. Disparità che sembrano incomprensibili alla luce dei principi base che, come puntualmente evidenziato nell’impalcatura generale, avrebbero dovuto garantire a prescindere da tutto, una quota equa e certa a tutte le Regioni. Qualora i ministeri avessero chiarito da subito l’utilizzo quasi esclusivo e comunque determinate di questa logica “evidentemente discriminatoria”, avrebbe evitato a centinaia di Europrogettisti e altrettante Amministrazioni ed Enti di lavorare inutilmente e gettare, letteralmente al vento, tempo e risorse che non abbondano, soprattutto nelle casse dei piccoli Comuni.

Peraltro, esiste una sorta di classificazione Europea delle Regioni, valida per tutte le Nazioni facenti parte dell’UE, aggiornata ed estremamente attendibile, suddivisa in tre fasce e che posiziona e valuta le stesse in base al Pil/Pps reale e che tutte le Nazioni “normalmente” utilizzano, come elemento di base, per fare scelte e valutazioni di questo tipo senza disperdersi, tra l’altro, in un inutile e dispersivo sotto/frazionamento territoriale. Questo preoccupante precedente potrebbe minare, di fatto, le fondamenta su cui si regge la credibilità e il buon esito del Pnrr perché, visti gli esiti attuali e i costi sostenuti e “anticipati” dalle Amministrazioni per la predisposizione dei bandi, potrebbe apparire non più come un investimento e una risorsa, ma solo come un ulteriore e inutile aggravio di spese a discapito delle già magre casse comunali.

«Il merito, dettato dalla qualità progettuale dei professionisti del settore e dalle mirate scelte strategiche delle Amministrazioni», sottolinea Canetto, «non può essere, in alcun modo, umiliato e ignorato, da un modus operandi totalmente inadeguato, soprattutto in un momento storico come questo dove, attraverso il Pnrr e le altre forme di sostegno statale, si “dovrebbe” rilanciare l’Italia adeguandola agli standard e alle “best Practices” Europee».

Un’altra riflessione importante bisogna farla sui Partenariati intesi come strumento di attuazione del Pnrr, «con l’adozione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) alle Amministrazioni Pubbliche è stato attribuito il ruolo di protagoniste della ripresa economica per il raggiungimento di uno sviluppo duraturo e sostenibile finalizzato all’ammodernamento del Paese», continua Fabrizio Canetto.

Le Amministrazioni, quindi, erano chiamate ad agire nella maniera più adeguata al perseguimento degli obiettivi del Piano anche mediante la scelta dei modelli da utilizzare per l’attuazione degli interventi programmati. Tra gli strumenti a disposizione degli Enti particolare rilevanza strategica riveste il Partenariato Pubblico Privato (PPP), che consente di realizzare forme di cooperazione tra le amministrazioni e i privati, creando un punto di incontro tra le necessità del pubblico e l’expertise posseduta dagli operatori economici. Tale opportunità è stata, finora, completamente disattesa per la mancanza di competenze specifiche da parte delle Amministrazioni, sull’impostazione di una partnership seria e credibile che, anche grazie alle tempistiche impossibili, nella migliore delle ipotesi, ha consentito alle stesse solamente la predisposizione di una sorta di protocollo di intenti tutto da scrivere, normare e attuare e che, probabilmente si dissolverà nella fase attuativa. Tra le varie problematiche evidenziate appare significativo mettere in evidenza che, il piano per la ripresa e la resilienza deve essere in grado di assicurare che nessuna misura per l’attuazione delle riforme e dei progetti di investimento inclusa nel piano arrechi un danno significativo agli obiettivi ambientali, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2020/852 – vedi DNSH Do No Significant Harm - (principio «non arrecare un danno significativo»). Sostanzialmente, il Pnrr è un percorso che si può definire ibrido, perché nella prima fase segue il modus operandi di un tradizionale fondo strutturale indiretto, mentre nella seconda, quella della gestione e rendicontazione, si tramuta in una sorta di fondo settoriale diretto e quindi passa attraverso una logica di progetto europeo con i relativi Audit, Milestones e Target, nonché verifiche Dnsh di cui il Pnrr è totalmente impregnato.

Questo significa che, nella fase iniziale di predisposizione dei progetti Pnrr, si sarebbero dovuti tenere in considerazione degli accorgimenti e indicazioni specifiche (ex ante) necessarie per il rispetto del Dnsh e fondamentali per la successiva fase di verifica (ex post), determinante per il buon esito del progetto.

In quasi tutti i casi, per mancanza di conoscenze specifiche e assistenza esterna di professionisti qualificati, queste sono state, semplicemente, autodichiarate dalle Amministrazioni, senza sapere che, nella fase di attuazione, se non certificate adeguatamente e puntualmente, fanno saltare tanti progetti finanziati perché sottovalutate e/o non prese in considerazione nella stesura propedeutica (ex ante) degli stessi. Se la situazione appare di per sé complessa, potrebbe esserla ancor di più nella fase di gestione, monitoraggio e rendicontazione che dovrà seguire seguire i principi “europei” di monitoraggio (vedi Audit, Milestones e Target) con l’aggravante dell’utilizzo del nuovo e non ancora collaudato “sistema centralizzato Regis” che costringerà Amministrazioni ed Enti a un ulteriore salto nel buio.

Tutto ciò evidenzia ancor di più la necessità di fornire un’assistenza “esterna” specialistica agli enti attuatori (cosa che solo gli Europrogettisti possono garantire), che non sarà possibile attivare senza un sostegno economico da parte dello Stato visto che lo stesso ha provveduto, finora, a elargire contributi e sostegni relativi alla sola parte “prettamente progettuale” che, in una visione generale e alla luce degli elementi di valutazione finale finora utilizzati risulta, probabilmente, quella meno importante e meno problematica. Se a tutto questo, «aggiungiamo il problema dell’aumento dei costi che incideranno notevolmente sulle gare d’appalto, delle tempistiche vincolanti dei cronoprogrammi e dell’impossibilità di fare accorgimenti e varianti in corso d’opera, appare evidente che questa straordinaria opportunità potrebbe, se non riportata nei giusti binari, venire inesorabilmente vanificata», conclude il presidente Fabrizio Canetto.

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