L’aumento di stipendio deve essere legato alla produttività. Ecco il piano di Confindustria sui temi del lavoro, dal salario minimo alla settimana corta, fino all’adeguamento degli stipendi.
Con alle spalle una riunione tra sindacati e ministro della Pubblica Amministrazione che dichiara l’assenza di fondi per l’adeguamento degli stipendi all’inflazione, il vicepresidente di Confindustria entra a gamba tesa sugli aumenti dei salari. Secondo Maurizio Stirpe bisogna aumentare i salari a chi produce di più. Stirpe ha opinioni chiare per quanto riguarda gli aumenti degli stipendi e la settimana lavorativa da quattro giorni, sul salario minimo e la riforma dell’autonomia.
In un’intervista rilasciata a Il Messaggero Maurizio Stirpe spiega le proprie posizioni sugli aumenti degli stipendi e le richieste di riforme del mondo del lavoro che provengono dal basso come il salario minimo e la settimana lavorativa corta, andando in controtendenza rispetto a queste. Ecco cosa sappiamo della direzione di Confindustria sui temi legati alle riforme del lavoro.
Aumento di stipendio: no salario minimo, ma premi legati alla produttività
Ormai lo sappiamo: dopo la pandemia il mercato del lavoro è cambiato ed è cambiato perché sono entrati nel mercato i giovani. Questi hanno una diversa idea di spartizione del tempo, tra libero e lavorato. Proprio da questa base si alza un vento di riforma concettuale del lavoro, con diminuzione delle giorni lavorativi, attenzione alla salute mentale, aumento dei salari adeguati rispetto all’inflazione, ma anche al resto d’Europa, salario minimo e flessibilità. Tutte richieste che incontrano una certa resistenza in Italia, non soltanto da gruppi come Confindustria, ma anche da parte della politica.
Nell’intervista su Il Messaggero Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria, non fa segreto di trovare la settimana corta e il salario minimo inutili. Secondo Stirpe infatti la crescita dei salari - in Italia bloccata da almeno 30 anni - non può avvenire a scapito della produttività. Questo, secondo l’intervistato, è un punto fermo.
Aggiunge Stirpe che la riduzione dell’orario non può diminuire la produttività. La risposta arriva in controtendenza rispetto ai risultati degli esperimenti della settimana corta lavorativa nel resto di Europa e in alcune realtà italiane, dove la diminuzione dei giorni, al netto di un aumento di orario giornaliero per i restanti quattro giorni della settimana, non ha affatto diminuito la produttività, al contra questa sembra essere aumentata nella maggior parte dei casi.
Aumento degli stipendi: il piano di Confindustria
Confindustria punta a far intervenire il governo in maniera più esplicita con la decontribuzione e la detassazione dei premi aziendali legati alla produttività. Il governo deve, continua stirpe, procedere ad un robusto taglio del cuneo fiscale, introdurre incentivi per favorire la contrattazione di secondo livello e aumentare così il potere d’acquisto dei lavoratori.
Gli unici strumenti validi secondo Confindustria sono quindi decontribuzione e detassazione perché portano beneficio alle aziende, cioè riducono il costo del lavoro, e ai lavoratori, che hanno benefici in busta paga. Inoltre portano benefici anche al Paese perché lo rendono più competitivo, in particolar modo Stirpe pensa alla detassazione dei premi di risultato o gli incentivi fiscali per chi assume giovani e donne, conclude.
Confindustria riconosce che senza nuovi giovani nel mercato del lavoro, il welfare (costo di sanità, assistenza e previdenza) rischia grosso. Va messa in campo quindi una strategia complessa, nazionale e non delle singole aziende che si muovono autonomamente. Eppure i giovani che stanno entrando nel mercato del lavoro chiedono modifiche quali settimana lavorativa ridotta, salario minimo e maggiori garanzie contro la precarietà. Tutti aspetti che ancora non sono trattati e non entrano all’interno delle proposte per il lavoro perché considerati inutili o poco utili. È giunto il tempo del confronto.
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