Come AstraZeneca sta distruggendo la fiducia nei vaccini in Italia e in Europa. Con la complicità delle istituzioni

Alessandro Gregori

08/04/2021

Di fronte al panico crescente per le notizie sulle morti legate alla somministrazione l’azienda si è chiusa in un rigoroso silenzio. Mentre ministeri e autorità regolatorie fanno a gara a chi prende decisioni più contraddittorie. Eppure la campagna di immunizzazione è una cosa seria. Che non andrebbe lasciata in mano a chi non sa cosa fare.

Come AstraZeneca sta distruggendo la fiducia nei vaccini in Italia e in Europa. Con la complicità delle istituzioni

Un’azienda che ha realizzato nel 2020 molti miliardi di utili rimane nel silenzio e non si degna di tranquillizzare”: così Roberto Burioni su Medical Facts parla di AstraZeneca e di quello che sta succedendo intorno a Vaxzevria, il suo vaccino per il coronavirus Sars-Cov-2 finito sul banco degli imputati a causa delle presunte reazioni avverse come la trombosi del seno cerebrale e oggi limitato nell’uso in gran parte dell’Europa.

Il silenzio di AstraZeneca su vaccino e trombosi del seno cerebrale

Ma se è comprensibile la posizione dell’Agenzia Europea del Farmaco, che ieri si è limitata a confermare il possibile nesso con le trombosi ma anche a ribadire che nel caso del siero dell’azienda anglo-svedese elaborato dall’azienda insieme all’università di Oxford e in collaborazione con l’Irbm di Pomezia i benefici superano i rischi, meno comprensibile è che di fronte a quanto sta accadendo intorno al suo nome l’azienda farmaceutica non ritenga necessario battere un colpo.

Proprio a causa delle notizie sui decessi di persone che avevano appena ricevuto il vaccino (il che, è bene ricordarlo, rappresenta un nesso temporale ma non ancora causale) ci si sarebbe attesi una presa di posizione ben precisa. Invece AstraZeneca tace. Anche se, come riportano oggi i quotidiani, nel frattempo sta succedendo quello che era prevedibile accadesse: ovvero che in molti stanno rifiutando la somministrazione.

I giornali raccontano oggi che in tutta Italia si registrano disdette delle prenotazioni: in Piemonte del 10-20% con punte del 25% a Torino, in Campania addirittura una persona su tre dice di no oppure chiede di avere Pfizer-BioNTech, così come in Trentino (il 10-15% passa la mano e attende il prossimo giro) e in Puglia, Calabria e Sardegna, dove il tasso di rinuncia arriva al 40%.

Evidentemente con queste persone a nulla è servita la minaccia di finire “in fondo alla fila” fatta circolare dal ministero della Salute un paio di settimane fa, quando il caso era scoppiato ma sembrava ancora sotto controllo. Nei prossimi giorni la situazione non potrà che peggiorare. E va anche sottolineato che la somministrazione è attualmente riservata a categorie – come gli insegnanti – che in teoria dovrebbero saper distinguere tra allarmismo, fake news e realtà.

Vaccino AstraZeneca, una vita difficile

In realtà, come ha ricordato oggi Silvio Garattini in un’intervista a Repubblica, la storia di Vaxzevria finora è stata piuttosto travagliata. Prima i risultati contraddittori delle ricerche in Uk che mostravano una maggiore protezione nelle persone a cui veniva somministrata soltanto metà dose in quello che rimarrà alla storia come un caso di serendipity (ovvero una scoperta casuale) di scuola. Poi il balletto delle raccomandazioni in Italia, con l’Aifa che prima lo sconsiglia agli over 65 perché non c’erano ricerche che ne confermassero l’efficacia in quella fascia d’età e poi fa dietrofront nel giro di qualche giorno.

Infine il caso della trombosi. Che nasce quando il Paul-Ehrilch-Institut di Berlino comunica di aver notato «un accumulo impressionante di una forma speciale di trombosi venosa cerebrale molto rara (trombosi della vena del seno) in connessione con una carenza di piastrine del sangue (trombocitopenia) e sanguinamento in prossimità temporale alle vaccinazioni con il vaccino AstraZeneca».

Una situazione disperata, ma non seria

All’epoca (parliamo di metà marzo, ma sembra passato un secolo) tutti i debunkers ci tennero a spiegare che non c’era nessun nesso casuale e che si trattava di una coincidenza. Oggi sappiamo che i casi, pur trattandosi di eventi rarissimi e che non inficiano il calcolo rischi-benefici del vaccino per Covid-19, sono troppi per non rendere necessaria un’indagine alla ricerca di un nesso causale.
E qui bisogna anche raccontare che l’Aifa, nella persona del suo direttore generale Nicola Magrini, prima in un comunicato ribadì l’assoluta sicurezza del vaccino e il giorno dopo lo sospese dopo le decisioni dell’Ema. “Una decisione politica”, sussurrò il Dg facendo sussultare in molti per poi smentirsi nel giro di qualche ora. Oggi siamo alle “raccomandazioni” tramite circolare da parte di quel ministero che fino a ieri rassicurava. Ed è difficile, sic stantibus rebus, non dare ragione a chi ha paura. Visto che chi dovrebbe farlo (l’azienda) non parla e chi dovrebbe rassicurare (le istituzioni) cambia idea un giorno sì e l’altro pure.

Il problema però è che la campagna vaccinale è una cosa maledettamente seria. E se la Germania, la Danimarca, la Spagna, la Francia, il Regno Unito e la Norvegia limitano l’accesso al vaccino o addirittura lo vietano viene il sospetto che invece qualcuno, in Italia come altrove, non si sia reso conto della gravità della situazione. O meglio, che ritenga che, come diceva Flaiano, la situazione sia “disperata, ma non seria”.

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