In tutto il mondo c’è grande apprensione per la diffusione del virus H5N1 tra i mammiferi: gli esperti sono concordi, l’aviaria sarà la prossima pandemia e solo la fortuna potrà salvarci.
L’aviaria sarà la prossima pandemia. Questa è la tetra previsione di diversi esperti che sono molto spaventati dalla diffusione del virus H5N1 tra i mammiferi, soprattutto stando alle ultime notizie che arrivano dagli Stati Uniti dove le autorità hanno chiesto ai cittadini di bere solo latte pastorizzato dopo che molte mucche da latte sono state infettate.
L’aviaria è una nostra vecchia conoscenza, essendo nota da circa un secolo come la malattia degli uccelli: è causata da un virus dell’influenza di tipo A e, nel 1997, è arrivata la certezza che anche gli umani possono essere infettati provocando anche la morte di molte persone.
Niente di paragonabile al Covid, ma adesso H5N1 - uno dei virus dell’influenza aviaria che è ad alta patogenicità - sta spaventando il mondo della scienza vista la sua alta mortalità negli uomini: dal 2023 ci sono stati 889 casi sintomatici e 463 morti, con un tasso superiore al 50%.
Tutta colpa della linea di H5N1 denominata 2.3.4.4b, emersa nel 2020 proprio mentre il mondo era alle prese con la pandemia da Covid. Da allora questo ceppo dell’aviaria ha iniziato a diffondersi in maniera molto rapida infrangendo certezze su certezze.
Il virus H5N1 negli ultimi anni è mutato, infettando non solo gli uccelli ma pure i mammiferi e, soprattutto, iniziando a diffondersi anche per via aerea. Se poi consideriamo la sua maggiore capacità di moltiplicarsi, ecco spiegato perché il nuovo allarme sanitario adesso si chiama aviaria.
L’aviaria e una possibile pandemia
La scorsa settimana l’Unione europea ha firmato un contratto dalla durata di 4 anni con la società farmaceutica inglese Seqirus, il tutto per la fornitura di 665mila dosi di vaccino contro l’aviaria che saranno destinate alle persone più a rischio contagio: allevatori e veterinari.
Se con il Covid il mondo intero è stato preso alla sprovvista, in caso di una possibile pandemia generata dall’aviaria le grandi potenze non vogliono farsi trovare impreparate, anche se gli scienziati lamentano lentezza soprattutto nella condivisione dei dati. Ma perché questo virus fa così paura?
Negli Stati Uniti l’influenza aviaria non si è limitata a passare dagli uccelli alle mucche da latte, ma ha colpito anche altri animali come orsi polari, visoni, scoiattoli, delfini, cani, topi e puzzole. Il virus ormai si sta diffondendo in tutti i continenti con la situazione più critica che rimane quella del Nord America.
“Le lettere H e N indicano due proteine presenti sulla superficie dei virus influenzali, chiamate emoagglutinina e neuraminidasi. La prima permette al virus di agganciarsi alle cellule dell’ospite e di penetrare al loro interno, la seconda di uscirne per infettare altre cellule. Si conoscono diverse H ed N, e le loro combinazioni identificano numerosi sottotipi di virus influenzali di tipo A - si legge su Facta News -. La funzione dell’emoagglutinina ne fa una proteina chiave nel percorso che può portare un virus influenzale aviario ad adattarsi a nuove specie, tra cui gli esseri umani. Per ora H5N1 non è abbastanza bravo a infettare le cellule del tratto respiratorio dei mammiferi. Potrebbe diventarlo, se il suo gene dell’emoagglutinina dovesse acquisire alcune mutazioni che modificherebbero la forma della proteina al punto da consentirle di agganciarsi con più efficienza alle cellule dei nuovi ospiti”.
In sostanza il virus H5N1 al momento non sarebbe capace di diffondersi su larga scala, ma sta mutando e se uno di questi cambiamenti dovesse aumentare la capacità di trasmissione potrebbe diventare incontrollabile: per evitare una pandemia da aviaria ci servirà anche della fortuna, non il massimo quando si parla di scienza.
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